Francantonio Genovese e quei 10 milioni trasferiti a Monaco

Si spostano nel Principato di Monaco le indagini sul patrimonio occulto di Francantonio Genovese, il deputato del Pd arrestato nel maggio scorso per truffa, peculato e altri reati. A ricostruire la vicenda il giornalista Giovanni Bianconi sul Corriere della Sera:

Accertamenti condotti dalla Procura di Messina in collegamento con quella di Milano, perché al centro dell’inchiesta restano le polizze assicurative fittizie gestite da una società del gruppo bancario Credit Suisse, dietro le quali un migliaio di contribuenti italiani avrebbero nascosto circa 8 miliardi di euro. Uno di loro, inserito in un elenco di 351 persone già identificate, è l’onorevole Genovese, che attraverso quel sistema alvrebbe “assicurato” all’estero 16 milioni e 377.ooo euro nel solo 2005.

Ora però saltano fuori 1o milioni movimentati a partire dal 2013 su un conto corrente di Montecarlo, ed è per questo che i magistrati messinesi hanno avviato una rogatoria nel Principato, svelata ieri all’udienza davanti al tribunale della libertà. Da gennaio Genovese è di nuovo in carcere per decisione della Cassazione, e i suoi legali vorrebbero farlo tornare almeno al domiciliari.

Per motivare le esigenze cautelari, la Procura ha rivelato questa parte di una nuova indagine per riciclaggio, avviata a carico del deputato e di sua moglie, basata proprio sulla scoperta dei soldi all’estero. Tutto nasce da una recente segnalazione di operazione bancaria sospetta arrivata da Montecarlo, secondo la quale “fondi di importo consistente, per l’ammontare complessivo di 10 milioni di euro, sono stati trasferiti su un conto esistente presso un intermediario monegasco e intestato alla società panamense Palmarich Investments S.A., riconducibile a Genovese Francantonio e a sua moglie, Schirò Chiara”.

Così si legge nella rogatoria che ora è a disposizione degli avvocati difensori, i quali fra qualche giorno presenteranno le loro controdeduzioni. Quei soldi, secondo i controlli svolti finora, arriverebbero dal Credit Suisse e sono legati all’incasso di una delle polizze finte accese alle Bermuda, che per l’Agenzia delle entrate servivano a celare i patrimoni al fisco. Ma a differenza della polizza del 2005, questa non era intestata a Genovese né a sua moglie. Un indizio – secondo i pm coordinati dai procuratori aggiunti di Milano Francesco Greco e di Messina Sebastiano Ardita – che porta a ipotizzare l’uso di prestanome da parte di altri personaggi.

In ogni caso, dalla Svizzera e dietro lo schermo delle polizze bermudesi, i 1o milioni sono finiti a Monaco, a disposizione di una società panamense. Le indagini nel Principato hanno consentito di collegare la Palmarich all’onorevole Genovese, contattato per dare una spiegazione dell’operazione sospetta. “Allo scopo di ostacolare l’identificazione della probabile provenienza delittuosa del denaro – riassume la rogatoria – Genovese e Schirò Chiara avrebbero giustificato questi accrediti affermando trattarsi di fondi provenienti da una eredità a seguito deÌla morte del padre, Luigi Genovese”. Tuttavia, Luigi Genovese, senatore democristiano tra il 1972 e il 1994, “da accertamenti compiuti risulta tuttora in vita”. Per l’avvocato Nino Favazzo, difensore dell’onorevole Francantonio, i soldi arrivati a Monaco non sono altro che parte di quelli già segnalati dall’Agenzia delle entrate, “vicenda di carattere fiscale che è già in via di definizione”.

Nessuna provenienza illecita, quindi e nessun riciclaggio. Ma l’accusa resta e insiste: “L’attività di riciclaggio internazionale da parte del Genovese risulta ipotizzabile anche alla luce di taluni fatti emersi in occasione di viaggi all’estero da costui effettuati”, hanno scritto nella richiesta di assistenza giudiziaria il procuratore aggiunto Ardita e i sostituti Fabrizio Monaco e Antonio Carchietti. In particolare, nel luglio 2004 – quando era deputato regionale in attesa di diventare sindaco di Messina, già entrato nella direzione della Margherita nella lunga transumanza che l’ha portato dalla Dc al Pd passaldo da Cdu. Udr e Ppi – fu fermato alla frontiera svizzera con tre assegni, senza data, “di importo consistente”. E a fine febbraio 2013, eletto deputato per la seconda volta, venne controllato dalla Guardia di Finanza, a Chiasso mentre rientrava in Italia dalla Svizzera, con 5.5oo euro in contanti.

L’inchiesta per riciclaggio si aggiunge a quella sfociata nel processo, flssato a breve, in cui Genovese è imputato di aver intascato finanziamenti pubblici attraverso il sistema degli enti per la formazione professionale, e anche in quel caso il deputato – per l’accusa – ha usato diverse società riconducibili a lui che erano scatole vuote per far transitare i soldi. Come la società panamense con il conto a Montecarlo, sospettano gli inquirenti. L’indagine della Procura di Milano prosegue per venire a capo del presunto imbroglio delle polizze assicurative gestite dalla società del gruppo Credit Suisse per nascondere i capitali all’estero: quella sullo Stretto per capire se il patrimonio accumulato da Genovese e occultato tra Svizzera, Bermuda e Montecarlo, sia di provenienza lecita e nascosto solo per evadere il fisco, oppue se sono soldi non solo suoi, arrivati da chissà dove. Magari da altri reati.

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