OPERAZIONE GOTHA 2: NEL RITO ABBREVIATO CHIESTE CONDANNE FINO A 20 ANNI, LA SENTENZA A SETTEMBRE

 

Oltre 20 anni di carcere per i capi Giovanni Rao e Sem Di Salvo, altri 18 e 8 mesi per Salvatore Ofria, 14 per Francesco D’Amico e 10 e 8 mesi per Maurizio Trifirò, Roberto Martorana e Francesco Carmelo Messina.

Queste le condanne più importanti chieste nell’udienza odierna (18/07/2012) al tribunale di Messina contro i sedici indagati che, catturati nelle recentissime operazioni antimafia, hanno chiesto di usufruire del rito abbreviato.

Nella requisitoria dei sostituti della DDA Giuseppe Verzera, Angelo Cavallo, Vito Di Giorgio e Fabio D’Anna si possono vedere le aspettative delle forze dell’ordine che per anni hanno indagato sulla oramai soprannominata “Cupola Barcellonese”, ricostruita nelle proprie linee chiave grazie alla collaborazione di pentiti come Carmelo Bisognano, Alfio Giuseppe Castro e Santo Gullo.

Le pene sono state valutate da alcuni come “pesanti” mentre sono ritenute appropriate per gli inquirenti che hanno valutato le accuse a carico degli interessati: la catena di violenze verificatesi tra Barcellona ed i comuni vicini a partire dagli anni ’80. Una scia di sangue dovuta, secondo quanto dichiarato dai pentiti, ad una “guerra” tra le cosche locali per un dominio economico desiderato da più parti.

Il primo delitto celebre ricordato è quello di Francesco Siracusa (8 maggio 1989) e da lì altri analoghi che segnarono la rivalità tra i cosiddetti “mazzarroti” ed i “Chiofalani” (da Pino Chiofalo, considerato il capo del clan rivale) . A volere quella condanna secondo le ricostruzioni fu Trifirò che, capo dei Mazzarroti, è stato dipinto come uno dei vertici del “quadrunvirato” composto anche da Rao, Di Salvo e Filippo Barresi.

Valutati così i delitti di lupara bianca come quello di Vincenzo Sofia di Falcone, inteso come “u Cattaino” (l7 novembre 1991), il cui corpo è stato ritrovato poco tempo fa nel cimitero della Mafia scoperto proprio in seguito a queste dichiarazioni nei pressi di Mazzarrà, Tripi e Basicò, in un punto considerato insospettabile fino al momento dei rinvenimenti.

Ed i racconti dei collaboratori continuano sino ad oggi. Gli inquirenti sottolineano la gravità dei reati per i quali ancora si indaga dato che a detta di alcuni d’essi il vertice sovrastante il detto quadrunvirato, in gergo il “capo dei capi” rimane tuttora nel buio.

Un intero capitolo di mafia per il quale i PM hanno quindi proposto le suddette pene in attesa di giudizio.

Il 27 settembre davanti ai giudici compariranno anche i seguenti indagati: Filippo Barresi (latitante), Tindaro Calabrese, Salvatore Calcò Labruzzo, Nicola Cannone, l’albanese Zamir Dajcaj, Carmelo D’Amico, Enrico Fumia, Mariano Foti, Carmelo Giambò, Giuseppe Isgrò, Nicola Munafò, Angelo Porcino, Salvatore Puglisi, ed i tre collaboratori di giustizia citati; nonchè il boss Carmelo D’Amico e gli imprenditori Mario Aquilia e Francesco Scirocco dei quali si segnala la richiesta di rito immediato . 

Una lunga estate tra questo appello e la sentenza, mentre da parte della DDA continuano le indagini. (CAR.ME.)

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