24 ORE ACCANTO AI PROFUGHI, DIARIO DI UNA GIORNATA PARTICOLARE

561 il numero complessivo, oltre 70 minori, la stragrande maggioranza fuggiti dalla Siria, ma anche dalla Nigeria, dal Pakistan, dal Bangladesh, Eritrea, qualche palestinese.

Ognuno in fuga per i motivi più disparati e diretto chissà dove, per poi ritrovarsi a Messina, non di certo per rubare il lavoro al messinese, ma per scampare alle atrocità della guerra, alla miseria di un’esistenza che nei loro sogni può essere risolta solo con la fuga.

Erano le 14 quando ho appreso che nella rada di Paradiso era scattato il piano della Capitaneria di porto a seguito dell’arrivo della petroliera “Torm Lotte”, battente bandiera danese e con a bordo 400 migranti, almeno secondo le prime stime della prefettura.

Un’operazione complessa rispetto alle precedenti poiché la petroliera, proprio in virtù del suo carico, non è stata fatta attraccare al molo Marconi, bensì,  parcheggiata alla rada Paradiso.

In quel momento decido di recarmi alla scuola Pascoli, inizialmente solo per qualche foto di rito, le chiamiamo “foto di repertorio” in redazione,  senza sapere che da li a breve mi sarei lasciato trasportare dalla dedizione e dall’amore per il prossimo dei volontari dell’Aibi (amici dei bambini), della Croce Rossa e della Protezione Civile.

Giovani e meno giovani che, mentre con gentilezza rispondevano alle mie semplici domande, ribaltavano letteralmente una scuola, la Giovanni Pascoli per esattezza, per accogliere i superstiti dell’ennesima tragedia sulla rotta della speranza.

In quel preciso istante comprendo che era arrivato il momento, da cittadino più che da operatore multimediale dell’informazione, di darmi da fare e contribuire anch’ io,nel mio piccolo, per spostare oltre 100 materassi, salire e scendere per 3 piani, brandine, viveri e vestiti. Tutto questo quando fuori sono le ore 15 del 20 Luglio 2014 e la colonnina di mercurio segna 30 gradi.

Rimango stupito dalla dedizione di Mariateresa ,Clelia,  della signora Franca, di Sergio, di tutta quella piccola squadra che, al motto dello “stanno arrivando, dobbiamo muoverci”, sono riusciti ad allestire una scuola, sopperendo alle carenze di una macchina organizzativa scollata e priva di un leader.

Alle 19 le fasi di allestimento della Pascoli erano, infatti, ancora in pieno svolgimento, qualcosa nell’asse Comune-Croce rossa-Prefettura , era saltato, creando non pochi disagi.

Proprio in quelle ore apprendiamo che il numero complessivo non è più di 400 rifugiati,  bensì 561, ben 161 in più, scoprendo anche che nella stiva del peschereccio maledetto in realtà i corpi dei morti asfissiati non erano 19 ma 29.

La macabra scoperta era stata fatta dalle autorità maltesi quando hanno svuotato la stiva dell’acqua. Giungono sempre nuove notizie dalla rada Paradiso, ma non sono confortanti.  Si apprende del bimbo siriano morto non per asfissia ma per annegamento con la madre che non si è sentita di lasciarlo alle autorità maltesi  ma ha deciso di vegliarlo per tutta la notte giungendo fino a a Messina, un ultimo abbraccio,  anche quello disperato.

E poi arriva “il momento”.  Il primo autobus giunge alla scuola Pascoli con i primi rifugiati. Arriveranno a gruppi di 50, ognuno con la propria storia, ognuno con le proprie richieste. Vestiti puliti, acqua, scarpe, la possibilità di contattare i propri cari “perché sanno che la barca si è ribaltata, mi credono morta”, sono le prime richieste e preoccupazioni, non pensano ai 30 euro, 25 dei quali tornano a chi li assiste, come qualcuno ironizza da tempo.

Ti ringraziano con gli occhi di chi è riuscito a fuggire dalle insidie del mare oltre che dagli orrori della guerra, piangono pure sulla tua spalla quando riesci semplicemente a comprendere una loro richiesta, o magari versi loro solo un poco d’acqua.  Intuisco,  in quel preciso istante,  l’importanza di questi volontari, di questi  “eroi silenziosi” che in barba alle difficoltà logistiche e  organizzative sono in prima a fila a dare l’esempio, ad offrire sostegno non soltanto fisico ma anche e soprattutto psicologico.  “Sono stato 5 ore in mare “ – i primi racconti –“ non mi sento più le gambe”  – e ancora – “in 20 al largo di Malta sono caduti in mare e sono morti annegati “ – “ho perso mio fratello, non sapeva nuotare, Dio lo abbia in gloria”. Storie prese a caso, racconti che dovrebbero far riflettere tutti , andando oltre la politica, oltre le sterili polemiche da bar, le frasi xenofobe . Viviamo attualmente in un mondo che offre continuamente notizie di morte, fame e disperazione, venirsi incontro tra popoli non sarebbe sbagliato, forse utopia, ma quando un uomo ti guarda dritto negli occhi e ti dice: “ho perso mia moglie in mare e non la rivedrò più”, come fai a voltarti dall’altro lato infischiandotene ?  Io non ci sono riuscito.

 

Francesco Algeri (@fralgeri)

 

Fotogallery a cura di (@fralgeri)

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