Il ministro rilancia il Ponte e l’autostrada frana. Per conquistare la Sicilia basta la normalità

La Sicilia frana, si spezza, si divide, si scioglie, insomma è distrutta sotto le macerie che non sono solo quelle di uno smottamento vero e proprio ma di anni e anni di valanghe morali, economiche, affariste e chi più ne ha più ne metta. Ovviamente, di queste ore è il “io dico la mia, tu dici la tua” circa i fatti occorsi sulla A18.

Non mancano le solite tirate d’orecchie a Rosario Crocetta da parte dell’aminemico Davide Faraone. Il sottosegretario siciliano intima al Governatore di “cacciare i responsabili” . Ma più che una forma di giustizialismo social pop, sembra un invito ad aprire la caccia alle streghe, buono solo a racimolare qualche like su Facebook perché, si sa, il gioco dello scarica barile, in generale, agli italiani riesce bene ma i siciliani, che condiscono il tutto con il vittimismo dei figliastri abbandonati, non li batte nessuno. E a tirar fuori la questione meridionale non ci vuole niente: noi bistrattati, noi depauperati delle nostre ricchezze, noi trascurati da Roma e abbandonati alla mercè del brigantaggio. Sì insomma storie trite e ritrite che puzzano di post borbonico ma che, sai com’è, non fa mai male ritirare fuori dal cilindro all’occorrenza. Poco importa se poi la nostra è una regione a statuto speciale, se in decenni di governi palermitani siamo riusciti a non vedere e non sentire quanti illeciti e ruberie sono stati perpetrati perché, in cambio di un posto fisso o un appaltino, abbiamo saputo fare le scimmiette. E oggi non è molto diverso da ieri. Dentro le gallerie delle autostrade della Sicilia orientale piove letteralmente; il manto stradale è pieno di buchi e venature profonde; ci sono corsie sulla A20 adibite a giardinetto con tanto di vegetazione spontanea che spunta qui e lì. E noi? Noi ci lamentiamo durante le lunghe file incolonnati sulla tangenziale, urliamo contro i politici corrotti e i mangiafranchi (che sono più figure mitologiche ormai che non individui con un nome e un cognome) mentre percorriamo interminabili -e interminati –  tratti che sono ad unica corsia da anni e, ovviamente, sbuffiamo quando al casello dobbiamo pagare il pedaggio (che comunque versiamo regolarmente, finanche in assenza di servizio decente).

Il tutto, nell’attesa che al tg parlino dell‘incidente mortale che ha interessato una famiglia,o degli adolescenti, forse dei bambini, e allora il cordoglio della comunità e della classe politica è da copione. “Tutti stretti in un solo abbraccio”. “Vicini ai congiunti”. “Una tragedia che si poteva evitare”. “Vogliamo i responsabili!”. “Questa situazione non è più accettabile”. Commenti talmente stracotti che già oggi possiamo mettere in bocca ai vari leader e dirigenti dei partiti che, per una vita, su questi disservizi hanno costruito il loro consenso. Del resto, pur senza voce spezzata e lucciconi agli occhi, le dichiarazioni pubbliche di queste ore di alcuni non sono poi così diverse.

E, ironia della sorte, il disastro capita all’indomani (figurato) dell’annuncio del ministro dell’Interno che è tornato fieramente a parlare di Ponte sullo Stretto. Povero Angelino, ti ha detto male! Ma stai tranquillo non serve promettere la “nuova meraviglia”.

Ai siciliani non servono più le sparate di chi gareggia a chi le dice più grosse, con molto meno vinci le elezioni. Basta che nel programma delle prossime regionali scrivi semplicemente: “vi daremo un posto normale in cui vivere, garantendovi quei servizi che già oggi pagate e che pagate come fossero eccellenti”.

(@Eleonora.Urzì)

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