Giornata del Rifugiato 2018 nel Paese delle bugie, “razzisti non si nasce”

di Guglielmo Sidoti – In questi giorni ho spento i social e provato a connettere il cervello. Ad indignarmi non sono state le parole di Salvini, non mi aspetto nulla di diverso da uno come lui, ma la valanga di commenti beceri che affollano la mia home. Sono bastati appena sette giorni per assistere alla mutazione di alcuni, da sempre disponibili al dialogo e pronti ad aiutare il prossimo, trasformati in distillatori di odio, pronti a giustificare dichiarazioni per le quali fino a poco tempo prima si sarebbero sollevati in un moto di protesta, almeno sui social.

Questo mi ha stupito, mi ha fatto riflettere, consegnandomi un senso di sconfitta rispetto alla certezza, qualunque cosa accadesse, che la mia generazione fosse diversa ed in virtù di questo il futuro tutto da scrivere. Mi sono chiesto allora in quale momento fossimo diventati un paese razzista e cosa alimenti tanta rabbia nei confronti di chi sta (evidentemente) peggio di noi.

Sono arrivato alla conclusione che razzisti non si nasce. Razzisti si diventa e la differenza è sostanziale. Si diventa razzisti a propria insaputa cedendo alla diffidenza e al disprezzo. Si diventa razzisti alla stessa velocità con la quale aumentano le copie vendute ad ogni notizia dell’uomo nero che ruba, stupra, uccide. Si diventa razzisti senza riuscire ad ammetterlo, arrabbiati per le nostre miserie e impauriti che possano intensificarsia. Si diventa razzisti giustificandosi con le frasi, che hanno il sapore amaro della sconfitta, di chi ripete senza riflettere “salviamoli dal mare, aiutiamoli a casa loro”.

Di questi sentimenti negativi si alimenta certa propaganda, quella di Salvini e delle peggiori destre europee. Intorno a questi sentimenti si costruisce l’altra Italia, quella della chiusura dei porti, della schedatura delle minoranze, del plebiscito di chi si riconosce in un gruppo sociale in contrapposizione a qualcosa, come se la nostra stessa identità si fondasse sulla negazione dei diritti di qualcun altro.

Come se le politiche di discriminazione producessero benefici sulle tasche degli italiani, allargando la maglia delle opportunità per un giovane laureato di trovare lavoro, di una famiglia che non arriva a fine mese di risolvere i propri problemi economici. Così anziché chiedere un sistema di governo che sappia garantire i diritti basilari a cittadini e stranieri si è scelta la soppressione dei diritti dei non italiani.

Non mi vergogno a scrivere che avverto un senso di impotenza quando constato con quanta difficoltà si riesca a confutare le bugie di chi fa leva sulla paura.

Un esempio su tutti: venerdì ho trascorso un intero pomeriggio a spiegare ad un mio amico che non è in atto alcuna invasione, che statistiche alla mano, nonostante la nostra posizione geografica, siamo il sesto paese in Europa per richieste di asilo. A distanza di due giorni quella stessa persona mi invia un link, l’ennesima fake news su una sedicente rivolta di migranti perché il wi-fi non funzionava. Una fake news che conquista in un attimo più credibilità del ragionamento affrontato insieme.

Il razzismo che impazza nella nostra società si nutre si ignoranza e pregiudizi. Siamo diventati il paese delle bugie che a furia di essere ripetute si sono trasformate in verità. D’altronde in questo la storia non si smentisce. Neanche le teorie razziste, frutto delle più becere ideologie del ‘900, si fondavano su dati di fatto. Non importava, offrivano un capro espiatorio ed è bastato a giustificare i peggiori orrori.

Così ogni anno, durante le commemorazioni per l’Olocausto, mi sono chiesto come i soldati nazisti abbiano potuto tollerare ed eseguire certi ordini. Mi chiedevo come potessero tornare alle proprie famiglie sensibili ai sentimenti della vita. Semplicemente avevano sperimentato un’altra percezione di umanità. La stessa che oggi ci intenerisce per un cane abbondato sul ciglio della strada e sembra non riconoscere il dolore di chi ha subito ogni forma di violenza, attraversato un deserto ed un mare assassino con la speranza di restituire dignità alla propria esistenza.

Intendiamoci: a nulla servirà il buonismo, il razzismo va contrastato a suon di informazione, riportando alla ragione quanti sembrano inevitabilmente contagiati. Spiegando che le risorse per l’accoglienza sono svincolate dal bilancio e non potrebbero dunque essere spese diversamente, che i giovani che arrivano nel nostro paese rimpinguano le casse dei nostri fondi pensionistici, che il loro desiderio di futuro ed il senso di sacrificio che hanno maturato sulla propria pelle restituisce vigore ad un continente impigrito.

E se questo non dovesse bastare guardateli negli occhi, ci troverete una speranza simile alla vostra. Quella stessa speranza senza la quale una vita si trasforma in guscio vuoto. È la speranza di un mondo libero dalla fame e dalla paura, di una società in cui riconoscersi tutti eguali nei diritti e nelle possibilità. Liberi di scegliere dove andare e di individuare soluzioni comuni a problemi comuni, chiedendo ai governi risposte vere e non circhi mediatici ai quali siamo abituati.

E se neanche questo dovesse servire a restituire umanità ai nostri ragionamenti, la sconfitta sarebbe disarmante, ma neanche allora potrete convincermi che il mio futuro passa dal sacrificio del futuro di un altro.

In quel caso come disse Don Milani, “se voi avete il diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri, allora io dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni sono la mia Patria, gli altri i miei stranieri”.

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