Truffa milionaria al Sistema Sanitario nazionale: 25 indagati per la gestione di sette case di cura

Gli indagati sono funzionari pubblici Asp Messina, responsabili e dipendenti delle sette strutture private convenzionate, titolari di importanti case di cura nello Stretto. Nei loro confronti i Finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Messina stanno dando esecuzione ad un’ordinanza emessa dal Tribunale peloritano che dispone, in particolare per tre indagati, la misura cautelare del divieto temporaneo di esercitare attività imprenditoriali e di ricoprire incarichi apicali nell’ambito di imprese e persone giuridiche, per la durata di quattro mesi, nonché il sequestro di liquidità finanziarie per oltre 3 milioni di euro nei confronti di 7 strutture private convenzionate, provento del reato di truffa aggravata in danno del Servizio Sanitario pubblico.

Il ruolo dell’ex dirigente Asp Messina Marigiuliana Fazio

Figura centrale dell’inchiesta della Procura di Messina su una truffa milionaria al Servizio sanitario Nazionale, che ha portato a tre misure cautelari, è l’ex dirigente dell’ASP di Messina Mariagiuliana Fazio (di recente andata in pensione e quindi non destinataria di provvedimento cautelare), indagata per truffa aggravata allo Stato, accesso abusivo a sistema informatico, falso e corruzione, già a capo del Nucleo Operativo di Controllo dell’ASP di Messina. La donna è descritta dal gip come soggetto che, “forte di una consolidata esperienza amministrativa e burocratica”, si è dimostrata “dotata di una pervasiva capacità di orientare l’impatto della macchina amministrativa” da lei diretta, con “atteggiamento spregiudicato, piegandola a interessi di parte in funzione di un tornaconto personale”.

La Fazio, secondo quanto scoperto dai Finanzieri, avrebbe ricevuto anche gioielli pagati dalle casa di cura, ottenuto l’assunzione presso il centro sanitario gestito dalla Cure Ortopediche Traumatologiche S.p.a. del compagno di una sua collaboratrice amministrativa e l’assunzione a Villa Salus di una amica.

Si tratta di una complessa attività d’indagine, sviluppata dagli investigatori in materia di spesa pubblica del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Messina, su delega del pool di magistrati della Procura della Repubblica di Messina responsabili del contrasto ai reati contro la pubblica amministrazione, ruota intorno all’acronimo D.R.G. (Diagnosis Related Group): un dettagliato sistema che consente di classificare ogni singolo caso clinico in una determinata casella (il Ministero della Sanità ha previsto oltre 500 casistiche), variabile in relazione alla diagnosi, agli interventi subiti, alle cure prescritte ovvero alle caratteristiche personali del singolo paziente ricoverato in una struttura accreditata.

Proprio sulla base del D.R.G. attribuito, quindi, in funzione delle risultanze della Scheda di Dimissione Ospedaliera (in sigla S.D.O.), parte integrante della cartella clinica, ogni singola Regione prevede la tariffa da rimborsare alla casa di cura privata convenzionata, gravante sul Servizio Sanitario Nazionale, così risultando centrale la relativa attività di verifica, per norma attribuita ad un Nucleo Operativo di Controllo interno all’ASP competente per territorio.

Orbene, all’esito dell’odierna attività investigativa, consistita in penetranti investigazioni documentali, accertamenti bancari, escussione di diverse persone a vario titolo informate sui fatti, oltre ad attività tipiche di polizia giudiziaria, corroborate da plurime attività tecniche di intercettazione, acquisizioni informatiche ed interpolazioni con gli esiti di una consulenza tecnica d’ufficio, è emerso un “articolato e collaudato meccanismo fraudolento, finalizzato a far lievitare artificiosamente l’entità dei rimborsi corrisposti dal sistema sanitario, indicando nella Scheda di Dimissione Ospedaliera un D.R.G. difforme rispetto alle reali attività come risultanti dalle cartelle cliniche, così realizzando una conseguente truffa ai danni del Servizio Sanitario pubblico per oltre complessivi 3 milioni di euro, oggi sottoposti a sequestro.

Un dato estremamente allarmante lì dove si consideri che sono state oggetto di puntuale disamina soltanto 723 cartelle cliniche: di queste ben 591 presentavano anomalie, con una percentuale d’incidenza pari all’81,74%, tanto da indurre il competente Giudice del Tribunale di Messina a ritenere l’esistenza di una forma “di radicata connivenza tra controllore e controllato”.

