DAI VANEGGIAMENTI DI CONTE ALLA MEDIOCRITÀ DI ALLEGRI: È INCUBO JUVE

Le estati Mundial non portano affatto bene alla Juventus: nel 2006 la frettolosa mannaia di Calciopoli fece da contorno indigesto al trionfo di Berlino, nel 2010 l’avvento di Gigi Delneri precedette il fallimento del Lippi-bis in Sudafrica, nel 2014 i supporters di fede bianconera – dopo il secondo flop azzurro consecutivo – si trovano costretti ad assistere ad un farsesco passaggio di testimone tra Antonio Conte e la mediocrità fatta allenatore, al secolo Massimiliano Allegri da Livorno.

Un pesce d’aprile fuori stagione al quale nessuno fino all’ultimo voleva credere, malgrado sin dalle primissime ore di questa notte gli esperti nazionali di calciomercato avessero dato la frittata per fatta. Gli aficionados della Vecchia Signora, numerosissimi anche nella città dello Stretto e abituati a risvegliarsi con una Monica Bellucci al fianco, stamattina – voltandosi – si son trovati al cospetto di una Betty la cozza qualunque. Quando poco fa la sagoma dell’ex inquilino di Milanello si è materializzata in conferenza al fianco di Beppe Marotta, tutti i dubbi sono stati fugati.

Le reazioni dei tifosi sono state univoche, ma flebili. Beati gli interisti che, capeggiati sui social da Fiorello, Bonolis e Severgnini a gennaio riuscirono a far saltare lo scambio Guarin-Vucinic. In confronto i colleghi bianconeri avrebbero dovuto far scoppiare una rivolta, ma non hanno indotto l’auspicato ravvedimento da parte di un management reduce da 3 anni di vittorie in Italia, ma che sbaglia la seconda scelta – su 3 – del mister dal cambio di gestione, datato appunto 2010 e che portò alla nomina del già citato omino col baffetto e dal verbo incomprensibile, Delneri appunto.

Una scelta che sa di ridimensionamento, spiazza e sfugge ad ogni logica: un club come la Juve non può farsi abbandonare, a preparazione già iniziata, dall’uomo che l’ha ricondotta alla vittoria. E se succede deve prendere un sostituto all’altezza, non giocare al risparmio. Non ingaggiare il più inviso per la sua inconsistenza, l’unico che si sarebbe accontentato di un basso profilo sul mercato pur di sedere su una panchina così prestigiosa. Serviva un timoniere con pari mordente e personalità: un Mancini o il più abbordabile Mihajlovic sarebbero stati più indicati. Certe pantomime possono essere tollerabili sui polverosi campi dell’entroterra dilettantistico, non ai massimi livelli.

Occorreva mettere una toppa al gigantesco strappo creatosi, ma la stoffa rischia di non bastare per una serie di motivazioni. Allo scarso spessore del nuovo responsabile della prima squadra abbiamo già accennato: l’unico capace di non far vincere uno scudetto a Zlatan Ibrahimovic (proprio a beneficio della prima Juve contiana), lo stratega che preferì Van Bommel ad Andrea Pirlo, avallandone il suo addio a parametro zero (per la gioia, ancora una volta, di Madama). Lo stesso Pirlo che magari adesso potrebbe nutrire dei ragionevoli dubbi sul suo futuro, a dispetto delle logiche parole al miele riservategli da Allegri in sede di presentazione alla stampa.

Ciò che più spaventa è l’effetto domino: il condottiero salentino ha detto addio non solo perché non ha avuto le garanzie richieste sul mercato in entrata, ma anche perché ha subodorato l’imminente cessione di almeno un pezzo da 90: poco importa se trattasi di Vidal o Pogba, l’altro potrebbe comunque seguirlo a ruota. L’amministratore delegato ha detto che la società è intenzionata a ripartire da loro, ma contestualmente ha fatto capire che – in presenza di offerte faraoniche – saranno soprattutto i giocatori a decidere.

Venendo infine a Conte, a lui l’ambiente riserva i ringraziamenti per il triennio di successi, ma anche gli strali per una decisione intempestiva quanto foriera di danni difficilmente riparabili a stretto giro di posta. Già lo scorso maggio, nei minuti successivi al triScolore, il buon Antonio aveva espresso le proprie perplessità circa la sua permanenza. Voleva che il club alzasse l’asticella sul mercato, per competere con le grandi potenze in Champions, e così aveva scelto di andare avanti senza prolungare l’accordo in scadenza nel 2015.

L’allenatore pugliese, però, in corso d’opera doveva rendersi conto di ciò che stava accadendo sulla scena internazionale: se il Barcellona aggiunge Suarez e Rakitic a Messi, Neymar e Iniesta; se il Real Madrid, disponendo già di Ronaldo, Bale e compagnia cantante, prende Kroos, forse Falcao ed eventualmente James Rodriguez in caso di cessione di Angel Di Maria; se il Manchester United – che la Champions non la farà – può spendere oltre 200 milioni di euro (80 e cocci già investiti per Herrera e Shaw); se il Bayern Monaco completa l’ossatura della Germania Campione del Mondo con Lewandowski, Bernat e qualche altro in arrivo; se il Chelsea fa Diego Costa, Fabregas e Filipe Luis…insomma la lista dei se è lunga e comprende(rà) anche Manchester City e Paris Saint-Germain, che già ha potuto permettersi il lusso di scucire 50 milioni per l’ineffabile David Luiz.

Insomma, alla luce di tutti questi “se”, tu, Antonio Conte, devi affrontare la Coppa dei Campioni con minori pressioni, rimanere al tuo posto, fare di necessità virtù e di certo non abbandonare la nave, scatenando una tempesta. Anche perché, dato che le Coppe erano il tuo cruccio, potevi anche fare ammenda degli errori commessi la scorsa stagione, sia nel girone di Champions che contro il Benfica in Europa League.

Se Di Maria a Torino non voleva venire, dovevi comprenderne i motivi: nessuna big italiana può permettersi stipendi superiori ai 5-6 milioni, neanche la tua Juve con lo stadio di proprietà evidentemente, non ancora per lo meno.

Se l’Alexis Sanchez che tanto volevi viene strapagato dall’Arsenal, ti accontenti di Iturbe (frattanto andato alla Roma, brava a tenere sempre aperto il fronte con Mascardi).

Se per il Cuadrado che sognavi varrà lo stesso discorso, amen, questa dirigenza aveva dimostrato di saper operare anche low cost (Barzagli, Vidal, Pogba, Pirlo, Llorente, Tevez) e magari ci sarebbe riuscita anche questa volta.

Le tue ambizioni dovevano fare i conti con la realtà e soltanto su un aspetto avevi la ragione dalla tua: non si vende Vidal o Pogba senza prima avere in mano un degno erede, nulla si può improvvisare. Ma magari non chiedere un centrocampista, campione sì ma sulla trentina e che già guadagna oltre 10 milioni netti, perché non puoi vaneggiare decontestualizzandoti.

E non inganni l’eventuale e futuribile approdo in Nazionale di Conte, al massimo sarà una conseguenza non la causa del divorzio, perché don Antonio è uomo di campo e l’azzurro – ad oggi – sarebbe un ripiego, non la prima scelta.

Troppi se abbiamo snocciolato, infiniti i ma sottintesi, il j’accuse lascia il tempo che trova, il presente da incubo si chiama Max Allegri. Per la gioia delle altre squadre di vertice del prossimo campionato di serie A.

@jodycolletti

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