Alle porte del Natale: ritratti della Sicilia Gastronomica

Esattamente un anno fa avevamo sperato che mangiare più lenticchie col cotechino a capodanno potesse essere di buon augurio per noi e per i nostri portafogli. Secondo i dettami della tradizione, infatti, consumare le lenticchie alla mezzanotte del 31 dicembre sarebbe auspicale per i guadagni. Ahi, ahi, ahi, non ci siamo, evidentemente non tutti si sono applicati! Ma il buon siciliano non cede e ricomincerà anche quest’anno a preparare con dovizia il menù tradizionale.

Il Natale isolano è un momento di incontro e raccolta. I parenti lontani fanno ritorno a casa base, gli anziani della famiglia mettono da parte le banconote da distribuire ai nipoti, gli adulti predispongono tutto quanto necessario per affrontare una durissima maratona alimentare che durerà per quindici giorni.

Benché la stessa Vigilia di Natale si possa considerare impegnativa, lo start vero e proprio di questa corsa ad ostacoli è segnato dal pranzo del 25 dicembre. Da allora in poi il siciliano tipo cercherà di sopravvivere sino al 6 gennaio, muovendosi con destrezza tra fritture, pasta super condita, “scacci”, torroni, cannoli (perché non devono mancare mai), concedendosi delle aperture di stampo filo- settentrionale come il panettone e lo zampone.

In Sicilia ritrovarsi a tavola durante le feste non è un’opzione, ma un dovere morale. Accantonato il pensiero della bilancia, perché la dieta inizia sempre il primo lunedì dopo le feste, lo sport più estremo in cui vogliamo cimentarci consiste nell’esercitare una pressione adeguata sullo schiaccianoci, che ci consenta di tirare fuori dal guscio il gheriglio intatto.

Se questa è la tendenza comune, ogni città ha poi le proprie peculiarità. La tradizione, sporcata dalla modernità ma su di essa inevitabilmente vincente, vorrebbe sulla tavola messinese piatti super iper gustosi: baccalà impanato e fritto, crespelle fritte con uvetta passa e “rummuliate” in abbondante zucchero granulare, frittelle di cavolfiore. Lì dove possibile non si rinuncia al trittico affumicato e al salmone condito al piatto con limone, olio e prezzemolo, oppure adagiato su crostini di pane precedentemente coperti di un sottile strato di burro. Non ci soffermiamo sulla pasta, buona in ogni occasione, aperta ad ogni possibilità di condimento, indissolubilmente legata al DNA dell’italiano, declinata nel messinese in maccheroni e “pasta ‘ncaciata”.

Dopo aver tanto sofferto, arriviamo ai dolci e alla frutta secca a favore dei quali si rinuncia alla frutta fresca che gode, al più, di attenzioni brevi e sfuggenti. Pistacchi, noci, nocciole, castagne infornate, arachidi, accompagnati da datteri e fichi secchi. Sulla tavola natalizia del messinese troviamo ancora torroni bianchi, neri, al pistacchio, agli agrumi, morbidi, duri e chi più ne ha più ne metta. La stella di Natale con pasta di mandorla e cedro candito, la niputiddata a base di pastafrolla, con fichi secchi mandorle, canditi, cannella, cacao e vino cotto. Pandoro, panettone e una bella confezione di bicarbonato di sodio.

Attenzione però, che il digestivo non ha il solo scopo di favorire la digestione, ma di ripristinare condizioni ottimali che consentano di arrivare sani e salvi in fondo alle feste, senza mai allentare il ritmo. (LAURA MANTI)

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