Atto Unico: il debutto in “Controluce” dei trenta Esoscheletri, nella rilettura dei miti classici in chiave gotica

Assomiglia ad una casa degli spettri la sala che ieri ha messo in scena, presso il teatro Maria Annibale di Francia, “Controluce”, per il cartellone “Atto Unico”. Un mix tra musica, pittura e recitazione, grazie alla speciale collaborazione della “Casa delle candele di carta”, capeggiata da Vincenzo Quadarella, autore dei brani inediti eseguiti ed EsosTheatre di Sasà Neri, e della mostra allestita per l’occasione, con un dipinto della pittrice romana Solveig Cogliani.

I trenta ragazzi che animano il palco e la platea si presentano come ombre, anime dannate, che con lamenti, sguardi e movenze cercano di catturare l’attenzione del pubblico, che diventa in tutto e per tutto parte integrante delle scene. La loro ricerca di contatto continuo è la ricerca di una reazione, una provocazione che a primo sguardo certamente imbarazza, ma che, in fondo, rivela i limiti e le aperture dell’umano. Così, sull’orlo quasi di perdere il filo dello spettacolo, al pubblico non può calare l’attenzione. L’atmosfera gotica rende senz’altro l’evento un’esperienza unica per lo spettatore, che, sinceramente, al termine potrà esclamare di non aver mai visto niente di simile.

Su una scenografia di ritratti “senza-volto”, tratteggiate nel caos di oggetti dimenticati sparsi per la sala, i brani inediti della “Casa delle candele” descrivono il viaggio da intraprendere, un viaggio lontano nel tempo, fino ai grandi miti greci, dai racconti omerici alle tragedie classiche. Il progetto nasce, come dichiara Quadarella, come “rivisitazione dell’idea di Eroe. Mi sono divertito a ribaltare le idee comuni e ciò che la storia ci ha tramandato”. “Le navi degli Achei” è il brano di apertura: nessun punto di partenza né arrivo, ma navigazione in mare aperto, vagare incessante che si esplica nei movimenti degli Esoscheletri che si dimenano l’uno addosso all’altro quasi come un carrozzone circense stridente. Si giunge al racconto di una infelice Medea che tanto ha amato quanto odiato Giasone che paga lo scotto della colpa e dell’espiazione, marchiati sulla sua pelle, davanti ad un coro di analisti che tentano di curare la sua anima. Così il trauma si fa dramma: dalla nevrosi riproduttiva al nonsense della giustizia, fino all’idea di libertà che procura dolori atroci.

Ed un nuovo scenario si apre con “Nuove di alluminio”, a cui si ispira anche il dipinto di Solveig Cogliani, esposto per la prima volta per il debutto. Menelao e Paride dialogano sul desiderio di possesso su Elena, sull’immagine sensoriale che essa propina, in uno scambio di battute che diventa scontro. Solveig Cogliani racconta: “ho letto e ascoltato il brano ‘Nuvole d’alluminio’ a cui il dipinto è ispirato.  Tre i personaggi. Paradossalmente però Elena non esiste, è la proiezione dei desideri dei due uomini. Ecco perché i suoi colori si risolvono in una figura fatta di onde, navi da guerra e vortici, figura che si contrappone ad una spiaggia, che è una meta o una memoria. Mi sono ispirata alla classicità della tradizione pittorica (nudo di donna su drappo) per riprendere il riferimento classico del testo”. “Deianira” e “Andromaca”, riletture femminili capovolte, stabiliscono altre due prospettive di racconto delle relazioni, fino “La luna e i melograni” e “Ulisse non è tornato”, in cui il naufragio è la possibilità per ritrovare se stessi. Un canto che è un lamento, un grido, un reclamo, lo stesso di quello di “Prometeo”, che, incatenato su una rupe, è prigioniero per aver reso gli uomini liberi di conoscere e sperimentare la realtà. Dal dubbio, così, nasce la consapevolezza dell’incertezza umana e della propria caducità: “Ho imparato a non tradire le mie paure…non sono uomo, ma vorrei tanto imparare”.

Certamente lo spettacolo va migliorato: nei costumi, nella logica degli spazi, concedendo, forse, anche qualche pausa più lunga al pubblico per gustare meglio i testi, che, invece sono il fiore all’occhiello di “Controluce”. Tuttavia, l’imponente presenza scenica degli esoscheletri è giustificata da uno studio sulla fisicità e sul controllo del proprio corpo che è ammirevole, tanto da coinvolgere direttamente e continuamente lo spettatore nell’impresa attoriale, una tecnica che costituisce un unicum per la recitazione.

Come racconta Sasà Neri “ci siamo avvicinati a questo show con l’idea che sarebbe stato, come di fatto è, il primo spettacolo “esos” dopo l’addio ufficiale alle nostre performance più selvagge, che tanto ci hanno dato in questi anni ma che, ormai, non sentiamo più nostre. L’addio, diciamo così, alla strada. Ed è stato un “addio” che abbiamo dato dalle strade di Londra, dove, peraltro, ci hanno notato e ci hanno contattato manager di importanti teatri. La cifra drammaturgica di “Controluce” nasce da qui: scegliere di rappresentare le ombre dietro le cose, le linee nascoste e sconosciute che stanno dentro gli oggetti esposti a piena luce”.

“Controluce”, dopo il debutto a Messina, che ha riscosso anche la presenza tra il pubblico di una buona fetta di giovani, sarà in replica il 13 febbraio al Trifiletti di Milazzo, con il patrocinio del Comune, in matinée per le scuole e alle ore 21 in cartellone.

Prossimo appuntamento di “Atto Unico il debutto de “Il dubbio. Qui. Intorno” (Il Castello di Sancio Panza), domenica 15 febbraio 2015 nella Chiesa di Santa Maria Alemanna di Messina, in pomeridiana alle ore 18 e in serale alle ore 21.  Con la regia di Roberto Bonaventura, regista e pluripremiato produttore messinese, e le musiche originali del cantautore Fabio Cinti, per il quale hanno scritto Battiato e Panella, “Il dubbio. Qui. Intorno”, ispirato alla drammaturgia di Samuel Beckett, vede in scena l’attrice piemontese  Donatella Bartoli e l’attore messinese Alessio Bonaffini. Completano il cast Martina Morabito, aiuto regia, e Adriana Mangano, collaborazione scene e costumi.

(Clarissa Comunale).

 

Partecipa alla discussione. Commenta l'articolo su Messinaora.it