#zittizitti – Quattro anni fa il magistrato finì a mare

di Gianfranco Pensavalli – Son passati quattro anni da quella notte in cui un alto magistrato messinese, oggi in pensione, si tuffò in mare in piena notte per sfuggire all’ira di un “pappa”. Zona operativa Maregrosso. Lo avrebbero salvato due carabinieri in perlustrazione in zona.

Le Istituzioni fecero a gara nel coprire la vicenda e, alla fine, certificarono che era un romeno 33enne e non un un vip. La stampa si accodò , con qualche rarissima eccezione. Quattro anni fa si sprofondò nel più ridicolo e offensivo dei fatti di giustizia silenziata. Neppure con il complicato caso dell’omicidio Bottari o con l’ergastolo comminato in Assise per porto d’armi si arrivò a tanto. Lʼunica certezza di quel tuffo in mare è che le carte relative al ricovero notturno allʼospedale Piemonte vennero fatte sparire. Come il foglio di trasferimento a mezzo 118 al nosocomio.

Ma le bocche cucite dei sanitari- chi operò, ad esempio- fecero lievitare  le ipotesi più pazze sul misterioso personaggio “pubblico” sorpreso da due aggressori, mentre era intento a consumare un rapporto sessuale con una rumena nello slargo antistante San Raineri, a Maregrosso. Lʼaggressione ebbe una svolta improvvisa: nonostante i suoi settantʼanni, il “cliente” della rumena, nudo come lʼha fatto mammete, scappò verso il mare e si tuffò , rincorso dai suoi aggressori, forse in accordo con la giovane prostituta dellʼest.

I fatti in un primo momento vennero tutti confermati dai carabinieri, intervenuti sul posto. Poi, quando la notizia finì  sulle agenzie e sui giornali, cominciò la corsa allʼidentità. E anche allʼetà. In un primo momento si era parlato di un focoso imprenditore settantenne. Poi venne corretto il tiro, forse  un giovane 33enne.

Ma la reticenza sul “caso” scottante della “personalità” sorpresa in dolce compagnia sotto la luna piena di Maregrosso, tra scrosciare di onde e fasci di luce di auto mimetizzate, alimentò il tam tam. E  indiscrezioni portarono  al Palazzo di Giustizia di Messina, superarono il primo grado di giudizio e si fermarono alla Corte di Appello. Con tanto di ferita al colpo e codice rosso.

Il questore del tempo era Gugliotta, il prefetto Alecci, il comandante provinciale dell’Arma Domizzi.

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