Matteo Messina Denaro a Messina durante il lockdown, le indiscrezioni a “Non è l’Arena”

Mentre la città di Messina era blindata nel periodo del lockdown, Matteo Messina Denaro vi avrebbe trascorso parte della sua latitanza. L’indiscrezione è stata svelata durante l’ultima puntata di “Non è l’Arena” condotta da Massimo Giletti, aprendo una serie di interrogativi al vaglio di chi è chiamato ad indagare sulle protezioni che hanno permesso al crudele boss di rimanere libero a delinquere e gestire il proprio potere mafioso. La trasmissione ha puntato i riflettori su Laura Bonafede, la maestra che incontrava e si scriveva col boss mentre si nascondeva dalla giustizia, indagata e sospesa dal servizio da Valditara, Ministro dell’Istruzione.

Ma tornando alla città di Messina, è in uno dei servizi andati in onda che è stata svelata quasi con noncuranza la presenza del capo mafia da parte di due persone intervistate dal giornalista Silvio Schembri, una coppia che lo aveva incontrato a casa di Lorena Lanceri, la donna arrestata assieme al marito Emanuele Bonafede per aver favorito Messina Denaro durante la latitanza.

I due hanno dichiarato la loro incredulità dicendo di averlo conosciuto con il nome di Francesco Salsi, medico anestesista, padre separato di tre figlie, due delle quali abitanti a Palermo. “L’abbiamo conosciuto nel 2018, 2019, mio marito stava male e lui ha pure dato un suo parere medico su una risonanza magnetica”, ha detto la donna sconvolta. “Cenavamo sempre a casa di Lorena, e lui si faceva chiamare Francesco, Franci, dottore, diceva di essere no social, non amava il telefonino…”. “Ci disse che abitava a Palermo – continua il marito – Mi ha raccontato pure che nel periodo del lockdown se n’era andato a Messina. Lorena mi ha fatto vedere un messaggio che diceva che era stato un piacere averci conosciuto, ma in questo momento storico lui doveva essere presente per far parte della storia. Cioè nelle equipe mediche per curare il Covid…”. A Messina.

Della presenza di Messina Denaro nella città dello Stretto, come riporta anche il sito Stampalibera.it se ne parlò già nel 2019 (poco prima della Pandemia) in occasione di un blitz dei carabinieri al Centro Neurolesi. Un episodio che suscito anche la curiosità di qualche giornale nazionale, ma che si sgonfiò alla luce delle risultanze sul dna esaminato e prelevato dal paziente “sospetto” che non risulto essere Messina Denaro.

Il blitz ( qui un articolo del Giornale) era stato mascherato da un normale controllo dei Nas. In realtà si trattava di una organizzata e pianificata a tavolino operazione di intelligence che ha impiegato i nuclei speciali dei carabinieri.

La struttura del neurolesi è stata teatro di una indagine anche sulla latitanza di un altro boss, Francesco Pelle, rimasto ferito in un agguato e curato per diversi mesi nella struttura sotto falso nome. Una vicenda che portò all’arresto di un fisioterapista nel 2012 (qui la vicenda)

Della presenza di Matteo Messina Denaro sullo Stretto aveva parlato un pentito, Gaspare Spatuzza durante il processo Borsellino Quater: una notizia che è passata quasi inosservata ma pubblicata in esclusiva da Stampalibera.it (qui il link) che riportava come il superlatitante “sarebbe stato operato in un ospedale di Messina sotto false generalità, protetto a vista dai reggenti della famiglia stragista di Brancaccio”.

Gaspare Spatuzza è l’ex boss di Brancaccio responsabile dell’omicidio di padre Pino Puglisi, che dopo essersi convertito in carcere alla fede cristiana è divenuto il collaboratore di giustizia più importante per far luce su alcuni dei misteri delle stragi di Capaci, via D’Amelio, Roma, Firenze e Milano e sul fallito attentato allo stadio Olimpico del 23 gennaio 1994.

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