MONS. JACQUES GAILLOT: “IO CREDO IN DIO PERCHE’ CREDO NELL’UOMO”

Al fianco degli emarginati, dei poveri e degli immigrati. Al fianco di chi, messo con le spalle al muro, porta avanti la lotta per la vita. A sostegno dei principi di libertà, amore, non belligeranza e non-violenza. In questa stringata quanto essenziale descrizione possiamo iscrivere il messaggio che il vescovo Jacques Gaillot ha lanciato ieri, presso l’Aula Magna dell’Università di Messina, in un incontro, promosso dal gruppo di impegno laicale “Gaudium et spes”, avente per tema “Credere nell’uomo e Credere in Dio. È ancora possibile oggi?”.

Era il 1995, quando Roma stabilisce la destituzione di Gaillot da Evreux per partire alla volta del vescovado di Partenia, situato sugli altopiani di Sétif in Algeria, a causa di mozioni ritenute “scomode” dalla Chiesa.

Quello che fa il Mons. Gaillot è, secondo padre Felice Scalia, “leggere la storia alla luce della parola di Dio, contro ogni pregiudizio. La radice delle sue “malefatte” è la vicinanza paterna, umana, cristiana con i clandestini a quel tempo. Dobbiamo, allora, essere cristiani altrimenti, di una Chiesa altra”.

Partendo dalla considerazione che ogni uomo è un essere umano, la sua essenza è fusa nell’unità e nella diversità che lo caratterizzano. Nel piccolo saggio Quando si ama non è mai notte (tr. it. di E. Sentimentale), Gaillot scrive che «quando guardo il volto dell’altro, bado prima a quello che c’è in lui di universale e, soltanto dopo, a ciò che lo rende differente». Se non esiste estraneità, ma fratellanza tra gli uomini, se esiste l’attesa ad essere colti nella propria luce, se la guerra è il problema e la soluzione è l’amore, la realtà, purtroppo, smentisce questi presupposti e ci si chiede su cosa si possa credere.

Davanti alla domanda su chi sia Dio, Gaillot risponde “Prima ditemi chi è l’uomo. I discorsi su Dio spesso non mi dicono niente, mentre quelli sull’uomo mi dicono qualcosa di Dio”. Il concetto di partenza, infatti, è la difesa dell’essere umano quale dimostrazione della grandezza dell’uomo che può fare a meno di Dio e della grandezza di Dio che non si è reso necessario all’uomo.

Nel racconto dell’occupazione del 1996 della Chiesa di Saint-Ambroise ad opera di 400 immigrati africani, Gaillot sottolinea il fatto che lo sgombero avvenuto poco dopo dalla polizia ha comportato la “desacralizzazione di un luogo sacro. Credere nell’uomo è difficile, eppure è possibile. I viventi sono ancora più importanti delle reliquie”. In Gesù, secondo il vescovo, Dio prende il volto umano, dimostrando l’incomparabilità dell’umano, un volto che è misericordia e che non esclude lo sguardo a nessuno.

Nei caratteri del dono, del perdono, della povertà e del servizio Gaillot tratteggia un messaggio cristiano che è messaggio per l’altro e per l’amore: “Dio è solo amore che non si impone, ma si propone e coglie chi tende le mani verso Lui”.

Nella giornata di ieri, il vescovo ha anche visitato il carcere di Gazzi, mostrando l’interesse a vedere i carcerati. Ha descritto questo incontro come pieno di gioia, “la gioia della testimonianza, riprendendo le parole di Papa Francesco”.

Testimonianza e dottrina, dunque, si combinano con uno straordinario messaggio d’amore, così come emerge nelle ultime righe di Quando si ama non è mai notte: «quando si gioca la propria vita sull’amore, la si gioca bene. È l’amore che ci tiene in vita. Quando c’è l’amore, si può andare molto lontano».

(CLARISSA COMUNALE)

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