GESTIONE ANTIDEMOCRATICA: L’ASSEMBLEA D’ATENEO ACCUSA IL RETTORE

 

La tensione è alta, gli interessi pure. L’università di Messina è il cuore di molte delle dinamiche politico-affaristiche che governano l’intera città. Un potere immenso nelle mani di un Rettore che si è autoprorogato l’incarico, la cui moglie  è sotto processo per assenteismo, il cui figlio riveste ruoli dominanti  nello svolgimento delle attività culturali dello stesso ateneo.

Nessuno mette in dubbio la “professionalità” adeguata all’incarico ricoperto, ma dinanzi a certe vicende giudiziarie e soprattutto alle accuse lanciate dagli stessi docenti, ricercatori, studenti e rappresentanti del personale tecnico amministrativo riuniti in Assemblea, bisognerebbe porre la questione “etica” come centrale e fare un passo indietro per ridare credibilità a tutta l’Università messinese, i cui titoli sono sempre meno spendibili nei curriculum inviati da chi vuole fare carriera da Roma in su.

Il documento uscito dall’Assemblea di Ateneo che si è tenuta ieri non può essere sottovalutato, perché “sottolinea la gravità della situazione locale, dovuta al progressivo deterioramento degli spazi di agibilità democratica all’interno dell’Ateneo ed al clima di conflittualità sempre più accesa e di manifesta indisponibilità al dialogo”.

Un’analisi amara che ripercorre tutte le ultime vicende : dalla recente sentenza del Tar, che ha annullato l’autoproroga votata da Senato accademico  e Cda prima dell’entrata in vigore della legge Gelmini; all’adozione del nuovo Statuto, ai problemi ancora irrisolti dei laureandi in Scienze politiche.

Vale la pena riproporre per intero il documento:

“La recente sentenza del TAR di Catania ha bocciato le autoproroghe dei mandati elettivi per “oggettivo e palese conflitto di interesse“ del Rettore e dei componenti il Consiglio di Amministrazione ed il Senato Accademico e per disconoscimento della “legittima aspettativa dei ricorrenti senza che fosse possibile percepire alcun interesse pubblico meritevole di tutela”. Le motivazioni confermano l’assenza di quei princìpi di democraticità e legittimità che dovrebbero sistematicamente orientare le azioni degli organi di governo dell’Ateneo. Assenza denunciata già al momento dell’autoproroga, in cui fu negato un dibattito collettivo nel pieno rispetto della volontà democratica e dell’autonomia dell’Università. Ciò che sembra ormai un tratto distintivo della attuale gestione è stato denunciato anche in occasione della “rottamazione” dei Ricercatori e della costituzione della “Commissione Statuto”, per citare solo alcuni dei momenti salienti in cui l’Amministrazione è apparsa sempre più chiusa rispetto alle istanze del mondo accademico.

L’Assemblea rileva che la stesura del nuovo Statuto si è perfino tradotta in una riduzione ulteriore degli spazi di partecipazione democratica, rispetto ai margini già esigui concessi dalla Riforma Gelmini, laddove ad esempio il Consiglio di Amministrazione cessa di essere un organo elettivo ma viene semplicemente “designato”, con il rischio fondato di non vedere rappresentate al suo interno tutte le componenti universitarie. Inoltre, appaiono del tutto illegittime le modifiche apportate al nuovo Statuto rispetto al testo esitato dalla commissione preposta, unico organo titolato, ai sensi della Riforma, a redigere lo Statuto stesso. Particolarmente grave appare la modifica degli articoli 54 e 62,comma 5 che consente al Rettore di prorogare comunque il suo mandato fino all’A.A. 2012/2013.

            L’Assemblea denuncia inoltre il persistere delle problematiche dei laureandi di Scienze Politiche malgrado le rassicurazioni del Rettore.

In questo contesto l’Assemblea ritiene del tutto inopportuna  l’accusa di “comportamento irriguardoso verso l’interesse pubblico” rivolta dal Rettore a tutti quei docenti che hanno adito la magistratura al fine di ristabilire legalità e legittimità all’interno dell’ Ateneo.           

L’Assemblea chiede con forza al Rettore e ad ogni singolo componente di tutti gli organi elettivi che, a cascata, si sono “diversamente prorogati”, che restituiscano al più presto al corpo accademico la possibilità di esprimersi in un contesto rispettoso delle parti, della democrazia e delle regole”.

FOTO: EnricoDiGiacomo

 

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