Sea Watch 3; nave bloccata, operatori e migranti in quarantena a Messina senza infetti, ma non serve a nessuno

di Mi.Bru. – “L’impressione a bordo della Sea-Watch 3 è che quella che il coronavirus sia solo un espediente per impedire alle Ong di portare avanti le missioni di salvataggio in mare: un articolo sul sito di “Open Migration” racconta la vita a bordo della Sea-Watch 3, che dal 27 febbraio è ferma nel porto di Messina, dove dovrà rimanere fino al 12 marzo, per effetto delle disposizioni del governo italiano legate al coronavirus .” A comunicarlo è un aggiornamento di Agensir (Agenzia Servizio Informazione Religiosa), agenzia della Federazione Italiana Settimanali Cattolici.

Si legge nel report che “l’equipaggio è ancora a bordo, mentre i 194 migranti soccorsi, tra cui diciannove donne di cui una incinta e trentuno minori, sono stati trasferiti nell’ex caserma Gasbarro. – Quando abbiamo comunicato ai migranti che dovevano fare la quarantena hanno detto: La facciamo per proteggerci dal virus che c’è in Italia? In realtà non è proprio così – , racconta Gennaro Giudetti, mediatore a bordo. Secondo Giorgia Linardi, portavoce della Ong tedesca Sea-Watch, – la decisione del governo avrebbe poco a che fare con il virus, ma sarebbe piuttosto  discriminatoria –  perché sono state fermate solo le navi delle Ong: la stessa sorte è toccata infatti alla Ocean Viking, con cui operano Msf e Sos Mediterranée, ancorata al largo di Pozzallo dal 23 febbraio, mentre le 276 persone soccorse sono in quarantena nell’hotspot della città nonostante dai test non sia emerso alcun caso di Covid-19. Per nessun’altra imbarcazione, turistica, commerciale o mercantile, sono state adottate tali misure. – Ci domandiamo perché questo tipo di disposizioni si applichino solo alle imbarcazioni di salvataggi – , chiedono dalla Sea Watch, denunciando che – forse lo scopo non è contenere la diffusione di un virus ma evitare che si possano salvare persone in pericolo – . Proprio per questo, Sea Watch chiede di poter tornare a operare: – Vogliamo poter tornare in mare, per fare quello che dobbiamo fare: salvare vite – , dichiara Stefan Jarosh, capo missione di Sea-Watch 3. Le conseguenze di questo blocco sono inevitabili, visto che nessuna Ong è presente ora nel Mediterraneo: il 28 febbraio un gommone con a bordo 44 uomini ha lanciato l’allarme per 24 ore senza ricevere risposta, finché è stato riportato indietro dalla guardia costiera libica. Second l’Oim (Organizzazione internazionale migrazioni) oltre 2.000 persone sono ancora nei centri di detenzione in Libia in condizioni drammatiche.”

Da più fronti, da quando si è diffusa l’emergenza Coronavirus, si chiedono chiusure dei porti e quarantene. Ma ha davvero un senso? Vi avevamo già spiegato in questo pezzo come l’allarme sia ingiustificato e come fosse quasi impossibile che fossero arrivati con questa nave, come poi è stato verificato.

Soltanto ultimamente l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha cominciato ad individuare i primi casi di diffusione locale. Secondo il report di ieri, attualmente sono 7 i casi registrati in un Continente dove al netto di una popolazione di circa 1,216 miliardi di abitanti si tratta di numeri davvero insignificanti. Se in Senegal e Nigeria vi è un caso per ciascun Paese, si tratta di casi importati da fuori e quindi isolati. Soltanto l’Algeria manifesta una trasmissione locale del virus. Quindi soltanto l’Algeria al momento può destare qualche preoccupazione. Resta il fatto che i tamponi faringei sono altamente attendibili e una volta confermata la negatività non bisogna avere nessun timore, nemmeno per persone provenienti dai Paesi contagiati. Ma questo dato, come vi abbiamo spiegato, non ha niente a che fare con la situazione di migranti che arrivati in questi giorni in Italia, saranno giunti in Libia chissà quanti mesi fa, anche prima dell’emergenza.

In realtà è proprio l’Africa a dover avere ancora timore degli italiani e prendere precauzioni. Ad oggi siamo il terzo Paese con più contagi (2502) dietro a Cina (142823) e Corea del Sud (5328), davanti all’Iran (2336). Tra l’altro come dichiarato dalla stampa in questi giorni, il primo caso in Nigeria era proprio un italiano appena tornato da Milano che lavora nel Paese africano. A questo proposito il Sindaco di Napoli De Magistris ha lanciato una provocazione “Prima si commentavano i porti chiusi di Salvini, ora è l’Africa che ci chiude aeroporti e porti, l’italiano è un appestato a livello mondiale.”

Ironia e politica a parte, potrebbe avvenire davvero che sull’onda del panico, adesso siano proprio loro ad aver paura e a chiuderci fuori dal Continente. E’ una ipotesi che dobbiamo evitare. In un contesto del genere la comunità internazionale deve fare collante e unirsi per combattere l’emergenza. Non ha senso chiudersi nell’angusto spazio delle proprie paure e dei provincialismi. Quello che basta fare è semplicemente seguire i protocolli dell’OMS, gli stessi usati dal nostro Paese, che sembrerebbe il meno sicuro, invece non lo è (a dirlo tra l’altro ultimamente anche Piero Angela). L’Italia è il Paese che ad oggi ha applicato i maggiori controlli e, forse anche esagerando, le maggiori misure restrittive (come l’ultimo decreto del Governo Conte).

Insomma non c’è bisogno di chiudere porti e aeroporti, basta fare i tamponi a chi viene da Paesi a rischio e se necessario isolare chi è positivo.

Sul proprio sito l’OMS continua a ” Mettere in guardia riguardo alle restrizioni su traffico e commerci dalle zone a rischio. L’evidenza, in generale dimostra che le restrizioni di movimenti di persone e beni durante un’emergenza sanitaria non ha risultati in gran parte dei casi e può distrarre risorse per eventuali interventi. Per di più, possono interrompere l’arrivo di necessari aiuti e risorse tecniche, possono creare danni economici e sociali alle popolazioni affette.  Certamente, in alcune circostanze le misure possono essere temporaneamente utili, nei casi di situazioni in cui vi è scarsa capacità di rispondere all’emergenza e scarsi collegamenti internazionali”. Insomma non pare che l’Italia sia un Paese che abbia necessità di isolarsi per rispondere, secondo quanto si può dedurre da queste indicazioni, piuttosto può subire gravi danni economici da una eventuale chiusura nei confronti di Paesi che intrattengono importanti rapporti con noi. Se fosse l’Africa a creare restrizioni nei nostri confronti, sarebbe peggio ancora per le economie del Continente.

Infine per Paesi affetti da Coronavirus l’OMS intende soltanto i Paesi come  Italia e Algeria dove vi è una diffusione locale, né quelli dove vi sono casi isolati importati da fuori, né quelli che si presume per chissà quale arcano motivo debbano portare epidemie a prescindere dai dati reali registrati.

Partecipa alla discussione. Commenta l'articolo su Messinaora.it