UNIVERSITA’: L’ODISSEA DEGLI STUDENTI PENDOLARI

 

C’era una volta, tanto tempo fa, un castello incantato in cima ad un monte. In questo castello si svolgevano le attività più nobili e varie del tempo. Studi antichi e recenti, si imparavano le lingue dei paesi lontani, si studiavano le erbe medicinali e si allevavano gli animali per studiarli e trarne beneficio. Il castello era tanto famoso per le attività che si svolgevano all’interno delle sue mura, quanto per la difficoltà che avevano  gli abitanti dei paesi vicini nel raggiungere i suoi cancelli. Bene, se adesso sostituissimo la parola castello con la parola università di Messina e aggiornassimo la terminologia ad i nostri tempi, il significato non cambierebbe di molto, non cambierebbe per niente.  Purtroppo non è una fiaba, per gli studenti pendolari e non solo, è davvero difficile raggiungere le università messinesi.

Natalì  studia scienze della comunicazione a Messina, vive a Scilla, un paese sulla costa calabra neanche tanto distante da Messina, non fosse per un piccolo particolare: i mezzi. La sveglia suona alle 6:00, qualche minuto per stiracchiarsi e poi giù dal letto. Colazione, doccia e via. Casco in testa, in sella allo scooter, raggiunge la stazione di Scilla per prendere il treno delle 7:20 che la porterà a villa S. Giovanni in una decina di minuti. Poi di corsa verso la Caronte che, come sappiamo parte ogni 40 minuti. Giunta a Messina, la sfida non è ancora finita. L’avventura in terra siciliana è forse ancor più ardua: davanti all’imbarco della Caronte, c’è una fermata, la fermata di quell’”affare” che i messinesi chiamano tram, di quello che io chiamo lattina, non tanto per la forma od il colore, ma per il semplice motivo che per muoversi sul tram negli orari di punta, bisognerebbe cospargersi d’olio esattamente come acciughe, sgombri, tonni e sardine in scatola per l’appunto.

Dopo il tram la nostra, ormai, eroina ha un’ultima prova da affrontare. La navetta dell’università di Messina “direzione ANNUNZIATA”! Stracolma, stralenta, strarara! Sì perché nonostante, come ogni studente universitario sa, gli orari delle lezioni siano spesso incastrati in modo incomprensibile, quelli delle navette sembrano organizzati “ad minchiam” visto e considerato che dal polo annunziata al tram sono circa 3km ed una navetta ogni 20 minuti è forse un po’ poco rispetto alla mole di gente che frequenta, per non parlare del fatto che gli studenti hanno il tram gratis, ma non i bus…il che vuol dire, in parole povere, che se stai a Torre Faro paghi, se stai a piazza Cairoli no.

Giunta all’università, Natalì guarda l’orologio: è in ritardo e con una decina di euro in meno in tasca… oltretutto bisogna anche sperare che il prof. non sia un anziano signore pignolo e un po’ all’”antica”. L’epopea sembra finita, le ore di lezione scorrono, ma Natalì ha ancora una sfida davanti a se, meno frenetica forse, ma altrettanto lunga, il viaggio di ritorno.

Non dimentichiamo che uno studente universitario che entra alle 9 ed esce alle sei del pomeriggio e che in più deve fare tragitti del genere due volte al giorno, dovrebbe  studiare e magari trovare anche 5 minuti per amici e parenti.

Una volta si facevano tanti sacrifici, potrebbe dire qualcuno, una volta si andava in giro a cavallo potremmo rispondere. Siamo nel 2011, siamo sempre online ed ancora oggi pochi chilometri sembrano un ostacolo insormontabile.  (SIRO BIZZI)

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