Erebo, terzo spettacolo per “Atto Unico”, l’addio alla vita e all’amore: la tragedia de “l’etterno dolore”

Un crescendo per il cartellone di “Atto Unico” che ha visto calcare, per il suo terzo spettacolo in programma, la tragedia contemporanea, firmata da Auretta Sterrantino, “Erebo. Il lungo addio”, prodotto da QA produzioni.

Attraverso una moderna riproposizione dei grandi miti greci, lo scenario si apre sulla “terra desolata” degli Inferi, nell’aridità dell’umano condotto nella sua maggiore decadenza: la morte, personificata da una Persefone silenziosa ed inquietantemente danzante, ottimamente interpretata da Sarah Lanza. Tra i resti di carcasse senza vita si muove Penelope, portata in scena da Loredana Bruno, la quale cerca disperatamente il suo Ulisse e con lui tutti i valori perduti. Lei, la donna della “dolce” attesa, conosce, si inganna e conduce una guerra personale in nome dell’amore. In una varietà di linguaggi, tra cui si mischiano anche più generi musicali, grazie all’esecuzione dal vivo delle musiche originali di Filippo La Marca, accompagnato da Daniele Testa, con alla voce l’eccezionale Adriana Bonaccorso, “Erebo” si presenta come un vero e proprio spettacolo che mischia tutte le arti performative, danza, canto e recitazione, complementari e complici, sapientemente equilibrate da Sterrantino.

Nel viaggio tra le Anime Morte, Penelope, che potrebbe incarnare la femminilità per antonomasia con i suoi dubbi, le incrinanti certezze e le spaventose fragilità, si imbatte con i grandi personaggi della mitologia classica: da Aiace, che diede la sua vita come premio di valore, al terribile Atreo, empio per aver ucciso il fratellastro Crisippo, ad Eteocle, fratello di Polinice, che combatté una guerra “re contro re, fratello contro fratello”, fino a Galatea, rea di un amore disperato che ha tramutato il suo Aci in fiume, e Orfeo, il quale, dopo aver liberato Euridice, la respinge perché legato al suo ricordo. Tali figure, che si convogliano nel personaggio finale di Ulisse, sono decadute per il non aver tentato di lottare, ma per essersi abbandonate al loro tragico destino. In questo cammino di dolore, la morte si rivela, dunque, come la loro unica certezza. Così Ulisse, nella sua instancabile volontà di oltrepassare i confini umani, si lascia afferrare l’anima dal canto delle Sirene e cade in un “etterno dolore”, che la bella Penelope non potrà colmare.

All’interno dello spettacolo, nella sapiente commistione tra letteratura classica e moderna (da Omero, Eschilo, Sofocle, Apollonio Rodio, Teocrito, Seneca, Ovidio a Wilde; Kavafis, Kafka, Tomasi Di Lampedusa, Ungaretti, Pessoa, Pavese, Porta, Calcagno, Merini, Goethe, Swinburne, Ritsos), Penelope è la portavoce del viaggio terrestre, dell’attraversamento delle tribolazioni umane, della saggezza e della perseveranza di chi è conscio del dolore. Le passioni crudeli, gli affanni e le gioie costellano l’anima, che si riflette negli occhi ancora vivi e lucenti che piano si spengono nel passaggio alla morte. Come ben viene evidenziato nella ripresa della lirica di Pavese “Verrà la morte e avrà i tuoi occhi”, lo sguardo della morte gelido e fulmineo si rivela l’ultimo sguardo umano che porta alla pietrificazione dell’anima e la fa irrompere nel suo Inferno.

Complessità, coralità e varietà di toni rendono “Erebo” uno spettacolo attuale, capace di mostrare le ambiguità del femminile e del maschile, del divino e dell’umano, del politico e del familiare, insieme al costante riferimento dell’unico elemento valido di senso per l’uomo: la sua finitezza.

Come commenta il direttore artistico, nonché autore di “Erebo”, Auretta Sterrantino “dall’insieme del lavoro di sicuro trasparirà in filigrana un profondo senso di decadenza e l’impressione che in fondo siamo quasi impotenti di fronte a questo: mi sembra un sentimento di estrema attualità. Un sentimento da riportare a galla, da scavare, da percorrere, per poterne riemergere. Per questo il senso è spezzare l’attesa, imparare ad andare incontro alle cose rompendo l’immobilismo che ci imprigiona, anche se l’esito può essere negativo. Tentare ”.

In scena, insieme a Loredana Bruno, gli attori Livio Bisignano, Alessio Bonaffini, Oreste De Pasquale e Giada Vadalà, che hanno dato corpo, voce e anima ad uno spettacolo di grande intensità, in cui il canto, la luce, la carne, la parola diventano performanti e perforanti sul pubblico.

Il prossimo appuntamento per “Atto Unico” sarà giorno 21 dicembre, alle ore 18 ed in replica alle ore 21, con “Fabio Cinti in concerto. Tutto t’orna”, prodotto da Mescal, presso la Chiesa di Santa Maria Alemanna.

 

(Clarissa Comunale)

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