CLOUD ATLAS: L’UMANITA’ SPIEGATA IN TRE ORE, E MOLTI BUONI MOTIVI PER NON PERDERLO

 

Tratto dal romanzo L‘Atlante delle Nuvole di David Mitchell, Cloud Atlas è un film scritto e diretto dai fratelli Wachowski e dal regista tedesco Tom Tykwer.

I fratelli Lana ed Andy Wachowski, per intenderci, sono i tizi che poco più di un decennio fa rivoluzionarono il genere sci-fi girando Matrix, che poi buttarono tutto nel cesso girando altri due capitoli delle avventure di Neo, e che prima di Cloud Atlas si sono riaffacciati sul  grande schermo firmando il troppo sottovalutato Speed Racer (film che tra qualche anno diventerà un cult).

Tom Tykwer invece si fece notare tra il 1998 e il 2000 girando due film notevolissimi Lola Corre e La Principessa e il Guerriero (soprattutto quest’ultimo).

Cloud Atlas era un film attesissimo, per due motivi: il trailer che è stato diffuso mesi fa è di una bellezza disarmante, e l’obiettivo che il film si pone è un tantino ambizioso: spiegare l’umanità in 3 ore scarse; e quando non ti chiami Terence Mallick questo potrebbe essere un problema.

Il film non è stato accolto bene, in certi casi è stato addirittura stroncato, cosa che, dopo averlo visto, francamente non capisco. Possiamo discutere su tante cose, di certo ci sono dei difetti, alcuni anche macroscopici, che non fanno di Cloud Atlas un capolavoro, ma da qui a stroncare un prodotto che ha un coraggio, una semplicità e, da un certo punto di vista, un’ingenuità che dovremmo vedere più spesso sul grande schermo ce ne vuole!

Sei storie che si svolgono in epoche diverse, che vedono i protagonisti interpretare non dei personaggi, ma dei “ceppi genetici”, e il cui scopo è quello di farci capire che ” la nostra vita non ci appartiene. Dal grembo materno alla tomba siamo legati agli altri. Passati e presenti. E da ogni crimine, e da ogni gentilezza, generiamo il nostro futuro”.

La struttura è molto frammentata, ma il montaggio, favoloso, fa benissimo il suo mestiere e cuce in maniera esemplare i vari frammenti, riuscendo nel miracolo di dare un’idea di uniformità al film che altrimenti sarebbe risultato appesantito sia dalla struttura sia dal fatto che si nota la diversa mano dei registi che si son divisi gli episodi da girare (3 per Tykwer e 3 per i fratelli Wachowski).

Le interpretazioni sono sempre difficili da giudicare, filtrate come sono dal doppiaggio; in questo caso è ancora più arduo perchè ogni attore interpreta più ruoli e le espressioni sono deformate dal trucco.

Trucco che è l’unica, dolente e macroscopica pecca del film: in alcuni casi è troppo pesante deformando e paralizzando le espressioni degli attori, in un paio di casi risulta addirittura ridicolo.

A parte questo tre ore di puro godimento, tre ore di Cinema vero, che ti prende e ti porta via, tanto che alla fine ne vorresti ancora. E questo non capita spesso. (UMBERTO PARLAGRECO)

(voto 7/10)

 

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