Anche le Clarisse siciliane scrivono al Presidente Mattarella e a Conte: “Noi claustrali, sorelle d’Italia e dei migranti”

Oggi nella domenica in cui la liturgia ci mette d’innanzi ad una pagina di Vangelo del Buon Samaritano, che non vorremmo né ascoltare e ne leggere, con sorpresa dalle pagine del quotidiano della Cei, l’Avvenire appare una lettera di tutte le Claustrali d’Italia indirizzata al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella e al premier Conte.

Le Carmelitane e le Clarisse si sono ispirate al brano evangelico di San Matteo(23,8): «Voi siete tutti fratelli», la lettera è stata spedita l’11 luglio, giorno di San Benedetto Abate.

Sono 62 i monasteri che hanno aderito a questo appello che nasce da donne che hanno consacrato la loro vita al Signore, tra questi ci sono i monasteri delle Clarisse di Sicilia: Clarisse di Alcamo (Tp), Monastero Sacro Cuore, Clarisse di Alcamo (Tp) Clarisse di Castelbuono (Pa), Clarisse di Caltanissetta ele Clarisse di Scigliano (Cs) che sono tutte siciliane.

Senza alcun dubbio, queste sorelle che vivono la Clausura, con questa lettera dimostrano che sono incarnate più loro nel contesto in cui viviamo che noi e in particolare noi che ci diciamo cristiani.

Scrivono da cittadine, ma anche da consacrate che nella preghiera, quella vera che è relazione intima con Dio, desiderano esprimere pacificamente il loro pensiero su quanto sta succedendo in Italia e offrire un loro contributo civico al bene comune, ispirandoci al Vangelo. E aggiungono: «Crediamo che farlo insieme, come sorelle appartenenti a diversi Ordini, abbia una sua forza in termini di comunione e di testimonianza evangelica. Per questo, dopo la raccolta delle presenti adesioni, intendiamo lasciare la possibilità di sottoscrivere la lettera ad altri Ordini, Istituti e comunità religiose che ne condividessero i contenuti e la modalità».

Ecco a voi la lettera di queste donne coraggiose:

«Egregio signor presidente della Repubblica Sergio Mattarella,
Egregio signor presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte,
siamo sorelle di alcuni monasteri di clarisse e carmelitane scalze, accomunate dall’unico desiderio di esprimere preoccupazione per il diffondersi in Italia di sentimenti di intolleranza, rifiuto e violenta discriminazione nei confronti dei migranti e rifugiati che cercano nelle nostre terre accoglienza e protezione. Non ci è stato possibile contattare tutte le fraternità monastiche esistenti sul territorio nazionale, ma sappiamo di essere in comunione con quante di loro condividono le stesse nostre preoccupazioni e il nostro stesso desiderio di una società più umana.
Con questa lettera aperta vorremmo dare voce ai nostri fratelli e sorelle migranti che scappano da guerre, persecuzioni e carestie, affrontano viaggi interminabili e disumani, subiscono umiliazioni e violenze di ogni genere che ormai più nessuno può smentire. I racconti di sopravvissuti e soccorritori, infatti, così come le statistiche di istituzioni internazionali quali l’Acnur/Unhcr o l’Organizzazione internazionale per le migrazioni e i reportage giornalistici che approfondiscono il fenomeno migratorio, ci mostrano una realtà sempre più drammatica.
Facciamo nostro l’appello contenuto nel Documento sulla fratellanza umana firmato da papa Francesco e dall’imam di al-Azhar Ahmed al-Tayyeb 
chiedendo «ai leader del mondo, agli artefici della politica internazionale e dell’economia mondiale, di impegnarsi seriamente per diffondere la cultura della tolleranza, della convivenza e della pace». E tutto questo in particolar modo «in nome degli orfani, delle vedove, dei rifugiati e degli esiliati dalle loro dimore e dai loro Paesi; di tutte le vittime delle guerre, delle persecuzioni e delle ingiustizie; dei deboli, di quanti vivono nella paura, dei prigionieri di guerra e dei torturati in qualsiasi parte del mondo, senza distinzione alcuna». Anche noi, quindi, osiamo supplicarvi: tutelate la vita dei migranti!
Tramite voi chiediamo che le istituzioni governative si facciano garanti della loro dignità, contribuiscano a percorsi di integrazione e li tutelino dall’insorgere del razzismo e da una mentalità che li considera solo un ostacolo al benessere nazionale. Accanto alle tante problematiche e difficoltà ci sono innumerevoli esempi di migranti che costruiscono relazioni di amicizia, si inseriscono validamente nel mondo del lavoro e dell’università, creano imprese, si impegnano nei sindacati e nel volontariato. Queste ricchezze non vanno svalutate e tante potenzialità andrebbero riconosciute e promosse.
La nostra semplice vita di sorelle testimonia che stare insieme è impegnativo e talvolta faticoso, ma possibile e costruttivo. Solo la paziente arte dell’accoglienza reciproca può mantenerci umani e realizzarci come persone. Siamo anche profondamente convinte che non sia ingenuo credere che una solidarietà efficace, e indubbiamente ben organizzata, possa arricchire la nostra storia e, a lungo termine, anche la nostra situazione economica e sociale. È ingenuo piuttosto il contrario: credere che una civiltà che chiude le proprie porte sia destinata ad un futuro lungo e felice, una società tra l’altro che chiude i porti ai migranti, ma, come ha sottolineato papa Francesco, «apre i porti alle imbarcazioni che devono caricare sofisticati e costosi armamenti». Ciò che ci sembra mancare oggi in molte scelte politiche è una lettura sapiente di un passato fatto di popoli che sono migrati e una lungimiranza capace di intuire per il domani le conseguenze delle scelte di oggi.
Molti monasteri italiani, appartenenti ai vari ordini, si stanno interrogando su come contribuire concretamente all’accoglienza dei rifugiati, affiancando le istituzioni diocesane. Alcuni già stanno offrendo spazi e aiuti. E, al tempo stesso, tutte noi cerchiamo di essere in ascolto della nostra gente per capirne le sofferenze e le paure.
Desideriamo metterci accanto a tutti i poveri del nostro Paese e, ora più che mai, a quanti giungono in Italia e si vedono rifiutare ciò che è diritto di ogni uomo e ogni donna sulla terra: pace e dignità. Molte di noi hanno anche avuto modo di conoscere da vicino le loro tragedie.
Desideriamo sostenere coloro che dedicano tempo, energie e cuore alla difesa dei profughi e alla lotta a ogni forma di razzismo, anche semplicemente dichiarando la propria opinione. Ringraziamo quanti, a motivo di ciò, vengono derisi, ostacolati e accusati. Vale ancora l’art. 21 della nostra Costituzione che sancisce per tutti «il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione».
Desideriamo dissociarci da ogni forma di utilizzo della fede cristiana che non si traduca in carità e servizio.
Infine, in comunione con il magistero di fraternità e di solidarietà di papa Francesco, desideriamo obbedire alla nostra coscienza di donne, figlie di Dio e sorelle di ogni persona su questa terra, esprimendo pubblicamente la nostra voce.
Vi ringraziamo per l’attenzione con cui avete letto il nostro appello. Ringraziamo lei, presidente Mattarella, per i suoi inviti continui alla pace e per la sua fiducia nel dialogo che permette, come ha detto in occasione della Festa della Repubblica del 2 giugno, «di superare i contrasti e di promuovere il mutuo interesse nella comunità internazionale». Ringraziamo lei, presidente Conte, per il suo non facile ruolo di mediatore e garante istituzionale all’interno del Governo. Vi ringraziamo sinceramente per quello che già fate a favore di una convivenza pacifica e di una società più accogliente. E assicuriamo la nostra preghiera per voi, per quanti operano nelle istituzioni, per il nostro Paese e per l’Europa, perché insieme collaboriamo a promuovere il vero bene per tutti»
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