Anomalie che, alla luce del grave quadro indiziario, comunque basato su imputazioni provvisorie e che dovranno trovare conferma in dibattimento e nei successivi gradi di giudizio, non paiono potersi attribuire a casualità o superficialità dei controllori, bensì, proprio per la frequenza e metodicità, da ritenersi sintomatiche di un sistema rodato: …la cartina al tornasole di un sistema illecito diffuso […] finalizzato a lucrare indebitamente sui rimborsi riconosciuti dalla Regione Siciliana per le prestazioni erogate dagli enti convenzionati…”, rafforzato “…dal contributo offerto dal soggetto controllore, nella specie l’Ufficio dell’ASP di Messina […] i cui funzionari, anch’essi sistematicamente, omettevano di rilevare le pur patenti irregolarità […] attestando falsamente nei verbali NOC la conformità della documentazione esaminata ai parametri previsti…”.

Nel merito, come peraltro emergente anche dalle intercettazioni telefoniche, si acquisiva come la Fazio vantasse un “rapporto privilegiato e di cointeressenza” con i vertici delle importanti case di cura investigate: in particolare il romano  Emmanuel Miraglia della Cappellani Giomi S.p.a. e della Giomi S.p.a., società convenzionate che avrebbero guadagnato rimborsi dal Servizio Sanitario per 423.934 euro.

In tale ambito, avvalendosi del prezioso supporto tecnico degli specialisti della Guardia Finanza appartenenti al Nucleo Speciale Tutela Privacy e Frodi Tecnologiche di Roma, venivano effettuate mirate acquisizioni degli accessi al portale “Qualità Sicilia SSR”, sottosistema “Controllo qualità e appropriatezza cartelle cliniche e SDO”, predisposto dall’Assessorato alla Salute della Regione Siciliana, rilevando come la dottoressa Fazio avesse fornito ad un medico, dipendente della Giomi S.p.a., oggi indagato per accesso abusivo a sistema informatico, le proprie credenziali riservate, al fine di consentire a quest’ultimo di inserire, indebitamente, in suo luogo, i dati relativi alle procedure di verifica sulle cartelle cliniche.

Tra gli indagati più noti anche il calabrese Domenico Chiera, calabrese, 62 anni, direttore sanitario della Casa di cura gestita dalla COT S.p.a., destinataria di 364.415,77 euro e indagato per accesso abusivo al sistema informatico e il messinese Gustavo Barresi, 51 anni, socio della casa di cura Villa Salus, destinataria di 655.063,55 euro. Per i tre è stata disposta la misura cautelare del divieto temporaneo di esercitare attività imprenditoriali e di ricoprire incarichi apicali nell’ambito di imprese e persone giuridiche, per quattro mesi. 

Dalle indagini sono emersi  rapporti privilegiati anche con altre case di cura operanti a Messina tra cui la casa di Cura Cristo Reattraverso il rappresentante legale Antonino Merlino, che ha incassato rimborsi per 259.866,47 euro. Anche in questo caso son o stati accertati accessi abusivi al sistema informatico eseguiti da due dipendenti della Cristo Re S.r.l., oggi indagati; la casa di cura San Camillo, amministrata dalla Provincia Sicula dei Chierici Regolari Ministri degli Infermi, destinataria di 400.594,40 euro e la casa di cura amministrata dalla Carmona S.r.l., attraverso l’amministratrice Caterina Facciola, che ha incassato 899.215,35 euro.

La Fazio si sarebbe servita della complicità di 14 addetti al suo ufficio, tutti indagati per falso. Dalle indagini è emerso che la donna dava indicazioni ai suoi collaboratori su cosa scrivere, o non far rilevare in sede di ispezione delle case di cura, sollecitando i suoi a non verbalizzare, ad esempio, carenze di personale negli orari notturni “…no, non scriverla come criticità…non la…non la scrivere…”, diceva non sapendo di essere intercettata. O ancora sulle modalità di intervista dei pazienti sulla qualità del servizio offerto, quando suggeriva che l’attività venisse svolta in presenza del direttore sanitario, così da condizionare i pazienti nelle risposte che avrebbero fornito..

La dirigente ancora in ordine alle modalità di intervista dei pazienti circa la qualità del servizio offerto, suggeriva che tale attività venisse svolta in presenza del direttore sanitario, così da condizionare i pazienti nelle risposte che avrebbero fornito “…fate delle interviste ai pazienti…insieme al direttore sanitario …[…]…però fallo col direttore sanitario così hanno una remora nel ….ok ci siamo capiti!…”. Per questa circostanza risulta indagato, per reati di falso, insieme alla Fazio e agli appartenenti al N.O.C., anche il direttore sanitario della C. G. S.p.a..

Un quadro generale fortemente preoccupante e che l’odierna operazione ha consentito di far emergere, a testimonianza del costante impegno profuso dal Tribunale, dalla Procura della Repubblica e dalla Guardia di Finanza di Messina, affinché le risorse pubbliche destinate a curare persone ammalate e bisognose non siano sottratte per essere destinate a finalità illecite e di arricchimento personale, vieppiù in un periodo in cui la sanità pubblica è così bisognosa di una corretta spesa delle risorse a disposizione.

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