Pride dello Stretto: orgogliosi di essere LGBTQIA+ (video)

di Ketty Costa. Così come in altre città d’Italia anche nella città di Messina si è svolto nella giornata del 23 luglio il Pride.

Il Pride – che in italiano significa orgoglio (orgogliosi di essere LGBTQIA+) – è un evento che, sebbene spesso venga considerato come un semplice festa, in realtà è un mezzo attraverso il quale si rivendica il proprio diritto di esistere, il superamento di stereotipi e di pregiudizi.

La manifestazione di sabato 23 luglio, che è stata patrocinata dall’Amministrazione comunale che ha anche deciso di aderire attraverso l’esposizione della bandiera arcobaleno al Comune, è partita da piazza Antonello, per attraversare tutto il corso Cavour, parte della via Garibaldi, per poi arrivare a piazza Unione Europea.

Tantissimi i ragazzi presenti desiderosi di sostenere questi diritti. In particolare, l’obiettivo è quello di proseguire il piccolo cammino già avviato da qualche anno, al fine di realizzare una società che garantisca e tuteli i diritti di ogni singola persona.

Oltre ai singoli, hanno deciso di aderire alla manifestazione gli istituti cittadini del La Farina, Basile, Archimede, Maurolico, Seguenza, Bisazza e Nautico con lo scopo di sensibilizzare i giovani, di educarli ad una società piu’ rispettosa e inclusiva nei confronti di chiunque, Articolo Uno, PD, Movimento 5 Stelle, +Europa, e altri partiti politici e  associazioni cittadine.

Madrina del Pride dello Stretto, Doretta Drag Queen, già rappresentante per l’Italia al Word Pride di New York in occasione del 50esimo anniversario dai moti di Stonewall, nel 2019.

In una nota Saro Visicaro esponente dei radicali messinesi dichiara:

“Se quaranta anni e decine di legislature non sono bastati a non farci rimanere un Paese a civiltà limitata qualche motivo ci dovrà pure essere. I pregiudizi di certa politica alla ricerca del consenso ad ogni costo, alimentati dai pregiudizi culturali di strati sociali in parte bigotti in parte poco o niente evoluti, rendono melmosa la realtà. Questa è forse la vera ragione che per tanti anni ci ha impedito, come persone, di essere uguali e liberi. Di esserlo, a prescindere dal sesso, dal naturale passeggiare mano nella mano, dal convivere, dall’essere coppia a tutti gli effetti. Ancora oggi i pre – giudizi e i luoghi comuni costringono alla
mimetizzazione, al doversi nascondere agli occhi dei genitori o della gente.

Una sorta di vergogna, forse di classe, impedisce alle nuove generazioni ( i cosiddetti “gender fluid”) di manifestarsi liberamente attraverso il proprio orientamento e dare nello stesso tempo senso alla propria identità. Ben vengano allora le giornate dell’orgoglio, con l’immancabile codazzo di commenti irritati e irritanti sui social, ma non bastano a fare superare certe barriere mentali. I colori delle sedi istituzionali assieme ai colori dei cortei per un giorno non sono sufficienti. SERVE più impegno dentro scuole, dentro le aule e le stanze della politica. Servono le parole giuste e gli atti quotidiani concreti.
L’ ossessione omofoba non è roba della nostra civiltà.”

 

 

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