‪#‎8marzo‬ 1946 – La donna che ha inventato la mimosa

Siamo a Roma, via Giustiniani 5, sede dell’Unione Donne Italiane, l’organizzazione femminile del Partito Comunista. E’ il 1946, un giorno di febbraio e bisogna organizzare la Festa dell’8 marzo: è importante, è la prima dopo la fine della guerra.
Ci sono un mucchio di cose da fare e, compagne, qui siamo già in ritardo. Presiede la compagna Rita Montagnana. Dice che ci vuole un fiore a simboleggiare la Festa. Un emblema, un fiore da regalare, che faccia allegria, gentilezza. Un fiore che lo dica lui: questa è la Festa della donna.
Rita Montagnana ha frequentato la Scuola Leninista Internazionale di Mosca e sa il valore dei simboli: negli anni bui del fascismo era un segno di sfida mettersi all’occhiello della giacca, il primo maggio, un garofano rosso. E nella Parigi del Fronte Popolare, sempre il primo maggio, si distribuivano piccoli mazzi di mughetti. Quindi compagne, conclude la compagna Rita, idee, subito, per un bel fiore che assurga a nostro simbolo. Quale potrebbe essere? Dibattito, proposte.
Qualcuna ricorda che il compagno Luigi Longo, vice Segretario del Partito Comunista, ha proposto di regalare per l’otto marzo un violetta a tutte le compagne. La violetta, dice chi ha sentito la mozione Longo, non è un fiore scelto a caso. La violetta è fiore con una lunga tradizione nella sinistra. Potrebbe dunque essere la violetta? Mah? Chissà? Perché no. “No”, dice la compagna Montagnana. Perplessità di alcune compagne. Una proposta che viene dal compagno Longo, vice segretario, non è mai facile da rimbalzare. Perché un vice segretario è sempre un vice segretario. Ma Rita se ne frega.
Non stiamo qui a cercare di capire se, essendo lei anche la moglie di Palmiro Togliatti, il Segretario del Partito, è un po’ agevolata nel farlo. Siamo sicuri che lo avrebbe fatto comunque. Per com’è e fatta lei e per la sua storia. E proprio per questo Rita Montagnana parte dal concreto.
Pensiamoci compagne, dice, la violetta è difficile da trovare, la violetta è costosa, la violetta va bene a Parigi, non in un paese come il nostro. Siamo appena uscite dalla guerra, siamo poveri. Qui la vita è durissima e quella delle donne di più. Ve la ricordate, piace pensare dica alle ragazze dell’UDI che devono liberare le donne e stanno pensando ai fiori, ve la ricordate la compagna delegata di Centuripe, in Sicilia? Quella che è venuta al nostro congresso di Firenze, ottobre 1945, neanche cinque mesi fa, ed è entrata nel salone scalza perché non aveva i soldi per un paio di scarpe. E si è messa le prime scarpe della sua vita quando gliele hanno comperate le compagne con una colletta. Ve la ricordate quella donna? Si? Ecco, chi glielo dice alla compagna delegata di Centuripe che ora dovrà andarsi a comperare una violetta, perché è quello il fiore simbolo della sua festa?
Io, no! Silenzio. Silenzio di partecipazione. Quindi violetta no. Rosa idem, sa di lusso borghese. Narcisi? Mah. Orchidee, un’idea delle donne socialiste? Orchidee?! Ma per
piacere. Poi a Rita Montagnana, che è nata a Torino, ha vissuto esule a Parigi, in Svizzera, in Spagna, in un albergo per comunisti pieno di topi a Mosca ed ora sta a Roma, viene in mente quel giallo che si vede spuntare, prima di altri fiori, nei giardini della città. E ancor di più nelle campagne dei Castelli. Rita si guarda sempre intorno e l’ha vista. E’ lei, è la mimosa. Profumo intenso e delicato, un’apparenza fragile, pare destinata a sbriciolarsi, ma invece resiste a ogni sballottolamento. Che è importante per un fiore da corteo, sventolato per salutare le compagne e agitato ridendo sotto il naso del mondo. E poi, se ce lo vuoi vedere, nella capacità della mimosa di attecchire anche nei terreni aridi c’è racchiusa la volontà delle donne di raggiungere… eccetera eccetera. Ma poi, e qui torna la concretezza organizzativa della compagna Montagnana, la mimosa fiorisce ai primi di marzo, in perfetta tempistica con la Festa ed è abbondantemente. Quindi la si può avere gratis o quasi.
Allora mimosa? Si vota, c’è l’unanimità. Il fiore dell’8 marzo sarà la mimosa.
( Massimo Cirri – Da “Un’altra parte del mondo”, in uscita il 5 maggio per Feltrinelli)

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