TEATRO VITTORIO EMANUELE, QUELLO CHE I MIMI NON DICONO

Michele Monetta, mimo napoletano, docente all’accademia Silvio D’Amico di Roma. Con tutto il rispetto per il professionista e per i mimi di ogni latitudine, e pure longitudine – “ma sì, fai vedere che abbondiamo, abbondandis id abbondandum” avrebbe detto un napoletano d’altri tempi – era costei l’alternativa a Ninni Bruschetta per il ruolo di direttore artistico, sezione prosa, del Teatro Vittorio Emanuele, proposta dai consiglieri di amministrazione Laura Pulejo e Totò D’Urso.

Un’alternativa che dà perfettamente l’idea del clima che si respira all’interno dell’ente. Un ostruzionismo a tutti i costi e a prescindere, quello messo in piedi dai due. Proprio da loro era partita la campagna affinché i direttori artistici – per la musica è stato nominato Giovanni Renzo – fossero individuati tramite un pubblico incanto anziché in maniera fiduciaria. Un atteggiamento che porta con sé le stimmate di una guerra intestina che renderà difficile ogni scelta in seno al cda.

La domanda, prima ancora che essere orientata al futuro del Vittorio Emanuele, va calibrata sulle ragioni di una simile condotta. Entrambi sono stati espressi dal sindaco di Messina, Renato Accorinti. Eppure, sembrano rispondere ad altri. D’Urso, per esempio, risulta molto vicino a Nina Lo Presti. Ai tempi in cui Luciano Ordile era assessore regionali ai Beni culturali, aveva una compagnia. Oggi sembra essere stato caldeggiato dalla consigliere comunale di Cambiamo Messina dal Basso. Proprio il movimento costituito dal primo cittadino. Lo stesso movimento che in più di un’occasione ha mostrato di scricchiolare sotto i colpi di Lo Presti che, proprio per la volontà di nominare in via fiduciaria i direttori artistici, aveva accusato pesantemente il presidente, Maurizio Puglisi, e tramite lui Accorinti, di voler riproporre vecchie logiche.

Stesse accuse erano piovute da Pulejo, colei che negli anni scorsi era vicina ai dipartimenti di Forza Italia, quando coordinatore provinciale era l’attuale vice presidente del Cas, Nino Gazzara, e partecipava agli incontri del Circolo del Buon Governo che aveva nel senatore Marcello Dell’Utri il proprio riferimento nazionale.

Oggi, Laura Pulejo, sebbene nominata dal Comune, sembra rispondere in realtà a Rosario Crocetta. E questo spiegherebbe l’ostracismo verso Bruschetta, grande amico di Puglisi, col quale ha fondato l’associazione Nutrimenti Terrestri. Determinante potrebbe essere stata la campagna elettorale del 2012, quando il governatore correva alla presidenza della Regione contro Claudio Fava prima e Giovanna Marano poi. L’attore messinese, infatti, era l’assessore designato ai Beni culturali nell’ipotetico governo della sinistra siciliana.

Crocetta non è nuovo, del resto, a simili strumentalizzazioni. E il Vittorio Emanuele sembra uno dei suoi terreni di conquista prediletti. Per mesi ha paralizzato il consiglio di amministrazione, già nominato da Comune e Provincia lo scorso gennaio, imponendo il commissariamento, solo perché pretendeva che la nomina di sovrintendente andasse all’attuale assessore ai Beni culturali, Giusi Luvarà Furnari. Non a caso, dopo l’ingresso nella Giunta regionale della docente di filosofia, il cda del Teatro è stato sbloccato.

Manovre davvero tristi se si pensa a quante famiglie potrebbe sfamare un ente davvero funzionante, capace di produrre ricchezza grazie a un cartellone adeguato. Ma in questa Italia, dove ogni giorno viene fuori uno scandalo capace di coinvolgere le teorica crema della società, come può mai essere lecito attendersi che chi amministra faccia davvero gli interessi della gente?

La finanziaria siciliana è ormai diventata oggetto di derisione in tutto il Paese e Crocetta, qualche tempo fa, ammise di essere il primo contrario alla riduzione delle indennità degli amministratori, poiché ancora doveva pagarsi i vetri antiproiettile di casa. Nessuna delle promesse che ha fatto sono mai state realmente mantenute. La sua gestione, certo non per responsabilità esclusive, ha solo impedito di pagare gli stipendi dei dipendenti regionali e ha paralizzato le nove Province, togliendo servizi, tra gli altri, agli studenti e ai disabili. Oggi, grazie agli egoismi suoi, ma non solo, l’istituzione culturale di maggior prestigio della città continua a brancolare nel buio. E forse un mimo farebbe al caso per dire senza incorrere in querele quello che tanti vorrebbero.

Se son rose… mimeranno.

@FabioBonasera

Partecipa alla discussione. Commenta l'articolo su Messinaora.it