MAFIA: CONFISCATI BENI PER 400 MILA EURO A GALATI GIORDANO, IL BOSS DI TORTORICI EX COLLABORATORE DI GIUSTIZIA

La Direzione Investigativa Antimafia di Messina ha sottoposto a confisca beni per 400.000 euro riconducibili a Orlando Galati Giordano, ritenuto esponente di spicco del clan dei “tortoriciani”. Il provvedimento giudiziario emesso il 25 settembre 2013 dalla Corte di Assise di Appello del Tribunale di Reggio Calabria, che ha riguardato beni immobili e aziendali intestati a Galati Giordano ed al figlio Eros Gennarino, fa seguito ad un precedente sequestro eseguito dagli investigatori della D.I.A. nello scorso mese di luglio.

La confisca è il risultato delle indagini della sezione operativa di Messina dalla Procura Generale di Reggio Calabria che ha accertato la situazione patrimoniale di Galati al 9 marzo 2010, data in cui era divenuta definitiva la sentenza di condanna a venti anni di reclusione emessa dalla Corte di Assise di Appello di Messina per i reati di associazione mafiosa, omicidi ed estorsioni consumati nella provincia peloritana tra il 1986 e il 1993.

Le indagini hanno fatto emergere evidenti profili sperequativi tra i beni posseduti ed i redditi dichiarati ai fini delle imposte sul reddito da Galati Giordano, elemento carismatico nell’ambito del gruppo mafioso dei ‘tortoriciani’ tanto da diventare, verso la fine degli anni ’80, capo indiscusso dell’omonima frangia. La Dia ha sequestrato un immobile a Tortorici (Me) ed una ditta individuale, operante nel settore della rivendita di giornali e periodici, intestata al figlio e con sede a Pisa, dove da diversi anni risiede il nucleo familiare di Galati Giordano.

Galati Giordano,  verso la fine degli anni ’80, è divenuto capo indiscusso dei “tortoriciani”,  frangia che si contrapponeva a quella dei Bontempo Scavo. E’ stato arrestato il 30 maggio 1987 per associazione a delinquere di tipo mafioso e favoreggiamento nei confronti dei responsabili dell’omicidio di Nicolò Bevacqua, avvenuto a Milazzo il 7 maggio dello stesso anno. Imputato nel procedimento penale denominato “Mare Nostrum”, che ha riguardato i clan operanti nella fascia tirrenica della provincia di Messina sino ai primi anni ’90,  il boss è stato per 5 anni collaboratore di giustizia dal 1992 al 27 maggio 1997, fino a quando è stato tratto in arresto in Ghezzano di Pisa (PI) dalla  Squadra Mobile di Pisa per detenzione ai fini di spaccio di circa 250 gr. di sostanza stupefacente.

Di lì a pochi mesi, il 27 gennaio 1998,  è stato rinviato a giudizio nell’ambito del processo “Mare Nostrum” con l’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso, omicidio, rapina, sequestro di persona, estorsione, detenzione illegale di armi, violazione della legge sugli stupefacenti, furto, ricettazione ed altro.

E’ il 13 novembre 2007 che la Corte di Assise di Appello di Messina lo ha condannato a 20 anni di reclusione per associazione a delinquere di tipo mafioso, omicidi ed estorsioni, consumati nella provincia di Messina tra il 1986 e il 1993; condanna  divenuta definitiva il 9 marzo 2010. 

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