La morte di un messinese a Udine: infezione dopo un intervento

Era stato ricoverato alla Casa di cura Città di Udine per un intervento di rimozione della vescica malata, ma è morto dopo l’operazione a causa di un’infezione diagnosticata in ritardo. Questa la verità sostenuta dai familiari di Vincenzo Pulella, messinese da tempo trapiantato nel Nord Est, morto a 72 anni con shock settico provocato da una peritonite acuta. E se le loro istanze non hanno trovato accoglimento in sede penale, dove il procedimento a carico dei medici è stato archiviato dal Gip su istanza del pm Barbara Loffredo, di diverso esito è la perizia effettuata dal consulente tecnico Giuseppe Fortuni, il patologo che fece la perizia sul corpo di Marco Pantani, il cui responso apre la strada a un’azione risarcitoria.

La sorella Francesca, il fratello Alberto e il nipote Antonino, dopo la morte del congiunto, si sono affidati agli avvocati Gabriele ed Anna Agrizzi, in collaborazione con il dottor Alessandro Peretti, per avere giustizia.

Pulella, originario di Messina ma residente da lungo tempo in Friuli, fu operato il 27 febbraio del 2011 alla Casa di cura Città di Udine per l’asportazione e la ricostruzione della vescica, aggredita da un cancro. «Nessuno di loro, nè tantomeno lo stesso Vincenzo – sostengono gli avvocati Agrizzi – si aspettavano che in seguito all’intervento di rimozione della vescica per neoplasia il quadro clinico potesse degenerare in una peritonite settica, conducendo l’uomo a una morte prematura».

La procura, a suo tempo, aprì un fascicolo ma presentò istanza di archiviazione in seguito alla perizia del consulente tecnico secondo il quale «la peritonite acuta si era manifestata in maniera atipica e subdola, non consentendo ai medici della Casa di cura una diagnosi tempestiva tale da evitare lo shock settico che ha condotto alla morte il paziente».

Di diverso tenore la versione del professor Fortuni, incaricato dal giudice della sezione civile Gianfranco Pellizzoni.

«Sarebbe stato necessario, in considerazione della clinica e dell’anamnesi del paziente, procedere con maggior sollecitudine alle indagini radiologiche che avrebbero prima posto il sospetto, poi confermato la presenza di una deiscenza (la riapertura della ferita, ndr) . Il ritardo individuato è di circa un giorno e la prognosi relativa a questo tipo di azione chirurgica è strettamente collegata alla tempestività dell’intervento. Il reintervento si è svolto con tecnica adeguata ma non ha potuto arrestare l’evoluzione della patologia». Per i legali delle parti offese si tratta di un responso importante. La Casa di cura si riserva di commentare una volta presa visione degli accertamenti.

E proprio sul tema delle Infezioni correlate alle pratiche assistenziali il 28 aprile dalle 15 alla Camera di commercio ci sarà un convengo moderato dall’avvocato Anna Agrizzi cui parteciperanno il consigliere della Corte di cassazione Domenico Chidemi, l’infettivologo Matteo Bassetti, il dottor Vincenzo De Leo e l’avvocato Gabriele Agrizzi. (@G.Pensavalli)

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