“LA POLITICA SICILIANA SE NE FREGA”, 22 ANNI DOPO CAPACI

“Anche quest’anno le istituzioni regionali e la classe politica siciliana si sono contraddistinte per il manifesto disinteresse verso la memoria di Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Di Cillo, i tre poliziotti, morti il 23 maggio del 1992 sull’autostrada A29, insieme al giudice Giovanni Falcone e a sua moglie Francesca Morvillo. Ci auguriamo che, per conservare un briciolo di coerenza e onestà intellettuale, non sfoggino la solita retorica del ricordo, buona solo a far passerella sul palcoscenico dell’antimafia parolaia”. Sono parole che non necessitano né di commenti, né di interpretazioni. A pronunciarle non è il solito “populista antimafia”, come direbbe Giovanni Fiandaca, candidato del Pd alle europee, arrivato a mettere in dubbio l’esistenza della trattativa Stato – mafia e l’opportunità del carcere duro, ai sensi del 41 bis. Semmai, è chi la brutalità primitiva e annientante di Cosa Nostra l’ha provata sulla pelle, fino a scavare nei recessi più reconditi dell’anima. A pronunciarle è Tina Montinaro, moglie di Antonio, il caposcorta di Falcone.

La donna è oggi presidente dell’associazione Quarto Savona Quindici: “Dal 2012 – continua – si attende che partano i lavori per la realizzazione del Parco della Memoria Quarto Savona 15, quello spazio che doveva nascere sul tratto della A29 che collega Capaci a Palermo, dove è avvenuto l’attentato, e in cui avrebbe potuto trovare una degna collocazione il relitto dell’auto su cui viaggiavano mio marito Antonio, Vito e Rocco. Avevamo avuto l’assicurazione dall’allora Governatore Raffaele Lombardo che ci sarebbero stati i finanziamenti ma oggi non si trova né la delibera promessa né i finanziamenti, ai quali avrebbe partecipato anche l’Anas. Ho chiesto più volte all’attuale presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta, di incontrarmi per fare chiarezza, ma è stato tutto inutile, come vane sono state le rassicurazioni di molti politici, pronti, solo a parole, a farsi promotori dell’avvio dei lavori. Che dicano chiaramente ‘non ce ne frega un accidente della memoria di quel giorno, di rendere onore al sacrificio di cinque persone morte mentre servivano lo Stato’. Sarebbe quantomeno un atto di coraggio”.

Anche quest’anno l’auto, che di solito è alloggiata nell’autoparco della Polizia di Messina, sarà fuori dalla Sicilia in occasione della ricorrenza della strage di Capaci. “Nel 2013 l’auto è stata ospitata a Mozzecane, in provincia di Verona – ha concluso Tina Montinaro – e quest’anno alla scuola di Polizia di Peschiera del Garda, che ha organizzato una giornata della memoria. Evidentemente in altre parti d’Italia ci sono un’attenzione e una sensibilità ormai ignote alle istituzioni e alla politica siciliane, troppo impegnate a rubarsi la scena dell’antimafia da parata”.

Nessun commento, nessuna interpretazione. Solo brividi lungo la schiena e frustrazione. Perché proprio oggi decorrono ben 22 anni dall’uccisione – orchestrata da vigliacchi senza dignità, prima ancora che delinquenti senza diritto al perdono – di Rocco Di Cillo, Giovanni Falcone, Antonio Montinaro, Francesca Morvillo e Vito Schifani, citati rigorosamente in ordine alfabetico. Diciotto lunghissimi anni in cui nulla è cambiato, in cui il principale insegnamento che si è tramandato fino a oggi, stando alle parole di chi la mafia l’ha conosciuta da molto, troppo vicino, è quello di speculare sulle disgrazie altrui per fare carriera. Magari, dissertando sul 41 bis e dintorni, seduto comodamente nel salotto di casa.

Se son rose… se ne fregheranno.

@FabioBonasera

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