Mafia tortoriciana: 25 anni fa l’arresto di Bontempo Scavo ad Augusta

di Gianfranco Pensavalli – Accadeva 25 anni fa… ecco la cronaca del tempo.
Quando l’ hanno arrestato stava pascolando il gregge a bordo della sua Mercedes: Antonino Bontempo Scavo, 28 anni, pregiudicato, considerato uno dei capi di un clan di Tortorici che taglieggiava i commercianti di Capo d’ Orlando, latitante da quasi un anno, è stato ammanettato ieri mattina nelle campagne di Villasmundo, vicino Augusta.
Bontempo Scavo era l’ ultimo dei latitanti sfuggiti al carcere dopo la sentenza del tribunale di Patti che ha condannato le cosche di estortori che agivano nella fascia tirrenica messinese.
Al processo in cui era parte civile l’ Acio di Capo d’ Orlando, Antonino Bontempo Scavo era stato condannato a cinque anni di carcere per associazione a delinquere di stampo mafioso ed estorsione. Pastore, cugino di Cesare Bontempo Scavo considerato il capo della cosca, l’uomo arrestato ieri ha precedenti per rapina, furto, detenzione di armi ed estorsioni. Nelle campagne del Siracusano Bontempo Scavo è stato arrestato assieme ad altri tre: una circostanza che sembra confermare i collegamenti altre volte ipotizzati tra le cosche di taglieggiatori dei Nebrodi e la mafia catanese. Sulla Mercedes gli agenti hanno trovato un altro pregiudicato di Tortorici, Salvatore Conti Taguali, 23 anni, considerato uomo di fiducia di Bontempo Scavo, e cugino di Sebastiano Conti Taguali, condannato il 26 novembre scorso dai giudici di Patti a poco meno di 10 anni di reclusione. La coppia era seguita da un fuoristrada con a bordo due persone: Vittorio Stivala, 28 anni, pregiudicato, di Catania, e Nunzio Parisi, 32 anni, incensurato nato a Catania e residente a Lentini. Sembra che il boss di Tortorici fosse nelle campagne del Siracusano da qualche mese. Qui aveva portato il gregge alla ricerca di nuovi pascoli in una zona dal clima più mite rispetto a quella d’ origine. Una prassi comune dei pastori dei Nebrodi, che in inverno si trasferiscono con le pecore verso sud. Una prassi, secondo gli investigatori, sfruttata da molti uomini delle cosche di Tortorici per tenere i contatti con la mafia catanese, con la quale esisterebbe ormai un rapporto organico. Qualche mese fa nelle campagne tra Bronte e Paternò, centri etnei a pochi chilometri da Catania, infatti furono arrestati i presunti autori del tentato omicidio di Francesco Cannizzo, l’ ex cuoco di uno dei testimoni d’ accusa al processo agli estortori di Capo d’ Orlando.

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