E’ MORTO IL BOSS SANTO SFAMENI: VIVEVA A VILLAFRANCA, LO STESSO PAESE DI GRAZIELLA CAMPAGNA

 

Chi lo vedeva al bar del paese lo avrebbe certamente scambiato per un tranquillo e onesto pensionato. Eppure, non solo a Villafranca, Don Santo Sfameni era molto conosciuto. Lo chiamavano “il patriarca”, e il suo nome appare inevitabilmente in una delle vicende più dolorose della storia delle vittime di mafia: quella di Graziella Campagna. Era infatti il cognato della proprietaria della lavanderia dove si recò Gerlando Alberti Jr, condannato definitivamente quale esecutore materiale dell’omicidio assieme a Giovanni Sutera. I due avrebbero agito sotto la protezione del “patriarca”. Di lui parlò anche il collaboratore di giustizia Santi Timpani, che chiamò in causa Santo Sfameni per aver inquinato le indagini a favore dei mafiosi palermitani Gerlando Alberti e Giovanni Sutera.

Santo Sfameni,  era considerato uno dei pochi uomini d’onore della provincia di Messina. Pur avendo delegato ultimamente la gestione delle attività criminali a referenti più giovani ed attivi, continuava ad essere un personaggio influente e di rispetto tanto che tutti, anche i suoi successori, ricorrevano ai suoi consigli e pareri. E’ morto ieri, a 83 anni, ed oggi sui muri della cittadina tirrenica compaiono  i manifesti listati a lutto che annunciano i funerali  nella chiesa Nostra Signora di Lourdes.

Sfameni è stato indicato per decenni come il boss di Villafranca, con collegamenti strettissimi con la mafia tirrenica, con personaggi quali Michelangelo Alfano e Luigi Sparacio e con Cosa nostra palermitana.

Ufficialmente imprenditore edile, Sfameni ha sempre cercato di mantenere un profilo “basso”, eppure al suo nome sono riconducibili diverse confische di beni sottratti alla mafia: sette immobili incamerati dal Comune di Messina e destinato a scopi sociali.

Sfameni fu coinvolto, assieme a Michelangelo Alfano e a Luigi Sparacio, nell’inchiesta “Witness”: i tre furono accusati di essere i referenti messinesi (anche se Alfano era originario di Bagheria) di Cosa Nostra. Ebbe anche una condanna passata in giudicato (la gambizzazione di di un docente universitario), visse periodi di latitanza, ebbe rapporti diretti con i “mammasantissima” di Palermo e Corleone o con i vecchi esponenti della ‘ndrangheta”, come il famoso Mommo Piromalli.

Partecipa alla discussione. Commenta l'articolo su Messinaora.it