“PINTER E A CAPO”, AL TEATRO SAVIO UN DISTILLATO PURO DI CRITICA SOCIALE

Luci fredde e ambientazione bianco ospedale, rotta soltanto da buio a intermittenza, video flashback in stile televisore rotto e tracce di una vita alla deriva, sotto forma di montagne di vestiti, detriti su un pavimento stretto tra quattro mura lerce e una finestra che dà sullo schifo del mondo.

Ha accolto il pubblico del Teatro Savio così, ieri sera, “Pinter e a capo”, la pièce firmata da Massimo Tuccitto, presentato in prima nazionale a Messina nell’ambito della rassegna “Atto Unico. Scene di Vite,Vite di Scena”, prodotta dalla QuasiAnonimaProduzioni.

Sul palco lo stesso Tuccitto (autore, regista e interprete) insieme al giovane attore siracusano Luca Di Mauro e all’attrice e insegnante dell’INDA Elena Polic Greco, ricreano uno spettacolo personalissimo ispirato all’opera del drammaturgo e premio Nobel per la letteratura Harold Pinter. Personalissimo fin dall’intreccio: un uomo si chiude in casa dalla morte di Pinter, il 24 dicembre 2008, fino ad oggi, deciso a trovare il modo di superare il suo unico e insuperabile idolo, che mai come nessun altro ha saputo rappresentare la commedia sociale umana.

Questo personaggio, malato, paranoico, pazzo eppure estremamente credibile nell’interpretazione di Massimo Tuccitto, è tutt’altro che solo. Rinchiuso nel tugurio della sua stanza, necessità più che punizione che si è auto inflitto, spia la vita che continua a scorrere fuori dalla finestra e che nella sua mente diventa solo un prevedibile susseguirsi di frasi fatte, relazioni già vissute tra persone ridotte ad emoticon da web 2.0, situazioni già viste. Dove? Nelle commedie pinteriane, ovviamente. Ma tanto più il protagonista osserva la vita degli altri dal buco della serratura, tanto più la sua gli sfugge, gli diventa insondabile e insopportabile. Ormai il suo io è annientato, schiantato sotto la grandezza di Pinter, che trasfigura in brevi ricordi di vita (resi attraverso la musica e gli effetti di Umberto Ferro, i video di Giancarlo Bello e la grafica di Aronne Samà) e nei fantasmi della malattia psichica e sociale che lo affligge. Fantasmi che hanno voce e corpo, quelli di Elena Polic Greco e Luca di Mauro, capaci di incidere prepotentemente sulla scena o di aggirarsi all’occorrenza come palpabilissimi fantasmi intorno al protagonista, riportando all’interno della stanza la radiografia impietosa, realistica e corrosiva del gioco al massacro della famiglia e della società borghese. Un distillato puro, offerto al pubblico goccia a goccia, dell’umorismo graffiante e della dialettica provocatoria del teatro di Harold Pinter.

 

 

 

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