Il dono di Don Roberto e la strumentalizzazione dell’amore

di Fra Giuseppe Maggiore – A quanto sembra il 15 settembre è dedicato alla sofferenza e al dolore, che si trasforma in sorgente di salvezza per i credenti in Cristo e testimonianza di vita per chi non crede. Nel giorno dedicato alla Madonna Addolorata, si ricorda il compleanno del Beato Pino Puglisi, ucciso nel 1993 dalla mafia perché viveva il Vangelo e ieri per lo stesso motivo è stato ucciso Don Roberto Malgesini.

Il motivo della loro uccisione è il loro essere scomodi, il loro essere “rompiscatole” per una vita vissuta con autenticità per amore di Qualcuno. Quel Qualcuno è Cristo Gesù, che Don Pino e Don Roberto hanno scelto donandogli l’ultimo respiro. Quel respiro che è l’atto simbolico e concreto più importante e necessario  per poter portare avanti i nostri sogni i nostri progetti. Il respiro è l’atto primo della creazione dell’uomo. Dio soffia, respira, alita sull’uomo e lo rende simile a Lui nell’amore e nella donazione quotidiana del proprio essere.

Beato Pino Puglisi

Chi ama veramente lo fa in maniera disinteressata, lo fa per conformarsi a qualcuno. Per don Roberto come per don Pino e come per tanti altri che quotidianamente offrono la loro vita per l’uomo di ogni tempo e luogo,il motivo della conformazione è Cristo che si incontra per strada nello zingaro, nel senza tetto, nell’immigrato, nel padre e nella madre di famiglia che stentano a portare a casa il necessario, negli ammalati e anziani soli nelle loro case e negli ospedali, negli assettati e affamati non solo di pane ma di giustizia, nei carcerati… Quel Cristo presente in ogni uomo e donna che in qualche modo è mancante di qualcosa o di qualcuno.

San Francesco considerava ogni fratello un dono “Il Signore mi donò dei fratelli”.

Nella logica del dono e del servizio la vita donata è una restituzione a Dio. Don Roberto Malgesini, ogni mattina a Como portava da mangiare e donava la Parola con la sua vita silenziosa. Parola che sfociava in parole e gesti di conforto ai più bisognosi, agli ultimi. Gli stessi a cui l’assessora comunale alle politiche sociali, appartenente alla Lega, strappava le coperte.

Chi fa questo servizio deve mettere in conto la non gratuità. Ecco perchè stridono ancora una volta le parole di Salvini che non solo ha sprecato un’altra bella occasione per dimostrare di essere cristiano, ma ha dimostrato l’ignoranza delle Scritture e quindi di Cristo, cosi come affermava San Girolamo. Da buon manipolatore della realtà, ha colto la palla al balzo per strumentalizzare anche questa tragica vicenda, “È stato ringraziato a coltellate da un clandestino”. Questa è la differenza di chi dona per dare dignità e di chi toglie agli altri per i propri scopi, di chi ama senza interessi e di chi odia  per interesse, di chi è cristiano con la vita e chi lo è solo per convenienza o meglio a parole.

Tutto il Paese si sta stringendo attorno a don Roberto, il prete degli immigrati, degli ultimi, il prete di Cristo povero che lo ha saputo riconoscere nei lebbrosi del nostro tempo. Tutti, credenti e non, perché don Roberto ha vissuto la sua vita nella gratuità del Vangelo, nella gioia del Servizio, senza cercare compensi o compensazioni, senza voler nulla in cambio, senza strumentalizzare il suo essere tra la gente per fare carriera, per avere pieni poteri,ma avere il potere di amare alla maniera di Dio che non fa discriminazione alcuna. Senza togliere nulla a nessuno, ma donarsi gratuitamente sino all’ultimo respiro come Don Pino Puglisi donando il sorriso di un Dio che (se ne faccia una ragione chi segue le vie di Salvini, e non quelle del Vangelo) è presente anche nel tunisino che ha alzato la mano contro don Roberto, che come Cristo avrà detto “Perdonalo perché non sa quello che fa.”

Credo che sia opportuno chiedere scusa a Don Roberto per la nostra indifferenza, la nostra incapacità di farci prossimi ai fratelli, la nostra propensione ad escludere anziché includere, per il nostro continuare a non capire il senso della vita e del suo dono gratuito. Don Roberto, cosi come afferma il vescovo di Como, mons. Oscar Cantoni, in un’intervista al Tg2000 “lascia l’insegnamento di accostarci a tutti, a partire dai poveri che egli riconosceva come la carne di Cristo e di servirli, di amarli in qualunque situazione, da qualunque provenienza e da qualunque religione”.

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