L’avverbio che incastra

di Fra Giuseppe Maggiore – Dal Vangelo secondo Giovanni
Quando Giuda fu uscito [dal cenacolo], Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito.
Figlioli, ancora per poco sono con voi. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.
Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».

Il contesto di questo brano richiama il cenacolo, dove avvengono delle situazioni che non corrispondono al nostro modo di pensare: Gesù lava i piedi a due che da li a poco lo avrebbero tradito e rinnegato, inoltre porge come segno di amicizia e fraternità vera un pezzo di pane al traditore. Pietro e Giuda che sono stati tre anni intensi con Gesù, gli voltano le spalle, eppure Gesù non li caccia, non usa con loro parole dure ma addirittura li chiama amici, figlioli. Gesù ci insegna ad amare il non amabile.

Nel lavare i piedi e nel boccone accolto, immerso, dato e preso, inizia la glorificazione di Cristo come Figlio di Dio, che ha il suo culmine con la morte in croce e la resurrezione.

La gloria di cui Giovanni parla, sta nel vincere l’inimicizia con il nemico. Mi chiedo chi di noi è capace di porgere un pezzo di pane e lavare i piedi ad uno che sta per tradirci, o che lo ha già fatto. Gesù considera il nemico un fratello da conquistare, non da uccidere, non da respingere, ma un fratello a cui donare se stessi. La gloria ha il suo culmine con l’atto più grande d’amore, la morte in croce. La croce di Gesù non è un simbolo di rifiuto dell’altro, così come viene usato da frange politiche seminatrici di odio, ma è l’esaltazione di Dio come amore più forte della morte.

Potrebbe apparire utopia, potrebbe risultare difficile perdonare il proprio partner dopo un tradimento, o perdonare chi ti ha ucciso un famigliare, o chi ha recato danno alla tua persona e ai tuoi cari, per certi versi lo è. Amare è rinnovare ogni cosa, far nuove tutte le cose, iniziando dal proprio cuore. Per far questo bisogna rimanere in Cristo, “Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui porta molto frutto perché senza di me non potete fare nulla”. È Lui la fonte da dove trarre origine del nostro amore, per passare da un amore di reciprocità ad un amore gratuito, donare senza pretendere nulla in cambio.

L’identità del vero cristiano è l’amore, il modello da seguire è Cristo, non esistono altri modelli. Il vero cambiamento è saper incarnare la sua Parola che a differenza di parole urlate nelle piazze e scritte con rabbia e disprezzo sui social, sono Parole che danno speranza, sollievo, coraggio, che ci invitano a rivestirci di «combattiva tenerezza» così come ci esorta a fare Papa Francesco tramite il documento Evangelii gaudium.

“Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri”.

Non è un comando, non si tratta di un’imposizione ma di un dono per vivere la nostra realtà non da nemici, ma da fratelli e figli di un Dio che si china per lavare i piedi e ci dona se stesso. L’unico confine che Dio difende è l’uomo, invitandoci a fare come lui.  Il comparativo di uguaglianza come, ci incastra terribilmente. Gesù sta dicendo ad ognuno di noi: “Tu puoi amare e devi amare come me”, abbiamo detto che è difficile nella misura i cui cerchiamo di farlo solamente con le nostre forze, ma non è impossibile se diamo la motivazione giusta che è quella di essere e amare come Gesù.

Oggi la società ha bisogno di cristiani che danno testimonianza di un amore disinteressato, che amano alla maniera di Cristo. Urgono profeti, pastori che annuncino con la vita il vero Vangelo e non mercenari che dispensano parole vuote propagandando violenza, sopprimendo la vera libertà dell’essere figli di Dio che ci esorta di gridare la verità dai tetti o se volete anche dai balconi, dalle aule della scuola, dalle piazze e dalle chiese. Verità nella carità evitando ogni tipo di violenza.

Oggi per molti amare è segno di debolezza, si confonde l’amore con il buonismo e i valori sono considerati un attentato contro il proprio individualismo ed egoismo.

Se il potente o il prepotente di turno, aggredisce o invita ad aggredire un uomo o una donna perché di fede o nazionalità diversa, che scarta un bambino che ritiene “confezionato” all’estero e non made in Italy o un povero qualsiasi, stiamo pur certi che stando alla logica del Vangelo, Gesù tra vittima e colpevole non è imparziale, sta con la vittima, fino ad evocare immagini molto scomode a chi vorrebbe ridurre la fede in Lui in semplici osservanze di precetti e riti.(cfr Mt25)

Amarsi gli uni gli altri significa guardarsi negli occhi, dirsi ciò che si pensa e poi ripartire insieme per costruire ponti e demolire muri.

“Non si ama l’umanità in generale; si ama quest’uomo, questo bambino, questo straniero, questo volto.” Si ama singolarmente, migliaia di volti, di sguardi,  spesso risulta che il donarsi e un vuoto a perdere, ma tutti alla fine abbiamo bisogno di essere amati. Ognuno di noi inizi.

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