Mafia: l’estorsione in salsa “Betaretusea”

Tentata estorsione aggravata dai metodi mafiosi. Questa la contestazione della Procura di Messina nei confronti dell’imprenditore aretuseo 52enne Roberto Cappuccio che per gli investigatori era in accordo con il clan dei Santapaola con la società operante nel settore delle forniture alimentari. Ma il legale difensore Bruno Leone ritiene oltremodo eccessiva l’ordinanza scaturita dalla maxi operazione e attende l’interrogatorio e il Tribunale del Riesame per ottenere la scarcerazione.

Nelle 570 pagine dell’ordinanza del Gip, il ruolo di Cappuccio emerge in realtà solo nella vicenda riguardante la tentata estorsione Giannetto nell’ottobre 2013 che secondo il giudice è rilevante sotto un profilo di lettura dei rapporti tra associati che, “in concorso tra loro e con persone non identificate, in tempi diversi, con violenza e minaccia – si legge nelle carte – compivano atti idonei a costringere Giannetto Nicola a corrispondere a Nebiolo Italo e Guernieri Mauro, presidente e vice presidente della Cic – Cooperativa italiana Catering- di cui erano soci Santapaola Vincenzo e Cappuccio Roberto, la somma di euro 930.000,00, a titolo di corrispettivo per le forniture effettuate a favore della società “4 gradi” gestita da Giannetto e a rinunziare all’azione di risarcimento danni intrapresa da Giannetto, a fronte della disponibilità di quest’ultimo a riconoscere un debito di euro 700.000, cosi ottenendo un ingiusto profitto consistito nella determinazione unilaterale della maggior somma e delle condizioni imposte per il rientro, condizioni rispetto alle quali la vittima non era in grado di opporsi”. (@G. Pensavalli)

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