ARRIVANO I BIG: LA MELONI IN SOSTEGNO A GAROFALO, INCONTRA I SUOI FRATELLI D’ITALIA

Ad aprire l’incontro di Fratelli d’Italia, tenutosi  presso la sala Visconti, è un giovanissimo coordinatore della Provincia, le cui parole ricordano comizi anni ‘90, in odor di Azione Giovani: Santi Cautela, questo il nome del milazzese che cita Marinetti e propugna meritocrazia e partecipazione.

Una scala di valori sintetizzabile in “Patria, famiglia e rispetto delle istituzioni” è celebrata da Nanì, uno dei coordinatori provinciali di FDI, che rivolge un pensiero ai “caduti per la Patria” menzionando, tra gli altri, i fratelli Mattei,nei giorni in cui i giornali del nostro Paese osannano la signora Rame: un’eccellente donna di teatro, però…” STOP!

Va sottolineato come la memoria degli anni di piombo sia argomento caro ai militanti di certa destra (ma anche di certa sinistra) e, in fondo, è giusto “non dimenticare” soprattutto fatti a cui la storia non ha dato giustizia e risposte concrete. Qualcuno di voi però si starà chiedendo chi sono questi fratelli e cosa c’entri  la  moglie di Fo. Rapidamente: a seguito del Rogo di Primavalle, appiccato dolosamente da attivisti di Potere Operaio ai danni dell’allora segretario di una sezione dell’Msi, Mario Mattei, persero la vita due dei figli di questo, Virgilio e Stefano di 8 e 22 anni, rimasti vittime dell’incendio. Il Soccorso Rosso Militante, di cui anche i coniugi Fo facevano parte e che forniva sostegno legale ai militanti della sinistra extraparlamentare detenuti, condusse numerose battaglie di piazza e mediatiche in solidarietà agli artefici del crimine e la Rame soprattutto ad uno dei colpevoli (condannati in secondo grado), Attilio Lollo.

Ma torniamo ad oggi. Interviene anche Merlo, che va a braccio, ricordando i successi che in questi mesi un partito neonato come FdI ha già riscosso nel bel Paese e, circa le locali amministrative, commenta: “Abbiamo preferito non andare da soli rispetto a forze che hanno frammentato il centro destra. Non abbiamo avuto dubbi su Enzo perché ce l’ ha chiesto il nostro popolo”, conclude il terzo coordinatore provinciale presente. Specifichiamo il numero perché i coordinatori provinciali che siamo soliti vedere in prima linea sono quattro: Sottile, Merlo, il già citato Nanì e Villari. Nell’ordine: il primo non c’era per ragioni personali (hanno precisato), il secondo è intervenuto, il terzo pure e il quarto … no, è rimasto in prima fila seduto ad applaudire i colleghi. Certamente la decisione sarà stata determinata da fattori validi, ma abbiamo qualche difficoltà a comprenderli, giacché proprio Giovanni Villari è il candidato “di punta” di Fratelli d’Italia al consiglio comunale alle elezioni di 9-10 giugno e, forse, un minimo di visibilità in più non gli avrebbe nuociuto.

E’ chiaro che l’incontro mira più a sostenere il candidato sindaco che non la lista alle amministrative con il tricolore nel logo. L’on. Garofalo prende la parola prima di lasciarla alla collega (sono entrambi onorevoli, vi ricordiamo): “siamo partiti con posizioni divergenti, ma poi abbiamo assunto posizioni che convergono”, inizia l’aspirante sindaco, ricordando come le primarie, tanto agognate dall’ex Ministro della gioventù e poi risoltesi in un nulla di fatto, avessero diviso gli animi del centro-destra prima delle politiche.

La nostra non è un’alleanza di gente che è messa insieme per accumulare voti, ma di gente che sta insieme perché vuol servire e amministrare bene”, continua Garofalo. Il suo leitmotif è lineare: aprire le porte dei palazzi, rendere conto dell’azione quotidianamente, dar vita ad un’amministrazione funzionante ogni giorno. Finalmente (l’avevamo tanto attesa) giunge anche la fase degli attacchi ai competitors, ad uno in realtà, che però non viene mai menzionato in modo palese. “Noi i tir dalla città non li vogliamo, ma noi li leviamo davvero, perché non abbiamo nessuno che ci impone di non farlo”.

Arriva anche il commento a quanto sostenuto dal Governatore Crocetta, in visita in città appena qualche giorno addietro per sostenere la candidatura del consigliere uscente del Pd Felice Calabrò: “ha detto che arriveranno 40milioni di euro a Messina, che grazie al loro sindaco ci saranno 4000 nuovi posti di lavoro. Noi fino ad ora gli abbiamo visto solo aumentare del 600% i canoni demaniali e far ruotare i dirigenti. Loro così fanno politica”. In ultimo, conclude paragonando la nostra città ad una bella donna che, per troppo tempo, è stata trascurata ma che è ora di restituire al suo splendore.

Applausi e qualche standing ovation prima di far salire sul palco un’influenzatissima Giorgia Meloni. Suona l’inno di Mameli in pieno stile AN ma, in generale, colonna sonora di ogni comizio del centro-destra.

