MAI CHIESTA LA CHIUSURA DEL PIEMONTE, ACCORINTI ASSEDIATO DALLA CARICA DEGLI IGNORANTI

Rivedere i video girati lo scorso lunedì 29 settembre, davanti all’ospedale Piemonte, in cui Renato Accorinti tenta di parlare alla folla che gli urla contro, è una delle cose più sconsolanti alle quali abbia assistito. In poco più di 10 minuti sono condensati il degrado, l’arretratezza culturale e intellettiva, la violenza, la grettezza e l’assoluta manovrabilità di gran parte dei cittadini messinesi.

Emerge con altrettanta evidenza che a pilotare le migliaia di persone mobilitatesi sono i sindacalisti, nella fattispecie quelli della Cisl, organizzatori dell’assemblea cittadina. Capaci di fare credere ai presenti che il sindaco ha chiesto, in una lettera indirizzata all’assessore regionale alla Salute, Lucia Borsellino, di chiudere la struttura. Il primo cittadino ha sventolato a più riprese quel documento, ha cercato in ogni modo di leggerlo. Ma non gliene è stata data l’opportunità: il primo cittadino ridotto a ultima ruota del carro da persone il cui livello di civiltà rasenta il meno infinito.

La lettera incriminata, Messina Ora l’ha pubblicata ben due volte: il 7 e il 21 agosto scorsi, quando Accorinti l’ha girata anche alle altre istituzioni locali, sindacati compresi. Basta leggerla per scoprire che propone, semmai, il potenziamento del nosocomio, oltre al mantenimento delle prerogative di emergenza e urgenza.

Appunto, basta leggerla. Ma, ascoltando il loro gergo, viene da domandarsi quanti di coloro che hanno vituperato Accorinti, il 29 settembre scorso, in viale Europa, sappiano perfino scrivere il proprio nome correttamente. E la colpa è solo loro. Basta con questo buonismo assolutamente dannoso, di cui lo stesso Accorinti è artefice, per il quale tutti vanno perdonati. Per il quale dietro qualunque gesto, seppure gravissimo, viene ricercata una scusa al di fuori della responsabilità di chi lo ha condotto. Nel terzo millennio, a ognuno, vengono offerti mezzi di informazione a iosa. Tra tv, giornali online e cartacei, solamente per rimanere a Messina, c’è l’imbarazzo della scelta. Chi vuole farsi strumentalizzare, usare, per favorire il conseguimento degli scopi ulteriori di terzi, lo faccia pure. Ma non accampi scuse. L’ignoranza, oggi più che mai, non è perdonabile.

Chi può, nel 2014, ritenere davvero che sia un sindaco ad aprire e chiudere gli ospedali o a governare la Sanità che, già da un bel po’, è di competenza delle Regioni? Il fatto che il primo cittadino sia il responsabile della salute dei cittadini non significa che governi il settore ma che è autorizzato a emettere dei provvedimenti in presenza di situazioni contingibili e urgenti. Ma su questo equivoco, negli ultimi tempi, a più di qualcuno – e non solo ai sindacalisti – è piaciuto, e anche parecchio, marciarci.

Certamente, il discorso è più ampio. Quanto accade a Messina, da decenni, è quello che sta succedendo su scala nazionale: affamare la gente, renderla ignorante. Così da fare leva sul suo stato di necessità e sulla sua totale inconsistenza strutturale per manovrarla a proprio uso e consumo. Ciò non toglie che il primo colpevole rimane chi si fa pilotare come una macchinina radiocomandata. Anche perché pare evidente che la violenza sia insita nella natura dei messinesi, oltre che del resto dell’umanità. L’aggressione di venerdì agli ispettori della Polizia municipale intenti a fare semplicemente il proprio dovere, come illustrato ieri dal comandante Calogero Ferlisi, è solo la punta dell’iceberg. E dovrebbe fare riflettere che l’autore non sia un emarginato, disoccupato e dimenticato. Ma un professionista in pensione, pertanto anche di una certa età.

Ancora più raccapricciante è pensare che ci si lamenta sempre della latitanza dei vigili ma, poi, quando lavorano, li si prende a bastonate.

A pensarci bene, è la normale conseguenza di una città che di cambiare non ha mai avuto voglia. Basta leggere i commenti ai post degli articoli di questo giornale pubblicati sulla pagina Facebook di riferimento. Dopo decine di notizie sull’immondizia disseminata in giro, scrivi un pezzo sull’isola pedonale e qualcuno ti richiama perché non parli, piuttosto, dei rifiuti. E se parli dei rifiuti di una zona della città ti rimproverano perché non hai parlato di quelli di un’altra.
E’ questa la sub cultura di chi non ha mai voluto veramente migliorarsi e migliorare l’ambiente in cui vive. Sempre pronto a recriminare, senza mai rimboccarsi le maniche, cercando di essere costruttivo.

Ne sia prova, proprio a seguito dell’aggressione ai vigili urbani, l’intervento della Uil con un comunicato che chiede al sindaco di assumere la loro difesa legale. Ma difesa legale da cosa? Il denunciato risulta essere il loro aggressore…

Sempre a proposito dei soliti commentatori, chiudo con un paio di considerazioni. Tempo fa scrissi che questa escalation di violenza contro Accorinti, alimentata ad arte come accadde nel 2002 per Marco Biagi, rischia di condurre allo stesso epilogo. Un lettore mi derise perché secondo lui avrei paragonato Accorinti a Biagi, non capendo o facendo finta di non capire che sullo stesso piano misi la fine del giuslavorista e quella alla quale rischia di andare incontro il sindaco. Un altro lettore, dopo che usai la parabola di Vincenzo Nibali per spronare tutti quei messinesi che di scalare e, quindi, faticare non hanno voglia, riuscì a rilevare semplicemente che di ciclismo non capisco niente – ed è vero – e che tifo Accorinti.

Questo, tuttavia, è un po’ meno vero, considerando che non perdonerei mai i criminali ma semmai li farei marcire in galera per l’eternità; che i tantissimi messinesi che hanno ridotto così la città li manderei al circo al posto degli animali oggetto di dibattito in questi giorni; che non sono nemmeno contrario al Ponte. E proprio quest’ultima apertura, tempo fa, mi valse l’aggettivo di berlusconiano. Perché per i mediocri è sempre più facile aggrapparsi alle etichette invece che fare autocritica e iniziare a pedalare. (@FabioBonasera)

 

Se son rose… studieranno.

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