Laudamo in città/Nel paese dei balocchi: la consapevolezza dell’”Inganno” all’insegna del “conosci te stesso”

Un’altra stanza, un altro debutto e altri occhi per leggere il “Pinocchio” di Collodi. Nonostante la becera superstizione vuole che la data del venerdì 17 porti male, ieri la prima di “Inganno” si è rivelata un altro successo e un altro sold out.

Il laboratorio della Daf “Nel paese dei Balocchi”, inserito all’interno del cartellone della Laudamo, curato da Angelo Campolo e Annibale Pavone, con l’organizzazione del presidente Giuseppe Ministeri, per la terza stanza ha visto la regia di Paride Acacia, con coreografie di Sarah Lanza e musiche di Massimo Pino.

Una vera baraonda entra sulla scena, sul palco della vita, animato da 31 ribelli, ingannatori, ciarlatani, ladroni e ricattatori. Danno il benvenuto alla loro giostra con note graffianti, riff energici, stelle del rock nel tentativo di imporre nuovi comandamenti. È così che si affaccia la critica sociale dell’alternativa essere e apparire: Pinocchio non è un uomo, è solo un pezzo di legno, un burattino nelle mani del suo padrone, senza esperienza, un’incosciente, un non-fanciullo. Il suo istinto si è forgiato nell’aspirazione della ricerca del “Bene”, con la speranza di risolvere i sentimenti in lui ambivalenti: inconscio e manifesto. Chi è Pinocchio? Sotto quale carattere trova la sua identità?

È un viaggio iniziatico “Inganno”, che parla attraverso il linguaggio psicanalitico freudiano e junghiano, oltre ad un linguaggio esistenziale di stampo filosofico che si tramuta in accusa sociale e critica contemporanea. Collodi inganna i suoi lettori, lo fa nel momento in cui nell’incipit tenta di raccontare una favola classica, con personaggi tradizionali. Stravolge i canoni, rovescia il canovaccio e assegna a Pinocchio il ruolo di personaggio impuro, bugiardo, crudele ed egoista, mosso unicamente dalla sua libido, dalle sue pulsioni che, edipicamente e, dunque, inconsciamente, lo spingono ad allontanarsi dal padre e proclamare la sua indipendenza, libero da indottrinamenti, profano.

La ricerca di sé, quella ricerca che affonda le sue radici nel detto delfico “Conosci te stesso”, attraversa la storia: dalla spinta dionisiaca, folle e irrefrenabile che lotta contro quella apollinea dell’armonia e dell’equilibrio, alla catarsi tragica, fino al demone socratico, si giunge (in)consapevolmente alla strada sbagliata, al paese dei balocchi, quel mondo al contrario, regolato dalla falsità e dalla disobbedienza, caratteri che diventano reali in corpi, voci e note.

E se la nostra anima per intraprendere la strada maestra deve imboccare per prima la via dell’esperienza, i rischi che si corrono non sono pochi: si potrebbe finire nella mani di un padre architetto, come Mangiafuoco, burattinaio esperto, che inganna gli uomini conferendogli privilegi illusori: è il gioco della massoneria e della corruzione, dell’aristocrazia, dei riti di iniziazione, di simbologie alchemiche e religiose che governano uno stato di inconscio collettivo, inconsapevolezza allargata a macchia d’olio che ci riduce a bestie da circo, somari ignari di esserlo, dalle orecchie lunghe incapaci di sentire e captare l’errore. Ed è anche l’inconscio che l’homo oeconomicus ha pienamente sfruttato: così appaiono il Gatto e la Volpe, come due banchieri, usurai, millantatori di moltiplicazione di capitali per soddisfare i bisogni altrui, le pulsioni materialiste, oggetto di facile speculazione. In un mondo altamente controllato dall’economia non esiste il bene comune, la gratuità, ma il godimento del possesso, un godimento che non si frena e che, ingordo, si accaparra tutto quello che trova, piegato dall’umiliazione di chi si vanta di avere di più e incurante della povertà del prossimo.

Pinocchio è un dormiente, alla maniera eraclitea, ovvero incosciente dell’essenza della realtà, rinchiuso dentro l’inganno che lo imprigiona, una prigione che lo potrebbe spingere alla nevrosi, addirittura all’infertilità, qualora non scegliesse di seguire le leggi di “madre Natura” che prevendono il rapportarsi a chi è diverso da lui. L’amore, così, viene ridotto perfino a ricatto sentimentale, a richiamo alla parte sessuale contraria alla nostra, a rapporto fisico, a finalità procreativa, alternative esclusive inopinabili.