Abbiamo iniziato questa esperienza perché crediamo nella politica fatta dal basso che è sintomo di democrazia. Serve entusiasmo”. Comincia così, tra uno starnuto e un colpo di tosse, un lungo discorso che porterà la co-fondatrice di Fratelli d’Italia a toccare tematiche sociali, economiche, etiche, politiche. “Volevamo dar vita ad un movimento in cui la gente potesse credere con tutta se stessa e ridare alla politica tutta la credibilità che merita”, dichiara, specificando quanto sia importante non confondere “i politici con la politica”.

Per dirla alla De Gregorie poi ti dicono tutti sono uguali, tutti rubano alla stessa maniera”: questo è il pensiero comune che, in questi anni, ha condotto alla disaffezione per la politica e  per chi la fa; un’indignazione che, però, secondo l’ospite di questo incontro, non è necessariamente il male assoluto perché è proprio quell’indignazione a determinare reazioni differenti: da una parte la rinuncia alla partecipazione attiva, dall’altra “il rimboccarsi le maniche e tentare di costruire una realtà diversa da quella che ci indigna”, commenta. “Nel primo caso abbiamo un problema. E se non sappiamo distinguere siamo anche noi parte del problema, perché in quel caso rischiamo siano proprio i migliori a mollare”.

Parole di elogio spese per il candidato Garofalo che la Meloni conosce bene, essendo entrambi parlamentari della nostra Repubblica. “Alle amministrative possiamo esercitare la democrazia in una maniera che alle politiche non ci è consentita”, dichiara in riferimento al Porcellum che, da più parti, si sostiene di voler cambiare presto. “Io la mia proposta per modificare la legge elettorale l’ho depositata durante l’ultima legislatura”, denuncia. In effetti va notato come non sia la sola a propugnare un modello più simile a quello impiegato in occasione delle amministrative: l’altro “giovane” della politica italiana, Matteo Renzi, specie nelle ultime settimane, lo ha ripetuto spesso. A dimostrazione che una “buona idea” è tale indipendentemente dal colore della sua matrice, in merito al Governo Letta, la Meloni specifica “valuteremo i provvedimenti di volta in volta. Non abbiamo votato la fiducia coerentemente alle nostre posizioni ma siamo leali. Se il Governo fallisce, fallisce l’Italia e noi lavoreremo perché funzioni. Facciamo politica solo nell’interesse degli italiani”, ma qual è questo interesse e come lo si ottiene? Mettendo un tetto alle tasse che sia costituzionalmente garantito; non consentendo che Equitalia sia un incubo per la popolazione in difficoltà; abolendo l’Imu sulla prima casa (“non che venga sospesa provvisoriamente”, precisa); modificando la Costituzione, specie per quel che afferisce a temi caldi, bollenti come i diritti acquisiti, ossia quelli grazie ai quali (nel caso peggiore), mentre famiglie intere sono ridotte sul lastrico e il Governo -chiedendo austerità- vara manovre “lacrime e sangue”, baby pensionati ricevono vitalizi d’oro.

E i giovani? “Bè i giovani sono il futuro”, ghigna amaramente “che tradotto vuol dire ce ne occuperemo più tardi! E intanto ogni nascituro ha già 40mila euro di debito e le famiglie non fanno figli”. La Meloni denuncia i nonsense anagrafici dell’Italia: “è il paradosso di una Nazione che si vergogna a farsi rappresentare in Parlamento da un giovane (si fa riferimento ai limite previsti per i diritti elettorali, sia attivi che passivi), ma che non si vergogna a chiedergli di combattere e andare a morire”.

L’accento sulla questione dei Marò viene posta di lì a pochissimo e, mentre l’ex Ministro cita Latorre e Girone, in sala si leva uno striscione in solidarietà ai due militari in India. E infine il mea culpa, rivolto, più che a se stessa, al Governo passato di cui era membro “un nostro ministro dell’economia diceva che di cultura non si vive. Bè noi italiani proprio di questo possiamo mangiare in abbondanza invece. Abbiamo millenni di storia e cultura in Italia e questo, signori, è un mercato in cui la Cina non può competere con noi”.

Dalla globalizzazione alle quote rosa, dall’educazione all’identità italiana alle proposte per uscire dal dramma che il nostro Paese vive, dagli inni al valore e al talento, alle ingiustizie verso le nuove generazioni per mantenere vecchi privilegi, la Meloni spazia e lo fa con la causa cognita che è ovvio abbia una persona cresciuta nella politica, per la politica. Di merito ha parlato questa donna che dalla Garbatella è arrivata giovanissima alla presidenza di Azione Giovani, alla vicepresidenza della Camera, all’incarico di Ministro, alla fondazione di un partito che si profila come la nuova destra italiana (centro-destra nazionale è scritto sul loghetto del soggetto di cui è madre).

Quale che sia il nostro credo, va colto il monito lanciato in chiusura dall’onorevole romana: “non importa quanto rigido sia l’inverno, l’importante è non dimenticare che comunque poi arriverà una primavera”, e questa è più che una speranza, è una certezza alla quale ogni cittadino può contribuire.

Quello che ieri si è presentato agli elettori è un centro-destra che ha molto di centro ma ha ancora qualcosa di destra; un soggetto che guarda al futuro con entusiasmo e proposte, con spirito critico e in polemica aperta laddove necessario, ma che non dimentica un passato circa il quale chiede ancora delle risposte.(ELEONORA URZI’)

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