Italia, Messina e le “magliette rosse”: breviario politico per gli imbecilli bipartisan

di Palmira Mancuso – Nostalgici di tutti i colori, questo editoriale è per voi. Lo scriviamo per chi non ha partecipato ieri al raduno proposto da Libera Messina alla Batteria Masotto, ormai da qualche mese luogo scelto dai messinesi per tenere alta l’attenzione sull’accoglienza dei migranti, complice la vicinanza di un affaccio a mare ormai “vietato”.

Vi abbiamo sentito, tutti: chi pensava che fosse tornato il comunismo, chi si crogiolava dell’adunanza come fosse una medaglia al valor politico, chi non è venuto perchè l’hanno organizzato “i soliti”, chi perchè “tanto una maglietta non cambia le cose”, chi perchè “è solo ipocrisia”.

Facciamo chiarezza, e cerchiamo di farla senza retorica: indossare la maglietta rossa ieri è stato un segno di grande sensibilità e civismo, un segnale che ancora Messina (come tante altre città più coinvolte nella gestione degli sbarchi) non ha perso quell’umanità a cui ha fatto appello Don Ciotti e che ha visto aderire molte associazioni laiche, politiche, interreligiose, ma anche tanti individui che hanno voluto esserci per chiedere al governo la riapertura dei porti e la responsabilità di coordinare le operazioni di soccorso come è stato fino a prima di queste elezioni gialloverdi.

Se dovessimo necessariamente sintetizzare, diremmo che a manifestare per bloccare “l’emorragia di umanità” è stata l’area progressista del Paese, quella europista dei diritti dell’uomo, quella laica e autenticamente liberale, quella che non si fa abbagliare dalla propaganda messa in atto da chi usa la paura della povertà per dividere. Una sinistra capace di riconoscere il gravissimo errore dell’ex ministro del Pd Minniti che ha posto le basi sulle quali si è ben piantato l’odio sociale che premia il populismo di Salvini e 5Stelle, una destra capace di prendere le distanze da chi è convinto che si possano difendere i confini nazionali senza rispettare i confini morali. Una politica contemporanea a cui non possiamo applicare schemi e parole vecchie, per una società nuova, multiculturale e tecnologica.

Una mobilitazione di “buon senso” che deve necessariamente coinvolgere ogni cittadino (come la raccolta firme welcomingEurope) , come quella che oggi ci sarà a Torre Faro alle 20,30, dove attraverso un tam tam di messaggi, si è deciso di rimanere svegli e insieme, di scendere per strada con una torcia in mano, quasi “nuovi lumi” di una società che ha dimenticato come dal precursore napoletano Giambattista Vico al milanese Pietro Verri fino al padre del pensiero illuminista Cesare Beccaria, l’Italia è sempre stata culla del diritto.

E ci sono diritti che nessuno può mettere in discussione: come quello alla vita. Un senso di libertà che proprio i migranti ci stanno facendo riscoprire, con la loro perseveranza, col coraggio di partire con nulla perchè hanno già tutto: una forza e una dignità da cui possiamo solo trarre benefici, da qualunque lato sia incline la nostra sensibilità o meglio la nostra educazione.

Per questo è importante rimanere informati ( e in questo da giornalisti ci faremo carico dell’appello di padre Alex Zanotelli) continuando a manifestare contro il tentativo disumano, operato dal governo attualmente all’opera in Italia, di respingere in Libia i poveri disperati in fuga da guerre e torture (come denunciano i dossier ad esempio quello di Amnesty in Libia di cui vi mostriamo una foto), costringendoli ad un circuito infernale tra lager e gommone, con l’unica via di fuga che per molti sarà la morte.

Allora se l’opinione pubblica conta, perchè poi fa i governi, teniamoci informati: bisogna sapere ad esempio che  il ministro Moavero è andato in Libia (l’annuncio a sorpresa su Twitter) per ripristinare un trattato firmato nel 2008 da Berlusconi e Gheddafi.
Questo trattato prevede che l’Italia dia 5 miliardi a quel governo libico che in realtà non è altro che un gruppo di fantocci messi là dall’Occidente che non controllano nemmeno un intero quartiere di Tripoli. 

L’accordo, che adesso pretende il premier libico SerraJ, prevedeva tra l’altro la costruzione di un’autostrada litoranea di 1700 km dal confine tunisino a quello egiziano sul tracciato della via Balbia dal costo di 5 miliardi di dollari in 20 anni. Il primo lotto dell’opera era stato assegnato all’Impregilo nel 2013 ma la forte instabilità del Paese aveva costretto l’azienda a sospendere i lavori.
Una montagna di soldi, sottratti agli italiani (questi si), che finiranno nelle tasche dei mafiosi trafficanti di uomini operanti in Libia.

Non possiamo girare la testa dinanzi a queste sciagurate decisioni di un governo italiano che fa accordi con un rappresentante di un territorio instabile politicamente, dove le organizzazioni umanitarie internazionali hanno DOCUMENTATO crimini contro l’umanità.

Per questo le “magliette rosse” non possono che essere l’inizio di una nuova consapevolezza, quella del dovere civico di non rimanere a contare altri morti, di andare oltre gli orrendi fotomontaggi che pretendono di sminuire la morte di tre bambini.

Uno solo morto in mare, è una sconfitta. Uno solo basta per indignarci tutti. Uno solo purtroppo non è stato ancora abbastanza.

 

 

 

 

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