De Luca un sindaco prestigiatore, a Palazzo Zanca la politica è solo un’illusione

di Palmira Mancuso – Qualcuno penserà che la sua persuasione sta nello sfiancare gli avversari politici, con una caparbietà che lo ha portato in tre mesi ad ottenere, delibera dopo delibera, la fiducia di un consiglio comunale che è molto più numeroso di qualsiasi maggioranza prevedibile da una vittoria elettorale.

Una strategia vincente quella di Cateno De Luca, che se nei fatti ripropone gli “strumenti” della precedente amministrazione, come un grande prestigiatore prima strappa le carte riducendole a coriandoli, per poi mostrare lo stesso mazzo.

E’ così col piano di riequilibrio, una manovra “lacrime e sangue” che ha riportato l’Aula ad un dibattito a cui la città  aveva già assistito, e che proprio per questo ci porta ad un inevitabile confronto dove certamente a perdere è soprattutto la politica.

Il populismo di De Luca, che cita De Gasperi, ci riporta (con le dovute distanze) al voto sui “patti lateranensi” con Mussolini, con la sua spregiudicatezza pragmatica, che si servì a piene mani di quello “strumento programmatico” per guadagnare al fascismo il favore dei cattolici moderati, acquistando una specie di legittimazione religiosa: il mito dell’uomo della Provvidenza. Unico ad esprimere dissenso fu Bendetto Croce, sottolineando che l’accordo era stato effettuato “non con un’Italia libera, ma con un’Italia serva e per mezzo dell’uomo  che l’aveva asservita …, che compiva quell’atto per trarne nuovo prestigio e rafforzare la sua tirannia”.

Non sorridete ai paragoni: lo so che De Luca non è Mussolini, tantomeno Gaetano Gennaro è Benedetto Croce. Ma le dinamiche, quelle politiche, appaiono calzanti.

Ieri, infatti, il “salva Messina” è riuscito ad annichilire persino il centro sinistra, con un intervento da parte di Antonella Russo e di Felice Calabrò che sono riusciti a spazzare via in un emendamento anni di lotte sindacali, il principio stesso della dignità del lavoratore. Perchè che qualcuno (in questo caso un’amministrazione comunale) decida che il lavoratore che non accetta di cambiare ruolo perda il posto, non ci pare da partito di sinistra. E ieri questi emendamenti che sono stati “venduti” come cuscinetto per gli esuberi del personale già previsti nella manovra di riequilibrio formulata da De Luca, hanno decretato (se ancora vi fossero dubbi) la fine del PD a Messina.

Tornando a Gaetano Gennaro, è giusto sottolineare che il suo è stato l’unico intervento politico, dentro una runione di condominio lunga 12 ore e utile solo a consegnare una città senza riferimenti politici ad un Sindaco che invece è di lunghe vedute, che una visione della città ce l’ha, e che purtroppo realizzerà quella partecipazione che in molti avevano creduto possibile con l’amministrazione Accorinti, ma in un segno totalmente opposto: perchè la sua priorità non sono le persone ma i numeri.

Numeri e burocrazia, che ieri in aula hanno giustificato e giustificheranno, anche le scelte politiche più aberranti: a partire dalla rimodulazione dei servizi sociali che nella visione di De Luca sono una spesa inutile, come il progetto del Pon Metro dedicato all’inclusione della popolazione Rom di Messina, o quello che riguardava il progetto ‘Strada facendo’, che prevedeva una serie di interventi di sistema quindi non solo la residenza notturna nella Casa di Vincenzo, ma anche le attività dell’Unità di strada, la disponibilità di alloggi di transito e, grazie alla ristrutturazione dei Magazzini Generali, anche un Centro diurno, per un finanziamento complessivo della linea di circa un milione e quattrocentomila euro, nell’arco di tre anni.

Gli ultimi torneranno semplicemente ad essere ultimi: numeri in balia di un “volontariato assistenziale” che è l’unica espressione della sensibilità di De Luca, che però la continuità amministrativa fa attenzione a divulgarla quando si tratta dei progetti Capacity, continuando a consegnare soluzioni abitative rese possibili dalla progettualità di una amministrazione che non voleva sostituire alle baracche altri “ghetti”.

Insomma ieri ha fatto bene Cateno De Luca ad emozionarsi, più che il giorno delle sue stesse elezioni. Perchè da ieri è legittimato a fare il Sindaco, e soprattutto a farlo come vuole lui. E non si può non riconoscergli l’ostinazione nel perseguire i suoi obiettivi, giustificando che Messina non ha bisogno di politica ma di essere amministrata.

Dunque buon lavoro a chi pensa che una città sia semplicemente un condominio di cui far quadrare le bollette. Di cui, con ogni probabilità, Cateno De Luca sarà un ottimo amministratore.

Purtroppo molti consiglieri, anche insospettabili e attenti osservatori della complessità, hanno firmato una delega in bianco con la promessa di poter ancora incidere su scelte di cui devono già ora assumersi la responsabilità.

Il Movimento 5 Stelle ha infine perso un’occasione: ma Messina non è certo l’oasi del pentastallato senziente. Sono caduti nel più ingenuo dei tranelli, riuscendo anche in questo caso tutto messinese,  a farsi superare a destra dai leghisti che si sono potuti intestare con Bramanti l’interlocuzione con il Governo, promettendo un incontro tra il sindaco e il sottosegretario all’economia. Un voto contrario che politicamente non ha inciso se non per la solita ignavia che dai leader nazionali in giù, si manifesta dinanzi ai più strutturati politicamente.

Cosa resta dell’esperienza Accorinti? A Palazzo Zanca quasi nulla, e tra poco la volontà di CANCELLARE (così è stata espressa anche ieri da Cateno De Luca) la passata amministrazione diventerà anche nei fatti concreta. Al netto delle “carte” che secondo De Luca dovrebbero condannare una gestione a dir poco ingenua, fatte salve tutte le buone intenzioni che non hanno risparmiato il fallimento di una stagione politica, bisognerà avere il coraggio di organizzare un fronte progressista fuori da un Palazzo dove ormai non c’è posto per la democrazia, tornando a fare politica lì dove negli ultimi cinque anni si è lasciato spazio al rancore e alla rabbia.

 

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