Capo Alì resta chiuso, il Comitato No Frane “rilanciamo la petizione”

I tecnici dell’Anas hanno riscontrato il rischio che dal costone si verifichino ulteriori distacchi. La riviera jonica rimane quindi divisa in due, considerata la contestuale chiusura, sempre per frana, della strada provinciale agricola Alì-Itala che avrebbe rappresentato un percorso alternativo. L’unica possibilità di collegamento rimane l’autostrada A18 Messina-Catania, ma con gravi disagi per gli automobilisti, costi e tempi di percorrenza sensibilmente allungati.

“Come Comitato No Frane No Precarietà avevamo analizzato la fragilità del nostro territorio – scrivono Giacomo Di Leo del Comitato No frane-No precarietà e Francesco Aloisi Attivista riviera jonica messinese – É da decenni che succedono queste frane e le Istituzioni rispondono solo con “passerelle” e promesse non mantenute. Bastava semplicemente Installare delle gallerie paramassi ed applicare un economico canale di scolo propedeutico a mitigare eventuali eventi franosi: soluzioni proposte all’interno della petizione popolare e sistematicamente ignorate dai diversi rappresentanti delle Istituzioni.

Le priorità per la messa in sicurezza di quel tratto stradale sono quelle delineate sopra. Alle piccole opere utili, che auspichiamo da decenni, le Istituzioni preferiscono le grandi opere inutili e dispendiose, infrastrutture strumentalizzate demagogicamente durante il periodo elettorale.

Ormai ci chiediamo da tempo:

piuttosto che intervenire celermente in modo razionale, efficiente ed economico chi dovrebbe tutelare la nostra sicurezza sulle strade statali come la SS 114 cosa fa? Mette in atto comportamenti omissivi, che mettono a rischio la nostra sicurezza? Come Comitato No Frane-No Precarietà, oltre ad aver lanciato da anni una petizione popolare con raccolta firme, e presentato esposti alla Procura della Repubblica di Messina riteniamo e sosteniamo che solo una pacifica protesta sociale organizzata dal basso dalle popolazioni colpite da decenni di ferite materiali e morali può salvare la vita degli abitanti del luogo. Intanto rilanciamo la petizione che è già giunta a quota 200 firmatari, auspicando di raggiungere 500 firme e depositare un nuovo esposto alle autorità competenti. Oltre che mettere in campo tutte le mobilitazioni utili, che decideranno democraticamente le popolazioni locali. È ora della lotta vera, non delle generiche lamentele!”

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