Draghi non è il governo degli ultrà: più Policy meno Politics

di Palmira Mancuso – Il Governo Draghi ha scatenato gli ultrà di ogni sfera politica. Del resto ogni cultura ha i suoi estremisti, quelli più grillini di Grillo, più berlusconiani di Berlusconi, più marxisti di Marx, più realisti del Re.

Ciò che pare sfuggire, perchè gli italiani sappiamo dal 45 di quale corta memoria soffrano, è il perchè sia nato questo governo, che politicamente è la sconfitta dei partiti che hanno tutti dovuto fare un passo avanti per recuperare una unità necessaria alla gestione di una crisi su cui l’intera Europa ha investito, in particolare assegnando all’Italia “dei bonus” la fetta più grande del Next Generation Eu.

Posto che i ministeri su cui Draghi vuole lasciare il segno sono tutti tecnici, i commenti tra i semplici elettori, segnano un gap culturale importante: l’estremo segnale del populismo che ha attraversato tutte le culture politiche, a destra come a sinistra, e dalle cui macerie  sgorgono luoghi comuni, preconcetti, slogan e persino quella resistente sfiducia nella costituzione a cui è invece ancorato il governo dei Presidenti. Mattarella ha compiuto un capolavoro nel trovare sintesi nel momento più drammatico per la ripartenza del Paese, con la saggezza del nonno che pensa ai nipoti guardando ai figli che nel frattempo sono troppo immersi nel quotidiano.

La chiave per dare fiducia al Governo Draghi è cambiare linguaggio, introducendo anche in italiano due parole per spiegare la poltica, come in inglese: Policy, cioè la ricerca di una via razionale per risolvere problemi complessi che coinvolgono società, economia e tecnologia; Politics ovvero la ricerca di consensi popolari, e la loro aggregazione verso soluzioni che siano accettate anche se non necessariamente ottimali.

Con il PD alla cultura e al lavoro, la Lega ai settori produttivi, Forza Italia ai ministeri nei quali sguazzano (sud, PA e regioni) e il M5S ancorato agli esteri con Di Maio, il governo Draghi fotografa il Parlamento che gli italiani hanno votato. E se è evidente la minor presenza di donne rispetto agli uomini, non si può ridurre tutto ad una questione numerica da femminismo ai quattro formaggi: due ministeri chiave come Interno e Giustizia vedono Lamorgese e Cartabria, il resto sono dinamiche di partito a cui ciascun elettore dovrebbe chiedere conto.

Così come la polemica sulla rappresentanza del Sud, a cui si attaccheranno per fare facile opposizone leghista (ops, ma non potranno, sono al Governo); a cui si aggrapperà Fratelli d’Italia per raggiungere i sovranisti delusi (grillini compresi) finendo con lo smentire il loro stesso patriottismo non partecipando al governo più “patriottico” di sempre o sperando piuttosto che fallisca.

Chi ha paura del governo Draghi parte dal presupposto sbagliato che chi governa deve pure educare il popolo. Oppure è abituato a pensare alla politics e non alla policy. Perchè adesso invece è il momento della serietà nel governare per riformare un sistema incancrenito dal partitismo, alla cui fine la politica ha saputo rispondere solo con un movimento che oltre a mortificare più volte la carta costituzionale (con riforme come il taglio dei parlamentari senza che prima venisse adeguata la legge elettorale) ha fatto del post-berlusconismo, del post-comunismo e del post-ideologismo non una lente critica per costruire una visione ma il “piede di porco” per forzare i Palazzi, con la leva di una rabbia che si riflette in un odio sociale destinato ad esplodere al primo bonus non garantito.

Adesso è il momento delle idee, di dare ai giovani un Paese credibile in cui investire in termini non solo di risorse economiche. Ricordandoci che il Governo ha una funzione ma è il Parlamento che discute e vota le leggi.

E per favore, non parlate della Ministra Marta Cartabria facendo riferimento alle sue personali posizioni sull’aborto (prese in prestito assieme ad altre da veloci curriculum online): vorrebbe dire che per difendere la legalizzazione bisogna essere  consumatori di droghe, per lottare a favore dei diritti lgbt+ bisogna essere omosessuali, per parlare di donne bisogna essere donne, per difendere i migranti bisogna essere stati salvati da un naufragio. Questa è la logica dell’uno vale uno, che è il contrario però dell’avere coscienza. Perchè in coscienza, meglio discutere con un costituzionalista in punta di diritto o lasciare che in buonafede tutto cambi perchè nulla cambi?

In ogni caso, il genio dell’intelligenza collettiva cara ai grillini ci da una perla da twitter: «La Cartabia al posto di Bonafede è come sostituire Gigi D’Alessio con i Pink Floyd».

 

 

 

 

 

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