Referendum Costituzionale: una partita Renzicentrica. L’endorsement di Picciolo

Renziani di tutto il mondo, unitevi: è un referendum ad personam quello costituzionale, e lo è perché il Presidente del Consiglio lo ha letteralmente personalizzato, identificando il successo del “sì” come un eventuale plauso alla sua politica, e del “no” come un fallimento. Ma occhio, perché il premier non usa mai davvero la parola fallimento: dice più semplicemente che è lui a non voler stare al timone di un’Italia che vuol rimanere statica e che quindi, se non dovesse passare la sua linea, farebbe un passo indietro. Dunque se il referendum passa è lui a vincere, se non passa è l’Italia a perdere. Ragionamento facile facile -quanto discutibile-.

Ma sarebbe un errore madornale dare a questa circostanza una connotazione squisitamente politica: si mettano da parte i preconcetti e si guardi al contenuto effettivo della proposta, al di là di chi sia il proponente. Attraverso le colonne del nostro giornale cercheremo, da qui ad ottobre, di far avere contezza chiara delle ragioni dell’una e dell’altra scuola di pensiero, dando spazio a chi ne vorrà avere ma, di certo, non tralasciando le verità di base, quelle che vanno oltre le opinioni e le personali chiavi di lettura.

E che si tratti di una situazione nella quale, pur di non entrare nel merito dei contenuti, si sta cercando di focalizzare l’attenzione sull’aut aut di Renzi è evidente, salvo poi dire che non è un voto pro o contro la sua governance: un nonsense di cui anche un idiota si accorgerebbe.

picciolo2Bè, la politica da sempre dice quel che le fa comodo, è cosa nota, ma non sempre è possibile sfottere i cittadini e farla franca. Andiamo dunque al sodo perché, in queste settimane di autenticazione delle firme e di amministrative in giro per l’Italia, si è già nel pieno del dibattito referendario. Una campagna elettorale che, come abbiamo visto, passa dalle piazze all’aula magna di qualche università -in un modo discutibile o con una chiave lecitamente volta ad accendere il confronto e la riflessione-. Nel merito della vicenda iniziano ad entrare i personaggi più interessati dalla vicinanza al Presidente del Consiglio, i capipopolo e gli aspiranti tali e, in questo insieme, Beppe Picciolo, che indubbiamente ambisce alla leadership del partito in Sicilia, non poteva esimersi dall’esprimere il proprio convinto sì al referendum, ora maledetto e subito, come dicevano i saggi.

Lo fa  a mezzo nota -per il momento-, senza enunciare un solo argomento –almeno per ora-, per cui inviti la gente a votare favorevolmente. Condanna i toni sempre più “da stadio”, il numero uno di Italia Futura che, seppur affermi che “questo inasprimento del dibattito fomenta le divisioni nel Paese e distoglie l’attenzione dal merito della riforma, dai suoi contenuti e da un’analisi consapevole dei risvolti che la stessa può avere sul futuro dell’Italia”, non si sofferma minimamente sui contenuti.

Le voci di chi prova ad argomentare le ragioni di una scelta o dell’altra vengono sovrastate dalle urla di chi invece preferisce sfruttare la tornata elettorale per provare a spodestare Renzi”, ecco allora adesso lui farà qualcosa di diverso e andrà oltre la semplice retorica, o almeno questo ci si aspetterebbe. E invece no.

