CARTA DI LAMPEDUSA: UN LUOGO DI DIRITTO PER TUTTI, SENZA CONFINI

Il 2 febbraio è stata approvata la Carta di Lampedusa, il risultato di un percorso collettivo nato dal basso, che ha coinvolto circa 300 persone unite dall’obiettivo di creare una geografia del cambiamento.
Il progetto è nato da un’iniziativa lanciata da Melting Pot in seguito alle migliaia di vittime causate dalle frontiere europee.
La Carta non è una proposta di legge né una richiesta ai governi, ma un patto saldato su principi e diritti come la libertà di movimento, di scelta del luogo in cui abitare, di restare nel paese di origine, libertà personale, diritto alla resistenza, principi non così scontati in un’Europa impegnata a difendere e militarizzare i propri confini, chiusa com’è dal suo muro di Evros.
Questo tentativo “dal basso” non mira a creare un impianto di diritti per i migranti, ma un nuovo luogo di diritto per tutti, per chi vuole accedere e per chi vive in Europa, in Italia e a Lampedusa soprattutto, e per farlo non si può che abbattere l’istituto del confine, pensare in grande.
Il documento è articolato in tre parti: un preambolo, una parte sui principi ed una sulle migrazioni e le politiche collegate.
“Le politiche di governo e di controllo delle migrazioni hanno imposto a quest’isola il ruolo di frontiera e confine, di spazio di attraversamento obbligato, fino a causare la morte di decine di migliaia di persone nel tentativo di raggiungerla – si legge nel preambolo – Con la Carta di Lampedusa si vuole, invece, restituire il destino dell’isola a se stessa e a chi la abita”. Ed ancora “si afferma la necessità dell’immediata abrogazione dell’istituto della detenzione amministrativa e la chiusura di tutti i centri, comunque denominati o configurati, e delle strutture di accoglienza contenitiva” e “la conversione delle risorse fino ad ora destinate a questi luoghi a scopi sociali rivolti a tutti e a tutte”. Per quanto riguarda il sistema di accoglienza, si afferma la necessità di chiudere campi e centri in favore di un sistema di accoglienza “diffusa, decentrata e fondata sulla valorizzazione dei percorsi personali, promuovendo esperienze di accoglienza auto-gestionaria e auto-organizzata, anche al fine di evitare il formarsi di monopoli speculativi”.
Ora che il progetto è stato approvato, si punta a coinvolgere all’interno del patto più realtà possibili in Europa, che possano farsi portatori dei principi contenuti nella Carta. “E’ un tentativo di dare una spinta collettiva ad alcuni temi, di allargare una battaglia – spiega Nicola Grigion di Melting Pot – Il fatto di essere venuti a Lampedusa non è solo simbolico. Vuol dire toccare con mano cosa vogliono dire le politiche delle migrazioni sui cittadini europei”. (FEDERICA ARENA)

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