ADDIO AD ALBERTO BEVILACQUA: AUTORE ECLETTICO, “UNA FRATTURA INDICIBILE” PER IL CINEMA E LA LETTERATURA

Ci lascia oggi un grande scrittore, poeta, giornalista, regista e sceneggiatore: Alberto Bevilacqua. È morto a Roma, nella Casa di Cura Villa Mafalda, per un arresto cardiocircolatorio. Aveva 79 anni e da gennaio la sua salute era a forte rischio a causa di uno scompenso cardiaco. Intanto, la compagna Michela Macaluso ha chiesto che fosse eseguita l’autopsia, dal momento già aveva aperto un’inchiesta denunciando la clinica per una somministrazione sbagliata delle terapie adeguate.

Alberto Bevilacqua, autore eclettico, è nato a Parma nel 1934. Ha esordito nel 1955 con Polvere sull’erba, grazie all’incontro con Leonardo Sciascia. Bevilacqua racconta che, per i “ritratti” di RaiEdu, infatti, che ai tempi in cui aveva fondato con lo scrittore Mario Colombi Guidotti il supplemento letterario della “Gazzetta di Parma”, un giorno sua madre gli disse: “C’è un signore, tutto vestito di nero, che non parla mai, ma che ti aspetta”: si trattava di Sciascia. Con lo scrittore siciliano nacque una grande amicizia, tanto che Bevilacqua ammette che ne Il giorno della civetta, il personaggio dell’ufficiale investigatore ha i suoi tratti. Del loro rapporto ha detto: “E’ stato un rapporto, per me che avevo un padre assente-presente, di figlio-padre”.

Da quel lontano 1955, Bevilacqua non smise mai di scrivere, non solo prosa, ma anche poesia, tanto che nel 1961 pubblicò la sua prima raccolta di poesie, L’amicizia perduta. Sul rapporto di Bevilacqua con la scrittura ha detto:  “Raccontare storie significa viverle. Fin da ragazzo mi sono mosso negli ambienti del Po, nell’Emilia più misteriosa e dura, dove accadevano le cose più strane, vivevano comunità che non rientravano nella logica del vivere. La realtà ha già raccontato queste storie. Così ho cominciato a raccontare storie di erranti. Raccontare storie significa avere una commozione poetica, scrivere senza lucidità e abbandonarsi al fluire di questa vicenda, trascrivendola. Io ho sintetizzato le storie in poesia. Ho definito la poesia messaggi segreti, che acquistano una durata più lunga. Ho sentito il bisogno, così, di estendere la mia percezione, anche se i miei maestri (Bertolucci, Pasolini) mi consideravano poeta, scrissi narrativa, storie che si erano battute per un ideale”. Proprio l’interesse per la realtà ha fatto nascere grandi opere come La Califfa  (1964), poi divenuto film, dopo il fallimento del progetto americano con Marlon Brando, con Ugo Tognazzi e Romy Schneider, una “Sissi nei panni di un’operaia”. Inaspettatamente il film fece un grande successo e Bevilacqua ricorda un periodo di “mesi felici con la Schneider”, dopo la delusione di lei con Alain Delon.

Fu, infatti, molto importante l’interesse per il cinema, nato grazie all’incontro con Zavattini. Poi, la collaborazione con il maestro del noir, Mario Bava, con il quale partecipò a I tre volti della paura e Terrore nello spazio.

Tanti i premi e i riconoscimenti. David di Donatello per Questa specie di amore, già premio Campiello nel 1966; Premio Strega nel 1968 per L’occhio del gatto; due premi Bancarella, prima nel 1972 e poi nel 1991, per Un viaggio misterioso e I sensi incantati; Premio Stresa di narrativa nel 2000 per La polvere sull’erba (considerata la sua migliore opera); Premio Nazionale Letterario di Pisa, sezione poesia, nel 2011, per La camera segreta.

Bevilacqua, proprio nell’estate del 2012, era stato a Taormina, tra i giurati del premio internazionale di Giornalismo “Taormina Media Award W. Goethe”,e in quell’occasione aveva anche presentato il suo ultimo lavoro, Roma Califfa.

Per ricordare questo grande personaggio della cultura, della letteratura, del cinema, lo facciamo con i suoi stessi versi, la poesia L’addio, da Poesie d’amore:

 

Ti abbraccio perché non ti vedo

Che a tentoni, accecato

Dai tuoi stessi occhi in me conficcati

Per cui non so

Se sia mio o tuo questo piangere:

amati giorni

che non ci hanno ricambiato l’amore

e sono

una frattura indicibile: i denti

stringono un grido, il pugno

anche più forte stringe

l’indimenticabile carezza che ti davo

come una moneta scaduta

…per un amore così breve perché,

mio Dio,

questa notte eterna e il filo che traluce sulla remota ferrovia d’illuminati

treni che ormai corrono nel nulla?

 

(CLARISSA COMUNALE)

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