Via Matris: Madre-Figlio “voce che dà voce a tutte le voci”, intorno alla “Pietà” di Francesco Blundo

In occasione della visita delle reliquie del Beato Don Pino Puglisi che saranno ospitate fino al 22 marzo al Santuario di Lourdes, lo scorso 15 marzo si è tenuta la “cantata” a due voci, “Via Matris”, di e con Gabriele Blundo Canto con Mariapia Rizzo, incontro meditativo intorno a un quadro di Francesco Blundo, Pietà, che ritrae una madre con suo figlio.

Dalle parole al canto, al lamento fino al silenzio: quindici stazioni, che racchiudono un cammino in cui Madre e Figlio sono stretti simbioticamente, legati dalla terra e dal sangue che li incornicia. Nel testo di Gabriele Blundo Canto, che risente dell’eco di passi evangelici, emerge il racconto delle Madri che non hanno voce, segnate dal dolore, costrette, apolidi. Sono donne che hanno serbato nel loro grembo la vita, quella stessa vita che è destinata ad allontanarsi e a provocare il lutto della distanza. Così prende forma il quadro di Francesco Blundo, che ritrae due sagome in piedi, ridotte al nulla, in una cornice di terra e sangue. Sono figure mute e sorde, con gli occhi chiusi. Le mani della Madre cingono il viso del Figlio, sono mani che tendono ad una protezione non fino in fondo garantita, come emerge dal fatto che le dita sono appena accennate. Quelle mani sono l’unico abito del Figlio, sono ciò che lo veste e lo nutre, sono ciò da cui il Figlio sarà pronto a fuggire.

Nelle donne non solo c’è il mistero della vita, ma anche del viscerale attaccamento al Figlio, amore fecondo che è riconosciuto come puro, dono gratuito, incondizionato. Il peso del corpo del Figlio svanisce nella braccia della Madre, che lo accoglie sul proprio corpo, di cui dispone per rendere l’amore al Figlio. Nel testo di Gabriele Blundo Canto,  particolarmente evocativo e denso, sapientemente intrecciato con gli interventi cantati da Mariapia Rizzo, si ripensa una nuova voce, una Parola che, rinascendo dalla terra e dal sangue, non sappia morire e possa parlare senza la gola ferita, “voce che dà voce a tutte le voci”, origine, partenza, roccia infrangibile quella che rappresenta la donna quale feconda Madre dell’esistenza. Così l’indicibile che spezza il fiato e rende afoni, quel mutismo esempio di dolore, diventa dicibile soltanto nell’attimo dell’amore.

Il quadro, realizzato nel 1972, è stato esposto per la prima volta al pubblico ed è legato, come ha spiegato lo stesso autore Francesco Blundo con grande commozione, a degli eventi della sua vita di personale che lo hanno ispirato.

Sull’attività artistica di Francesco Blundo negli anni ’70, Lucio Barbera ha sottolineato “quell’aria vagamente metafisica, quella immobilità pensosa che sembra circondare la forma geometrica sì da conferirgli quasi un respiro. Perché il dialogo cominci è necessaria però una serena e cosciente attenzione”, mentre per Katia Lupò nell’opera Pietà “si coglie quel profondo senso di umanità unito ad un ventaglio di sensazioni ed emozioni che da sempre l’artista è riuscito a trasmettere a chiunque abbia saputo vedere”.

Mariapia Rizzo lavora in teatro dal 1994. Collabora da molti anni con le realtà teatrali argentine. Si occupa di scrittura teatrale ed ha curato tutte le supervisioni drammaturgiche delle produzione del Teatro dei Naviganti.

Grabiele Blundo Canto è insegnante di filosofia e storia nei licei. Ha collaborato con numerosi artisti (Katia Lupò, Concetta Di Pasquale, David Carfì, Carmelo Pugliatti, Mirella Migliorato). Ha realizzato libri d’artista tra cui recentemente Notturno, plaquette con chine acquerellate del padre Francesco Blundo, alla cui opera è ispirata Via Matris che presenta per la prima volta in omaggio a Don Pino Puglisi.

Francesco Blundo vive e opera a Messina ed è stato professore di fisica.

(Clarissa Comunale)

 

Partecipa alla discussione. Commenta l'articolo su Messinaora.it