La mafia nella provincia di Messina nell’ultima relazione della DIA

di Gianfranco Pensavalli – La particolare posizione geografica della provincia di Messina, e gli interessi economico-sociali che esprime, rendono
l’area risultante di un crocevia di rapporti ed alleanze, in cui converge l’influenza di cosa nostra palermitana, di cosa nostra catanese e della ‘ndrangheta.
In questo scenario complesso e, più in particolare, nella vasta area che abbraccia i Monti Nebrodi, limitrofa alla provincia di Palermo, si riscontra in particolare l’influenza di cosa nostra palermitana .
Anche la fascia tirrenica della provincia, ove è insediata la cosiddetta mafia “barcellonese”, assume caratteristiche simili a quelle di cosa nostra palermitana, sebbene i gruppi intrattengano intensi rapporti per la gestione degli affari illeciti anche con i sodalizi catanesi. Questi ultimi, per cementare tali rapporti, avrebbero individuato dei personaggi dell’area barcellonese, quali “referenti” delle consorterie etnee.
Gli esiti di un’importante investigazione patrimoniale, condotta in sinergia dalla D.I.A. di Messina e di Catania hanno fornito, nel semestre, un’ulteriore conferma dell’osmosi criminale tra i gruppi di Messina e quelli catanesi.
Le citate articolazioni hanno confiscato, nel mese di maggio, il patrimonio, del valore di oltre 28 milioni euro, nella disponibilità di un noto imprenditore della provincia di Messina, considerato trait d’union tra i clan mafiosi dei BARCELLONESI e i SANTAPAOLA.
L’imprenditore operava nel movimento terra, nella produzione di conglomerato cementizio e nel settore delle energie rinnovabili. Da segnalare, tra i beni sequestrati, oltre ad aziende attive nella produzione di calcestruzzo e delle costruzioni edili, anche alcune operanti nel settore dell’agricoltura, dell’allevamento, nonché 326 terreni per un’estensione di circa 220 ettari, ubicati tra la provincia di Messina e quella di Catania.
Proseguendo nella descrizione delle dinamiche criminali dell’area, vicino al comune di Tortorici, ove sono attive le
consorterie dei “batanesi” e dei “tortoriciani”, si estende il comprensorio dei Monti Nebrodi, con l’omonimo Parco Regionale, i cui terreni sono stati oggetto d’interesse della mafia, quali canali per l’ottenimento di finanziamenti destinati allo sviluppo del settore rurale.
Al riguardo, appare rilevante il sequestro di oltre un milione di euro operato, nel mese di marzo, dalla D.I.A. di Catania sui beni di un soggetto da tempo inserito, con ruolo apicale, in un’associazione per delinquere di stampo
mafioso operante nella zona nebroidea, facente capo al “gruppo dei BRONTESI”, promanazione di cosa nostra. Il
mafioso, oltre a possedere un patrimonio sproporzionato rispetto ai redditi dichiarati, aveva percepito, senza averne diritto, cospicui contributi per attività agricole da parte dell’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura – Agea.
Attualmente, in seguito alla sottoscrizione del “Protocollo di legalità” con la locale Prefettura peloritana, la concessione dei fondi e l’erogazione dei finanziamenti sono subordinate ai preventivi controlli antimafia, che si estendono, quindi, anche al settore agro-pastorale.
Proseguendo, la cosiddetta “fascia ionica” – estesa dalla periferia sud della città di Messina fino al confine con la
provincia di Catania – è area di influenza di cosa nostra catanese, con riferimento sia alla famiglia SANTAPAOLA-ERCOLANO, che alle famiglie CAPPELLO e LAUDANI; tutte le consorterie catanesi si avvalgono di responsabili locali,
che si suddividerebbero le zone di influenza secondo una precisa ripartizione geografica. La famiglia SANTAPAOLA-ERCOLANO, per il tramite del suo referente locale, esercita il proprio controllo sulla valle dell’Alcantara e sui comuni di Giardini Naxos, Taormina, Letojanni, Gaggi, Francavilla di Sicilia, Malvagna e Castiglione di Sicilia; i clan LAUDANI e CAPPELLO, attraverso propri esponenti ed altri sodali, sono presenti su alcuni dei comuni sopra menzionati, ma anche a Roccella Valdemone e Moio.
