Titanic: i primi 20 anni di un cult

Chi ha vissuto i miti migliori degli anni Novanta avrà certamente conservato, cinematograficamente parlando, un ricordo esclusivo dell’anno 1997. Chi è che non ha in mente Kate Winslet e Leonardo DiCaprio intenti a spiccare metaforicamente il volo sull’estremità della prua del transatlantico più celebre al mondo?

Quel volo, metaforico e non solo, il film Titanic lo ha spiccato eccome.

Entrato a far parte dei classici della letteratura cinematografica – si parla appunto di cult – il film kolossal ideato, diretto e coprodotto da James Cameron può esibire una generosa serie di record che gran parte dei registi non si sogna di raggiungere in una carriera intera.

Certamente l’intento di Cameron si prefigurava sin da subito ambizioso. Un progetto di un’immensa portata, la cui produzione fu avviata già dal 1996 e con essa uno studio meticoloso da parte del regista sull’autentico relitto del Titanic arenato negli abissi dell’Atlantico del nord, per mezzo di cui furono realizzati modelli in scala che fusi ad una buona dose di ingrediente tecnologico, si rivelarono necessari per molte scene del film in cui la nave doveva comparire in tutta la sua imponenza e maestosità.

Il film si rivelò il progetto più costoso per l’epoca e per tutta risposta ottenne il secondo maggior incasso mondiale nella storia di tutto il cinema. Per non volare basso, Titanic detiene anche il record di più nomination agli oscar che un film abbia mai meritato (si parla di ben 14 nomination) e quello, ancora, di Oscar ottenuti, record che condivide con Ben Hur e Il ritorno del re. Ne conquistò 11 nel 1998: miglior film, migliore regia, migliore fotografia, miglior montaggio, migliore scenografia, migliori costumi, migliore colonna sonora, migliore canzone, miglior montaggio sonoro, migliore sonoro, migliori effetti speciali.

Il film si dipana mediante flashback densi e abissali che ci conducono dal fondo del relitto del transatlantico dove Brock Lovett sta guidando una ricerca per il ritrovamento del prezioso gioiello soprannominato ‟cuore dell’oceano” per il suo intenso colore, agli interni del Titanic colossale e divino che fu, nel lontano 1912. È un viaggio che James Cameron ci invita a percorrere all’indietro per mezzo delle parole eloquenti e toccanti di Rose DeWitt Bukater, ultima sopravvissuta al naufragio e custode di una storia ancora inconfessata. Un percorso che gradualmente ci accompagnerà per le stanze auree e le scalinate regali che un tempo i passeggeri del Titanic si trovarono a percorrere tra entusiasmi e spensieratezza. Ci emozioniamo e trasaliamo lungo il racconto di Rose.

La storia di un amore assurdo quello di Rose (Kate Winslet) e Jack (Leonardo DiCaprio).  Avvenente passeggera di prima classe lei; umile artista giramondo lui, trovatosi per caso sulla nave dopo aver vinto il biglietto con una partita a poker pochi minuti prima che il Titanic salpasse. È questa la scena che Cameron sceglie per presentarci Jack ed introdurci nel suo piccolo mondo composto di amici, semplicità e un album da disegno.

È il 1912 e la nave più grande al mondo dichiarata dai migliori esperti inaffondabile sta per chiudere i cancelli di ingresso. A due passi dal transatlantico in fase di riscaldamento, ad un tavolo di amici qualcuno si sta giocando un biglietto per il Titanic. Jack e la sua combriccola giocano ad una variante di poker senza carte scoperte, diversa dalle più recenti versioni di Stud Poker. In quest’ultima si è soliti giocare a carte scoperte, da una fino a cinque nel caso del Carribean Poker. Jack vince la partita aggiudicandosi il biglietto di sola andata per un salto nel buio. L’avventura che si rivelerà la più esaltante e insieme struggente della sua esistenza.

Un viaggio che si muterà nell’incontro con Rose, nuovo perno del piccolo mondo di Jack che in lei troverà la sua espansione. Un legame, il loro, che seppur di breve durata e di esito drammatico non finirà disperso nell’oceano come il Titanic. Si conserverà nei ritratti, nei sogni e nei ricordi di Rose, la voce narrante. Voce sottile che con una delicatezza e una lucidità disarmanti giungerà a rendere umidi i nostri sguardi, restituendo ai nostri occhi in cerca di riparo gli ultimi passi dell’amore della sua vita.

Un film grande, che nella sua grandezza sa trovare il tempo per lo spettacolo, per la commozione e per la tenerezza. Un testamento per il cinema a venire.

 

Partecipa alla discussione. Commenta l'articolo su Messinaora.it