SIGMA BASKET: I SALUTI DEL GM SANTORO

 

Tra le cose dette da Immacolato Bonina durante la conferenza stampa di lunedì sul futuro del basket a Barcellona, quella che ha forse colpito di più riguarda la separazione con il general manager Sandro Santoro, uno degli artefici del “miracolo” sportivo che in soli quattro anni ha portato la città del Longano ad accarezzare il sogno della Serie A.

Un addio al quale lo storico capitano della Viola risponde con parole toccanti e certamente – come è nello stile del personaggio – sentite.«Sono trascorsi quattro anni dal quel 22 agosto, quando ebbi il primo incontro con il presidente Bonina ed il dottor Fedele Genovese – ricorda Santoro -. Mi accorsi subito di quella euforia che parlava di un progetto che avrebbe potuto restituire al basket barcellonese il posto che gli compete ed anche qualcosa in più. La testimonianza di quanto dico sta nei fatti e nei risultati che abbiamo conseguito in questi quattro anni, che mi auguro possano ancora migliorare mettendo quella ciliegina sulla torta quale premio sacrosanto del lavoro e del sacrificio di tutti noi e di un’intera città».

Il tuo arrivo ha coinciso con il rilancio delle ambizioni.«Abbiamo costruito un progetto vincente che è passato attraverso momenti belli e meno belli, cercando di offrire un prodotto di cui la tifoseria deve sentirsi orgoglio- sa. Benché la partecipazione in tutti questi anni sia stata costante anche negli allenamenti, non si può immaginare quanti siano i problemi da affrontare e risolvere e quanta armonia serva, soprattutto all’interno, nella gestione di una squadra sportiva professionistica. A tal proposito, sento il piacere di ringraziare il presidente Bonina per avermi dato i mezzi per poter esercitare il mio lavoro e quello di tutti i componenti dell’area tecnica di cui ho avuto l’onore ed il piacere di assumere la responsabilità».

Le tue parole nei confronti di Bonina non sono quelle di un… fresco divorziato.«Con il presidente Bonina non c’è stato un semplice rapporto professionale. È nata un’amicizia, condita di affetto, rispetto e stima reciproci, che ha reso questa mia esperienza a Barcellona un grande periodo nella mia vita di persona. Lo avevo chiamato per svincolarci dall’imbarazzo che avrebbe condizionato le nostre scelte. Abbiamo convenuto che si era chiuso un ciclo, fatto di grandi successi e soddisfazioni raccolte con grande rapidità rispetto ai tempi normali di questo sport. Se avessimo raggiunto la promozione quest’anno staremmo parlando di un autentico miracolo sportivo che, comunque, si può realizzare in un immediato futuro». – Perché quest’anno non si è raggiunto l’obiettivo? «Dare un profilo alto al progetto, probabilmente, è stato il nostro più grande nemico di quest’ultima stagione e, in ottica futura, il suo opportuno ridimensionamento ridurrà pressioni ed aspettative che non potranno altro che migliorare gli apprezzabili risultati sportivi ottenuti fino ad oggi. Per questo sono convinto che Bonina vada aiutato e supportato, per riaccendere il suo entusiasmo quale vero motore dell’intera comunità sportiva barcellonese ed oltre. Molto spesso manifestare un interesse maggiore, ai suoi occhi, rappresenta un gesto di gratitudine rispetto ai sacrifici che compie per offrire a tutti noi un grande spettacolo sportivo».

Parallelamente alla scalata sul parquet, c’è stata una crescita dietro la scrivania peraltro ancora non completata.«Abbiamo lavorato sodo per costruire una struttura pronta ad affrontare qualsiasi sfida e la crescita di Mauro Saja, ragazzo di grandi qualità, rappresenta per me un motivo di grande orgoglio perché frutto del prodotto barcellonese a conferma delle grandi potenzialità del territorio. Con lui anche Benedetto Orti Tulio, Anna Maria Imondi, Cristina Grasso e tutti gli altri, che ringrazio e con i quali mi scuso se in alcuni momenti ho dovuto essere duro; ma è stato nel puro ed esclusivo interesse della società che me ne ha dato le specifiche responsabilità. Ringrazio tutti gli allenatori, giocatori, preparatori fisici, lo staff medico e tutti i responsabili dell’attività giovanile con cui abbiamo vissuto questa grande esperienza, con la consapevolezza che si poteva fare meglio ma con la certezza che abbiamo fatto tanto. Un “grazie” a tutti i giornalisti il cui lavoro è risultato l’amplificatore più potente, che ha dato la giusta collocazione ad una realtà che ha fatto e potrà fare grandi cose al Sud, cosa ben diversa in altre regioni del territorio nazionale».

In questi quattro anni hai avuto anche un rapporto speciale con i tifosi. «Un ringraziamento sincero lo voglio rivolgere proprio a loro, commoventi e straordinari sia nelle gioie sia nei momenti difficili nei quali le critiche le ho sempre intese come il frutto di amore e passione per una squadra speciale a prescindere da chi la componeva. La loro maturità nei momenti più difficili è un esempio che resterà nei miei ricordi di addetto ai lavori e di persona semplice che ha vo- luto, quando possibile, stare in mezzo a loro. Tutti gli amici e le loro famiglie con cui ho trascorso momenti indimenticabili della mia vita privata sono un bagaglio di ricchezza dal valore inimmaginabile».

Barcellona va avanti. Come vedi il probabile ritorno di Giovanni Perdichizzi? «Rappresenterebbe il corso naturale delle cose, benché si tratti di un coach capace e profondo conoscitore dell’ambiente che potrebbe risultare la vera arma vincente del futuro della Sigma Barcellona. Quattro anni fa fu proprio lui a segnalarmi al presidente Bonina e a Fedele Genovese, per questo non finirò mai di ringraziarlo sperando di avergli fatto fare bella figura. Però, bisogna continuare a credere nella serie A. I sogni hanno bisogno di sapere che siamo coraggiosi, altrimenti tardano ad arrivare o non arrivano».  

È un riferimento alle parole di Bonina, che ha fatto intendere di essere stato lasciato progressivamente solo?«Bonina spesso diceva che “non bisogna aver paura di volare”, ma non si può essere soli e farlo in gruppo, tutti uniti verso una destinazione, ti protegge dalle avversità e ti consente di raggiungere l’obiettivo anche se dovessi perdere qualche pezzo per strada».

Abbiamo tracciato un bilancio più umano che tecnico della tua esperienza a Barcellona. Forse è più bello così.«Questo è quanto mi porto nella valigia, tanti momenti che mi consentono di andar via con il cuore pieno e la speranza di tornare, se pur per un saluto. Stare quattro anni a Barcellona è stato qualcosa di speciale, una delle cose che ti fanno sopportare meglio lo stare lontano dalla famiglia e dagli affetti, ma con la sensazione di sentirsi a casa». Tuttobasket.net

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