Il 10 aprile 2017 a Taormina (ME) ed altre località della provincia di Catania, nell’ambito dell’operazione “Good Easter”, i Carabinieri hanno dato esecuzione alla OCCC n. 908/17 RGNR e n. 983/17 RGGIP emessa il 7 aprile 2017 dal Tribunale di Messina nei confronti di 4 soggetti
Focalizzando, ora, l’attenzione sul comune capoluogo di provincia, caratterizzato da un’articolata ripartizione dei
quartieri rileva, a fattor comune, come le consorterie siano interessate, tra l’altro, al gioco d’azzardo e alle scommesse
clandestine
Il controllo ed il rifornimento delle piazze di spaccio rimangono un capo saldo delle famiglie messinesi, che in tale
ambito possono contare sull’appoggio dei più potenti clan catanesi nonché, oltre lo stretto, delle ‘ndrine calabresi.
Emblematica, in proposito, l’operazione “Doppia sponda”252 dell’Arma dei Carabinieri, che nel mese di gennaio ha
portato all’arresto di 19 soggetti ritenuti responsabili, tra l’altro, di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti
e detenzione illegale di armi da fuoco. L’attività investigativa ha evidenziato l’operatività di un gruppo criminale
attivo nel capoluogo peloritano e riconducibile ad un esponente di spicco, già detenuto, del locale clan
SPARTÀ, in grado di impartire, anche dal carcere, le disposizioni per la gestione delle attività di narcotraffico. A tale
scopo, il mafioso poteva contare sugli stretti collegamenti che aveva instaurato con i vertici di alcune famiglie catanesi,
e con criminali della fascia tirrenica della provincia di Reggio Calabria.
Non vanno, infine, trascurati alcuni segnali colti nel recente passato che hanno evidenziato il forte interesse dei
sodalizi verso la pubblica amministrazione.
esponenti del clan BRUNETTO, espressione di cosa nostra etnea, ritenuti responsabili, a vario titolo, del reato di estorsione con l’aggravante del
metodo mafioso, ai danni dei titolari di concessionarie di autovetture.
Nella zona sud domina il gruppo criminale SPARTÀ, radicato soprattutto nel quartiere “Santa Lucia sopra Contesse” e nella frazione Santa Margherita;
nella zona centro: il quartiere “Provinciale” è sottoposto al controllo del gruppo LO DUCA; il quartiere “Camaro” vede la pervasiva presenza del clan VENTURA (già duramente colpito dall’operazione “Matassa” del maggio 2016) e dei suoi sodali; nel quartiere “Mangialupi” opera l’omonimo clan caratterizzato da cellule di tipo familistico risalenti alle famiglie TROVATO, ASPRI, TRISCHITTA e CUTE’; nella zona nord, infine, insiste, entro il quartiere “Giostra”, il gruppo criminale facente capo ai GALLI, a capo del quale era stato posto il nipote del vecchio boss detenuto, anch’egli arrestato, insieme ad altri elementi di spicco del clan, nell’ambito dell’operazione di polizia denominata “Totem”, eseguita nel giugno 2016, ed al quale è stato applicato il regime carcerario previsto dall’art. 41 bis dell’Ordinamento penitenziario.
In data 27 marzo 2017 la Guardia di Finanza, nell’ambito dell’operazione “Dominio” ha dato esecuzione all’OCCC n.7556/13 RGNR DDA –
n.4902/14 RG GIP emessa il 17 marzo 2017 dal Tribunale di Messina, a carico di 24 soggetti, 7 dei quali esponenti del clan MANGIALUPI, ai quali
è stata contestata l’associazione mafiosa finalizzata alla commissione di plurimi delitti contro l’ordine pubblico, in materia di armi, di stupefacenti,
contro la persona ed il patrimonio, tra cui le scommesse clandestine ed il gioco d’azzardo.
Nel mese di aprile 2017 è stato richiesto il rinvio a giudizio di 22 persone, precedentemente coinvolte nell’operazione “Totem” del 29 giugno 2016, di cui all’ OCCC n. 5634/2011 RGNR e n. 3815/2013 RGGIP emessa il 13 giugno 2016 dal Tribunale di Messina, le cui indagini hanno
disvelato gli interessi dei clan, in particolare quelli del quartiere Giostra, per la gestione di lucrose attività come le scommesse clandestine, il gioco
d’azzardo ed il settore d’intrattenimento.
252 OCCC n. 1407/13 RGNR – n.1156/13 RG GIP, emessa il 17 dicembre 2016 dal Tribunale di Messina.
A febbraio 2017 ha avuto inizio il rito abbreviato del processo “Matassa”, nella cui indagine del 2016, condotta dalla Polizia di Stato, sono emersi casi di intrecci politico-mafiosi.

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