Sebastiano Ardita ricorda Libero Grassi, “ucciso perchè lasciato solo contro il racket”

Il 29 agosto 1991 Libero Grassi, l’imprenditore antiracket, viene ucciso da Cosa Nostra.
Era radicale come Sciascia, anzi fu proprio lui a proporre allo scrittore di candidarsi nelle liste del partito. Noi vogliamo ricordarlo oggi con le parole di Sebastiano Ardita, magistrato le cui inchieste hanno segnato gli ultimi anni delle storia sociale di Messina, disvelando gli intrecci mafiosi che legano il tessuto politico e quello sociale di una città per niente “babba” sotto il profilo mafioso.
Ardita, Presidente della prima commissione del CSM, ha recentemente scritto “Cosa nostra Spa” definendo la mafia come una grande impresa dall’enorme fatturato, i cui interessi  accomunano colletti bianchi che governano multinazionali, enti e istituzioni pubbliche in un sistema di corruzione e collusione contro il quale gli strumenti di contrasto legislativi appaiono sempre meno efficaci.
Sulla sua seguita pagina social il magistrato ha ricordato Libero Grassi, che come lui è nato a Catania.
“Stava andando a piedi al lavoro come ogni mattina, erano le 7.30 di 29 anni fa quando Libero Grassi venne barbaramente ucciso dai suoi killer in una via di Palermo.
Era nato a Catania ma a 8 anni la sua famiglia si era trasferita nel capoluogo regionale. Aveva una storia di impegno sociale e politico, poi la vita da imprenditore tutto d’un pezzo con un carattere forte e deciso: non voleva pagare il pizzo.
Il 10 gennaio del 1991 – ricorda Sebastiano Ardita –  aveva fatto pubblicare una lettera sul Giornale di Sicilia “Volevo avvertire il nostro ignoto estortore di risparmiare le telefonate dal tono minaccioso e le spese per l’acquisto di micce, bombe e proiettili, in quanto non siamo disponibili a dare contributi e ci siamo messi sotto la protezione della polizia.
Il successivo 19 marzo i suoi estorsori vennero arrestati dopo la sua denuncia.”
Prima di morire aveva avuto modo di esprimere la sua amarezza per le incoerenze dello Stato nella ’lotta alle estorsioni ed alla mafia e di denunciare la solitudine per la mancanza di sostegno di una associazione regionale di categoria.
E poi l’omicidio con una sequenza esemplare che nei piani di cosa nostra sarebbe servito per spezzare la resistenza di chi si opponeva al pizzo.
Ma non andò così. Da quel giorno Libero è divenuto simbolo della lotta alle estorsioni e cosa nostra , a causa della rivolta di molti commercianti che avevano iniziato a denunciare, ha dovuto spesso rinunciare al “pizzo“, fino a modificare i suoi settori di intervento criminale .
Oggi però le associazioni antiracket denunciano un calo di tensione ed una attenuazione dei benefici che – a partire dall’omicidio di Libero Grassi – lo Stato aveva assicurato a chi denuncia il racket. Anche in questo caso fare memoria può aiutare a non attenuare la tensione. Anche per evitare che Libero Grassi sia morto invano”.

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