Riciclaggio, chiusa l’inchiesta sulla famiglia Genovese: tra gli indagati il notaio Paderni

Sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, riciclaggio ed autoriciclaggio: sono queste le accuse mosse dalla Procura di Messina guidata da Maurizio De Lucia nell’ambito dell’inchiesta sull’impero finanziario di Francantonio Genovese che nello scorso novembre portò al sequestro di rapporti bancari e quote societarie per un valore stimato complessivamente in 16 milioni di euro. Indagine che valse il primo avviso di garanzia al figlio di Genovese, Luigi, da poco eletto all’Ars nelle file di Forza Italia.

La conclusione delle indagini ha portato all’iscrizione nel registro degli indagati anche il notaio Stefano Paderni, che secondo gli inquirenti avrebbe avuto un ruolo importante nei passaggi di titolarità di beni dai genitori al figlio, attraverso le società estere. La Proocura gli si contesta il fatto che “si prestava a stipulare gli atti su indicati, nonostante la loro evidente natura fraudolenta, in danno delle pretese erariali e la riconducibilità delle somme impiegate per far fronte a dette compravendite a Genovese Francantonio”.

Nel novembre 2017 la Guardia di Finanza aveva sequestrato il conto corrente accesso presso la Giulius Bar di Montecarlo intestato alla Palmarich Investiment SA, il conto corrente Unicredit e quello Banca di Credito Peloritano intestato a Chiara Schirò, il conto di credito Banca Peloritano di Francatonio Genovese e tutti gli altri conti nella sua disponibilità, i saldi attivi della L&A e della GePa intestati a Genovese e Marco Lampuri, i conti correnti di Rosalia Genovese fino a 380 mila euro circa, fino a 450 mila euro nei conti della Schirò, la villa di Ganzirri, gli appartamenti di via Duca degli Abruzzi, via Lodi, via Brescia e via Sicilia, l’appartamento in residence a Piraino, le quote GePa e L&A in capo a Francantonio Genovese.

Ad indagine conclusa, i PM Antonio Carchietti e Fabrizio Monaco confermano il quadro accusatorio nei confronti dell’ex onorevole Francantonio Genovese, della moglie Chiara Schirò, del figlio Luigi, giovanissimo deputato dell’Ars dall’autunno scorso, a Rosalia Genovese, sorella di Francantonio, all’ex deputato regionale Franco Rinaldi e alla moglie Elena Schirò, a Marco Lampuri e a Daniele Rizzo (entrambi figli di Rosalia) e infine al notaio Stefano Paderni. E’ indagata anche la società attraverso la quale sarebbe stato realizzato tutto, la L&A Group srl (ex Ge.Fin. srl).

‘Una fitta e complessa attività di trasferimento di denaro’ –  la definì il giudice Mastroeni nel decreto di sequestro preventivo (come riportato da stampalibera.it) – intercorsa tra Francantonio Genovese e i suoi congiunti: moglie, figli, sorella, nipoti nonché altri soggetti comunque vicini al nucleo familiare ‘e sottesi all’adempimento di contratti di compravendita, locazione e fatture varie’. Il gip Salvatore Mastroeni, nel decreto di sequestro, non utilizzò giri di parole: Luigi Genovese, 21 anni e un consenso da 17 mila voti, “ha svolto un ruolo centrale in tutta l’operazione, essendo soggetto destinato a subentrare in tutti i rapporti economici e con questa funzione ad operare ulteriori riciclaggi e sottrazioni in frode al fisco della garanzia patrimoniale del padre”. Non solo: “La centralità del suo ruolo e il ruolo rivestito di successore del patrimonio, nonché gli atti di successiva gestione dei beni (locazioni degli immobili a lui trasferiti, movimenti su conto posterai) danno la misura della elevata consapevolezza circa la illiceità delle operazioni poste in essere”.

Finito il lavoro degli inquirenti, adesso gli avvocati difensori avranno tempo per depositare eventuali memorie difensive o farsi interrogare per cercare di smontare le accuse.

 

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