Grammy Awards, più protagonismo ai personaggi che alla musica

Non saranno più quelli di una volta, quelli dominati da Michael Jackson, Eric Clapton e Ray Charles che vantano 17 premi a testa, dagli U2, quelli veri, prima che Bono diventasse la copia di se stesso, o da Pat Methney, tanto per citarne alcuni.

Ma è altresì vero che in ogni caso i Grammy Awards, un tempo Gramophone Awards, rappresentano ancora uno dei premi più importanti degli Stati Uniti d’America “per i risultati conseguiti nel settore della musica” sentenzia Wikipedia; senza ovviamente far riferimento all’industria dell’immagine che via via si è creata dietro quei piccoli grammofoni d’oro, simbolo di vittoria al pari delle statuette negli Oscar.

Ed i “Grammy” andati in scena la scorsa notte allo Staples Center di Los Angeles sono in parte la sintesi di quello che rappresenta oggi il premio più ambito dalle principali star musicali del globo, ed il perchè storicamente alcuni musicisti abbiano ostentato, invece, una certa indifferenza per questo riconoscimento divenuto, pian piano, una passerella per “marchi viventi”, ovvero gli artisti stessi griffati dalla testa ai piedi, o semi nudi, per finire almeno un paio di ore in cima agli hashtag di Twitter. #madonnahailculodifuori, ad esempio, cosa realmente accaduta in questa edizione.

Ma cosa è successo quindi ? Analizzando esclusivamente le categorie principali, “Record Of The Year”, “Album Of The Year”, “Song Of The Year” e “Best New Artist”, notiamo come una giuria da sempre conservatrice anche quest’anno non ha stupito nelle scelte, tranne in un caso.

Successo annunciato quindi per il londinese Sam Smith che conquista in pratica le principali categorie portandosi a casa ben quattro premi, bene anche Pharrell Williams che, dopo aver spopolato lo scorso anno grazie ai Daft Punk e Get Lucky, questa volta si aggiudica da “solo” la categoria “Best Pop Solo Performance” con il tormentone della scorsa estate “Happy”.

Immancabili i premi per Beyoncè e il suo “amico” Jay Z, Best R&B Performance e Best R&B Song, mentre “il caso” di questa edizione, che fa ben sperare per il futuro, è la vittoria di Beck con l’album “Morning Phase”.

L’alfiere del rock lo-fi si aggiudica, infatti, nella sua Los Angeles, il premio più ambito, quello di “Album Of The Year”, battendo i favoritissimi “In The Lonely Hour” di Sam Smith (che novità!) e l’omonimo album di Beyoncè che aveva così tanta ispirazione da non trovare un titolo alla sua ultima “fatica” discografica.

Lo spettacolo è durato tre ore e mezza, uno show snobbato dalle reti televisive italiane ma che ha fatto registrare un record di collegamenti streaming.

Non sono mancate, ovviamente, le performance “live” con Kanye West che ha cantato senza il suo nuovo socio Paul McCartneyOnly One”, la vecchia tigre Jeff Lynne che ha riportato sul palco la magia dell’Electric Light Orchestra, con Ed Sheeran alla chitarra e, per concludere in bellezza, il momento più atteso, ovvero l’esibizione degli Ac/Dc con i loro cori da stadio e il ritorno del batterista Chris Slade.

Nel mezzo l’immancabile pubblicità ossessiva. Ed anche quest’anno i Grammy Awards vanno in archivio: tanto spettacolo, sicuramente tanta musica, poche novità. Alla prossima edizione.

Francesco Algeri (@fralgeri)

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