JOSEPH FARRELL, UNO SCOZZESE RACCONTA LA SICILIA

 

La realtà siciliana è pessssssima! Mi disse Leonardo. E la cosa che mi stupì di più fu proprio l’enorme quantità di S che utilizzò per rafforzare il senso di quell’aggettivo” racconta il Prof. Farrell, all’uditorio presente questo pomeriggio nell’aula magna del dipartimento di Scienze Cognitive dell’Università di Messina.

 L’ incontro, organizzato e fortemente voluto dal Prof. Dario Tomasello,  ha inaugurato un vero e proprio tour, il cui scopo è promuovere nell’Isola il nuovo libro del professore scozzese, dal titolo “Sicily:a cultural history”.

Il Leonardo a cui allude il racconto di Farrell è Sciascia che descrive come il più coscienzioso, critico e brillante tra suoi amici siciliani, un uomo così profondamente intriso di quell’humus che caratterizza la Sicilia, da renderla ancora più interessante, amabile e curiosa agli occhi del suo interlocutore straniero, rapito al punto tale da portarlo a volerla studiare e scrivere di lei.

Joseph Farrell è docente emerito di Italiano presso la University of Strathclyde di Glasgow e appena qualche giorno fa è giunto a Messina, in compagnia della moglie, per promuovere il suo ultimo libro, un testo brillante e carico di riferimenti storici, artistici e culturali relativi a  questa regione di cui il mondo occidentale aveva scoperto le bellezze, -in tempi passati- grazie agli appunti di viaggio di un altro esimio scozzese ,che tra i primi, in un’Europa post napoleonica, aveva scelto di raccontare ai suoi contemporanei la Sicilia, Patrick Brydone.

Era il secolo dei lumi, del neoclassicismo e dei rinvenuti scavi agrigentini, dei grand tour di nobili e precettori che visitavano le mete dell’arte e della cristianità europea, ma in pochissimi prima di lui avevano trovato il coraggio di avventurarsi fino alle coste di quest’isola che Alexander Dumas (padre) aveva dipinto come terrorizzanti al solo aspetto, giacchè mitologicamente rette da tre colonne, il cui cedimento dopo millenni di sopportazione rischiava di essere imminente.

 Ma le colonne hanno retto nei secoli a venire e ancora oggi sostengono una Sicilia che è stata crocevia di popoli, stili artistici e architettonici, che ha visto fondersi quello arabo al normanno, il gotico al catalano, ma agli occhi di noi che la abitiamo “sembra tutto scontato e normale”, denuncia il Prof. Farrell “i siciliani non comprendono il potenziale di ciò. Il fatto stesso che esistano luoghi che testimoniano queste fusioni è straordinario di per sé. Come dire che da qualche parte nel mondo esistesse uno stile Giappo-Irlandese” spiega nel suo perfetto italiano ,colorato da qualche sfumatura anglofona.

Un professore di Glasgow giunto fin qui per raccontare con parole, esempi e citazioni appartenenti alla tradizione e alla letteratura nostrana la Sicilia, ai siciliani. Il concetto appare contorto e di fatto lo è, quasi quanto grottesco. A sentir Farrell siamo fortunati, noi popolo della Trinacria a godere di paesaggi e folklore come quelli godibili a Piazza Armerina, Noto, Priolo, Ustica, Modica; dobbiamo essere orgogliosi di aver avuto i nostri natali nella terra che li ha dati prima ancora a Verga, Tomasi di Lampedusa, Federico De Roberto.

Lo dice un britannico ad un pubblico di siciliani che sconosce o è forse “solo” ineducato al valore della sua terra e della cultura che la permea.

E proprio attraverso esperienze e parole dei grandi autori sopra citati, Farrell ripercorre tappe che portano alle diverse visioni di Sicilia e sicilianità: dall’Isolitudine della quale parlava il suo “caro amico Leonardo”, all’idea dei siciliani“isole nell’Isola” come soleva dire Pirandello;  affronta il tema di quella atavica dicotomia tra il mito e la storia che trova manifestazione tra le pagine del “Gattopardo”, senza tralasciare il concetto di precarietà che trasuda in “E’ subito sera” di Quasimodo e nei racconti del cosiddetto “ciclo dei vinti”.

Sorride nel narrare come spesso, il nostro paesaggio sia conosciuto più per le avventure del commissario Montalbano firmate da Camilleri che per i ritrovati bizantini o i resti che testimoniano una storia da arcadica colonia della Magna Grecia.

Sorride meno, invece, nel far riferimento a quello che è ormai divenuto un vero e proprio clichè ma va oltre il semplice stereotipo, quel fenomeno che è cancro ma è anche storia e realtà tangibile di questa terra e porta con sé tutta la pesantezza e il dolore in ogni singola lettera che ne compone il nome: M A F I A 

Farrell introduce ognuno dei suoi riferimenti territoriali e storici con un convinto “come voi di certo saprete”, ma si sbaglia nel pensare che “noi sappiamo” giacchè se davvero tutti conoscessimo il valore, l’anima e apprezzassimo la preziosità di cui parla nel suo libro, questa Sicilia tanto bella e ricca, amabile e dinamica, questo continuo divenire e terra di melting pot dal giorno stesso che vide la luce la civiltà nel Mediterraneo, forse noi tutti mostreremmo più rispetto e affectio per una terra che, a sentir questo professore che dichiara d’esserne addirittura “innamorato” (ma anche solo a guardarci bene attorno)  è davvero tutt’altro che “pessssssima”. (ELEONORA URZI’)

 

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