Nell’inganno entrano in gioco anche le ribellioni, come quelle studentesche, che sfociano in rabbia e desiderio di seguire, nietzschanamente, una sola volontà di potenza: l’onnipotenza, che si traduce in violenza, squadrismo, bullismo e miscredenza. Il paese dei balocchi è, allora, quel rifugio sicuro dalla quotidianità lercia, che non offre futuro, è quel luogo paradisiaco la cui chiave d’accesso è alla portata di mano. Alcool e droghe sono quella chiave, che, illusoriamente, fanno credere reale l’onnipotenza vantata, una onnipotenza che si trasforma immediatamente in primitività, subconscio, bestialità.

Il burattino di legno, Pinocchio, legato ai fili che lo muovono è l’esatta immagine dell’uomo legato alle sue illusioni, quegli inganni che ogni giorno gli fanno sembrare la vita facile. Semplice rimozione è l’operazione adoperata, incasellamento consapevole, oblio ragionato, che, però, improvvisamente fa riemergere i nostri lati più reconditi, come accade nell’episodio del ventre della balena: quel lato sconosciuto e a noi straniero ad un certo punto si rivela, come si è rivelato a Pinocchio davanti alla paura di veder morire il proprio padre, nonostante lui stesso avesse rischiato la morte per ben sette volte, il burattino si ribella a quel ventre e tenta di tenere la sua bocca aperta, pronto a poter scappare, pronto a poter trovare se stesso. La sua identità è la ricerca della nostra, l’esperienza che insegna, l’impossibilità di essere bravi ragazzi, la conservazione di una parte vegetale, indici del fatto che esiste l’inganno, un appannaggio a ciò che si considera vero, ma che è strumento anche di maturazione e consapevolezza di poter scegliere la propria strada.

Ironia e sapienza, sarcasmo e riflessione, forte impronta musical, aiutata da perle del rock. L’operazione di Acacia, con i suoi 31 ingannatori, è riuscita pienamente, espressa anche dai continui applausi del pubblico e continuerà a regalare emozioni fino al 26 aprile sempre alle ore 21, tranne per i giorni di giovedì e domenica che seguirà l’orario delle 17,30.

Estremamente entusiasta del lavoro svolto anche il presidente Daf Giuseppe Ministeri che così commenta il debutto: “Incredibile, fantastico, davvero straordinario il lavoro svolto dal gruppo di ragazzi del nostro laboratorio stavolta sotto la guida di Paride Acacia. Un’atmosfera di festa davvero magica quella che Paride ha saputo creare cogliendo in pieno lo spirito di Laudamo in Città. Siamo dunque grati a Paride che in poche settimane ha condotto un lavoro eccellente, con un gruppo – sempre più numeroso, sono 31 in scena – che si conferma la vera forza del nostro progetto, capace ogni volta di cambiare, mutare, trasformarsi assecondando le caratteristiche e le peculiarità di chi lo guida. Un ringraziamento e un plauso da parte nostra va anche a tutte le persone che a vario titolo hanno contribuito alla messa in scena, ed in questo senso voglio menzionare Sarah Lanza, preziosa e instancabile professionista con la quale speriamo di continuare a collaborare. Il sold out della prima ci fa ben sperare per le recite che fino al 26 di aprile vi saranno, e sopratutto per quell’obiettivo dei 10000 spettatori alla Laudamo che rappresenterebbe un record assoluto in termini di presenze e partecipazione. Nel frattempo, stiamo lavorando sia a un progetto estivo in continuità con quanto fatto in questi mesi, ma anche a Laudamo in Città 15/16.”

Lo spettacolo è recitato da: Patrizia Ajello, Mario Aversa, Francesca Baudo, Noemi Bevacqua, Nunzio Bruno, Roberta Catanese, Aurora Ceratti, Roberta Costanzo, Carmelo Crisafulli, Gabriele Crisafulli, Antonella De Francesco, Adele Di Bella, Bruno Di Sarcina, Alessandro Fazio, Gabriele Furnari Falanga, Laura Giannone, Francesco Grasso, Marco Mondì, Lelio Naccari, Massimo Pino, Rosario Popolo, Sara Quartarone, Nicole Rossitto, Alessandro Santoro, Gianluca Sciliberto, Serena Sicilia, Giada Tarantello, Damiano Venuto, Antonio Vitarelli e Gabriella La Fauci.

(Clarissa Comunale)

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