FORMAZIONE D’ORO: INTERROGATI IN SILENZIO DAVANTI AL GIP, RESPINTE LE RICHIESTE DI SCARCERAZIONE

Parola d’ordine: silenzio. Non una parola davanti al gip di Messina, Giovanni De Marco, che ha iniziato gli interrogatori degli indagati coinvolti nell’inchiesta “Corsi d’oro” della Procura della città dello Stretto sugli enti di formazione professionale finanziati con denaro pubblico.Chiara Schirò (moglie del deputato del Pd Francantonio Genovese, anche lui indagato in un altro filone dell’inchiesta),e Daniela D’Urso (moglie dell’ex sindaco Pdl Giuseppe Buzzanca) si sono avvalse della facoltà di non rispondere, alla presenza del procuratore aggiunto Sebastiano Ardita, dei sostituti Fabrizio Monaco, Camillo Falvo e Antonio Carchietti, 

Sono rimasti in silenzio davanti ai magistrati anche altri due indagati: Elio Sauta (ex consigliere Pd) e Graziella Feliciotto.

Avrebbero invece risposto alle domande dei gip Natale Lo Presti e Giuseppe Caliri. Gli altri indagati sono Concetta Cannavo’, ex tesoriere provinciale del Pd, Melino Capone, ex assessore comunale nella giunta Buzzanca, Natale Lo Presti, Nicola Bartolone e Natale Capone. Tra le persone sentite anche Carlo Isaja, funzionario dell’ispettorato del Lavoro sospeso per due mesi dall’esercizio del pubblico ufficio per aver rivelato l’imminente ispezione in un ente di formazione a Sauta.

Secondo l’accusa le persone coinvolte avrebbero utilizzato per scopi personali parte dei finanziamenti, tra l’altro gonfiando fatture fino al 600 per cento.

Parola d’ordine: silenzio. Non una parola davanti al gip di Messina, Giovanni De Marco, che ha iniziato gli interrogatori degli indagati coinvolti nell’inchiesta “Corsi d’oro” della Procura della città dello Stretto sugli enti di formazione professionale finanziati con denaro pubblico.Chiara Schirò (moglie del deputato del Pd Francantonio Genovese, anche lui indagato in un altro filone dell’inchiesta),e Daniela D’Urso (moglie dell’ex sindaco Pdl Giuseppe Buzzanca) si sono avvalse della facoltà di non rispondere, alla presenza del procuratore aggiunto Sebastiano Ardita, dei sostituti Fabrizio Monaco, Camillo Falvo e Antonio Carchietti, 

Sono rimasti in silenzio davanti ai magistrati anche altri due indagati: Elio Sauta (ex consigliere Pd) e Graziella Feliciotto.

Avrebbero invece risposto alle domande dei gip Natale Lo Presti e Giuseppe Caliri. Gli altri indagati sono Concetta Cannavo’, ex tesoriere provinciale del Pd, Melino Capone, ex assessore comunale nella giunta Buzzanca, Natale Lo Presti, Nicola Bartolone e Natale Capone. Tra le persone sentite anche Carlo Isaja, funzionario dell’ispettorato del Lavoro sospeso per due mesi dall’esercizio del pubblico ufficio per aver rivelato l’imminente ispezione in un ente di formazione a Sauta.

Secondo l’accusa le persone coinvolte avrebbero utilizzato per scopi personali parte dei finanziamenti, tra l’altro gonfiando fatture fino al 600 per cento.

Il più grave dei reato contestati è l’ associazione per delinquere finalizzata al peculato e alla truffa, con un numero enorme di episodi contestati.

Ricordiamo che ad esempio Sauta, in concorso con Bartolone, dovendo impiegare denaro pubblico per affittare un immobile da adibire allo svolgimento di corsi di formazione, anziché stipulare direttamente col proprietario al prezzo più conveniente per l’ente Aram, si sarebbe interposto nella locazione per lucrare la differenza. Si tratta di un affitto a Catania, tra il primo gennaio e il 31 dicembre 2009, al canone annuo di 36mila euro, per conto dell’Elfi, e contestualmente subaffittato all’Aram, per il medesimo periodo e per 65mila euro. Quindi Sauta e Bartolone si sarebbero appropriati di 29mila euro. Analogo il “sistema” praticato fino al febbraio 2011, data di incasso dell’ultima fattura. In questa circostanza, l’immobile si trovava a Palermo. Canone convenuto: 43.680 euro annui. Subaffitto: 100mila euro più Iva. Somma intascata: 125.089.36 euro.

Una strategia simile applicata anche ai locali di via Pascoli, a Messina (4 aule e una segreteria), affittati tra il 2 gennaio e il 31 agosto 2009, al canone di 96mila euro annui più Iva, «canone del tutto incongruo rispetto a quello di mercato, stimabile al massimo in 12.649 euro annui», scrive il gip Giovanni De Marco. Operazione grazie alla quale sempre Sauta e Bartolone si sarebbero appropriati di 55mila euro, anzi di 64mila, «versati senza causa, poiché l’Aram aveva già acquisito, per contratto, il diritto all’uso dell’immobile, in relazione a quale aveva corrisposto più del 50 per cento del prezzo convenuto, cioè 232.500 euro su 440mila, nel preliminare di vendita».

Respinta intanto la richiesta di scarcerazione  avanzata dal collegio di difesa per gli indagati ristretti ai domiciliari che adesso presenteranno istanza al Tribunale del Riesame che si pronunzierà fra una decina di giorni sulle richieste di scarcerazione.

 

 

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