“Linee d’ombra”, un viaggio catartico verso una ridefinizione dell’identità

Un campo, uno spazio quadrato, quattro angoli, quattro identità da definire. Nello spettacolo di danza di Sarah Lanza e Laura Licciardello, Linee d’ombra, andato in scena ieri presso il teatro Vittorio Emanuele, al centro si pone la quaestio sulla scoperta dell’identità. Insieme alle danzatrici Giuliana Cocuzza e Simona Fichera, le quattro personalità che si fronteggiano sul campo si cercano e si allontanano, mosse dai loro desideri si ritrovano in una realtà ristretta e ferrea. I loro movimenti creano la prospettiva giusta, tanto che, se lo spazio è rigidamente descritto, lo scambio che si crea tra le quattro danzatrici è di conflitto ed insieme di intesa, uno scambio che matura intersoggettivamente, uno scambio che sta alla base delle regole sociali. Appaiono come marionette, legate una all’altra da fili che condizionano i movimenti passivamente e attivamente, rappresentando gli schemi che caratterizzano la nuova era: la globalizzazione, la vittoria dell’omologazione. Dall’idea così di “gregge” prende forma la descrizione di una realtà diametralmente opposta, ma esattamente corrispondente a questa, ovvero quella individualista: esibizionismo, egoismo, violenza, vizio, protagonismo tecnologico (espresso dai movimenti che simulano i selfie) conducono l’essere umano incontro a nuovi schiavismi, a trappole che producono le più gravi conseguenze: solitudine, follia, emarginazione.

La linea d’ombra è la linea di confine in cui si determina il passaggio da ciò che siamo a ciò che sembriamo essere, è il confinamento che incita a ricercare il vero sé, quando cade la maschera. È l’equilibrio ciò a cui tendono le quattro danzatrici, che man mano si svestono dai loro apparati ontologici costruiti ad hoc per soddisfare la società, si muovono in maniera sempre più leggiadra ed eterea; ed è, infatti, nel momento in cui le protagoniste rimangono in bilico sulle cornici che inchiodavano le loro personalità alle meschinità terrene, che creano una nuova dimensione, più elevata, pura e, quasi contemplativa e trascendente.

In questa atmosfera, però, appare chiaro un messaggio. Sotto le note di Non insegnate ai bambini di Giorgio Gaber la morale è facile da dedurre: non le illusorie vanità, la falsità e la rigida morale, ma la magia della vita, lo stupore e la naturalezza della bellezza sono i valori da perseguire e donare anche ai nuovi al mondo. Linee d’ombra si annuncia, così, come un viaggio catartico, che non ha la presunzione di trovare la soluzione alla ricerca dell’essere dell’uomo, ma problematizza la questione allargandola anche all’ambito etico-sociale. La danza, in questo caso, supera il suo linguaggio meramente corporeo e lancia messaggi in maniera chiara, divenendo espressione, dunque, che cattura immediatamente il pubblico, che, a fine serata, ha accennato una standing ovation, seguita da un crescendo di applausi.

Lo spettacolo è realizzato dalla “Vibrazioni Dance Company” diretta da Sarah Lanza. Il disegno luci è curato da Renzo Di Chio, scenografia di Giulia Drogo e fotografia di Gianmarco Vetrano.

(Clarissa Comunale)

 

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