Prosegue: “Tutto legittimo ma quanto costa al paese questa congiura contra personam? In Italia negli ultimi 70 anni si sono alternati 63 governi con 27 Presidenti del Consiglio, questo perché il sistema vigente fino adesso ha impedito davvero, ad ogni tornata elettorale, di stabilire vincitori e vinti, così come avviene invece nella maggior parte dei paesi d’Europa. Nel nostro Paese questo non avviene, ma con la riforma non esisterebbero più alibi. Chi vince può contare su una maggioranza stabile e non deve ricorrere ad accordi al ribasso con chi dovrebbe fare l’opposizione, ma soprattutto, chi vince, governa il paese per 5 anni”. Un mix, quello tra riforma elettorale e costituzionale, che può portare alla defaillance, almeno apparentemente. Perchè chi spinge affinchè le modifiche vengano attuate, sa bene come si tratti solo dell’ elemento di un binomio: Italicum e riforma costituzionale insieme possono davvero fare la differenza. Una differenza che per alcuni è il male assoluto nelle prospettive future del nostro Paese.

renziIngovernabilità: spauracchio tanto caro al Presidente del consiglio, che all’occorrenza lo tira fuori dal cilindro, quello che gli ha lasciato in eredità Berlusconi. Grosso modo, ha detto proprio questo nei giorni scorsi, il padrone del Partito Democratico, parlando alle platee su e giù per lo Stivale -certo, quando è arrivato “giù”, ha evitato di dire che la classe dirigente del Sud deve capire “che il futuro” dei loro territori “non dipende da un decreto ma dalla fame e dalla voglia di mettersi in gioco”. Non lo ha fatto no, altrimenti sai che pernacchie!-. A rischio c’è la governabilità del Paese. Qualcuno invece obietterebbe che a rischio c’è il pluralismo.

 Finalmente però anche dal movimento piccioliano esce fuori qualcosa in più della semplice retorica da nota stampa: spetta a Santi Calderone, coordinatore provinciale,  aggiungere quali siano i punti sui quali fare leva, a partire dall’eliminazione del bicameralismo perfetto che rende lente e farraginose le procedure legislative. Ma Picciolo ha ancora qualcosa da aggiungere e – clamoroso autogol – ripone ancora tutto sul piano strettamente politico: “E’ bene ricordare a tutti che le elezioni Politiche sono un’altra partita! Ad Ottobre si vota per il futuro del Paese: bisogna scegliere se lasciare tutto esattamente com’è, tralasciando, almeno per il momento, lo scenario che si paventa per il giorno successivo al voto, o se riformare il Paese. Noi siamo convinti che sia la volta buona e che l’Italia non si possa più permettere di attendere, scivolando sempre più in basso in tutte le classifiche mondiali, per questo ci impegneremo con dedizione e passione per diffondere tutte le ragioni del Sì, costituendo in Sicilia, partendo proprio da Messina, più comitati referendari provinciali per il nostro Movimento che avranno il precipuo compito di istruire i nostri militanti circa il valore della scelta da esprimere nella prossima consultazione e le benefiche conseguenze politiche per il futuro del nostro Paese”. Non stupisce affatto questa uscita da renziano perfetto, del numero uno dei parlamentari Pdr all’Ars,  attraverso cui fa passare il concetto che con il voto di ottobre si rivoluzionerà l’Italia.  Si tratta di una verità indiscutibile e assoluta ma non si può dire con altrettanta assoluta franchezza che questa rivoluzione sarà un bene.

E chi si aspetta che in un batter d’occhio verrà cancellata la questione meridionale che ci portiamo avanti da prima dell’Unità, che il rilancio del mezzogiorno sarà una scheggia e, in men che non si dica, ci ritroveremo cittadini di una Nazione evoluta e progressista, sogna. Chi lo garantisce sa bene di mentire. Dalla sera alla mattina non ci trasformeremo da sfig-italici, schiavi di burocrazia e classe dirigente in stile feudale, in avanguardisti svedesi 3.0. E tutto solo grazie ad un sì. Ecco. Propaganda a parte, le cose stanno diversamente e, in attesa di sapere dai nostri politici quali sono le loro considerazioni a riguardo -con argomenti e non solo filastrocche imparate a memoria- non ci resta che interpellare faldoni di analisi e ricercare esegesi di costituzionalisti in grado di dare davvero una visione tecnica di una questione che, a quanto pare, per la politica, è sempre e solo elettorale.

@EleonoraUrziMondo

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